Intanto imperversa la campagna anti-russa
D’accordo, 298 morti sono tanti. Ma non c’è paragone tra il rilievo mediatico che questa notizia ha avuto ed il precedente silenzio sulla guerra civile in corso nell’Ucraina orientale. Eppure, nelle settimane scorse, lo stesso governo di Kiev si è più volte vantato di aver ucciso, in una sola giornata, anche 300 ribelli.
Ora, noi non possiamo sapere chi abbia davvero abbattuto l’aereo malese, ma alcune considerazioni di carattere generale vanno comunque fatte.
1. L’albero e la foresta. E’ davvero disonesto focalizzare tutta l’attenzione su questo pur gravissimo episodio, senza spendere una parola sulla repressione messa in atto dal governo di estrema destra, presieduto da Poroshenko. Un governo che non solo nega il diritto all’autodeterminazione delle popolazioni del Donbass, ma che ricorre senza problemi al bombardamento aereo sulle città ribelli. Zone in cui si combatte: si bombarda dal cielo e ci si difende con la contraerea. E’ davvero così strano che un aereo civile venga coinvolto in una situazione come questa? Non c’è forse una responsabilità delle compagnie aeree e della Iata (Organizzazione internazionale del trasporto aereo)?
2. Due ipotesi, ma di diversa gravità. Se veramente l’aereo è stato abbattuto da un razzo ci sono soltanto due ipotesi: o sono stati i combattenti della Repubblica popolare del Donetsk o sono state le forze armate di Kiev. Nel primo caso si tratterebbe di un errore – gli americani lo definirebbero un “effetto collaterale” delle loro mirabilissime e democraticissime imprese militari. Nel secondo di un attacco deliberato, una classica provocazione per addossare la colpa ai ribelli, alimentare la campagna anti-russa, favorire un intervento più diretto della Nato, inasprire le sanzioni contro Mosca. Ad ogni modo, se a fare fuoco sono stati i miliziani del Donbass, essi sarebbero responsabili di un tragico errore, non certo di una deliberata azione “terroristica” come invece ci si affanna a dimostrare nelle redazioni dei media occidentali. Ben più gravi, nel caso, le responsabilità di Kiev. E’ questa una possibilità da escludere? Prima di rispondere sì, fermiamoci a riflettere un attimo sulla natura criminale del governo ucraino. Prendiamo per esempio questa recente (10 luglio) dichiarazione di Poroshenko: «Per ciascuna morte di un militare ucraino, i militanti filorussi pagheranno con decine o centinaia dei loro». Non vi fa venire in mente niente?
3. L’assurda via “giudiziaria” alla verità. Come in tutte le vicende umane è giusto che ci si preoccupi di accertare la verità, ma chi deve e chi può farlo? Su questo punto capita di leggere le cose più assurde. Ne è un esempio questo titolo del Corriere della Sera di oggi: «Ucraina, mitra puntati contro gli investigatori. Così sono sparite le prove sull’aereo». L’assurdità non sta solo nel fatto di voler far passare come neutrali “investigatori” i 28 osservatori dell’OSCE presenti in zona, non sta solo in un’accusa (la scomparsa delle prove) che certo non può essere dimostrata. Essa sta soprattutto nel ragionare come se ci si trovasse sul luogo di un ordinario delitto, dove ad un certo punto arrivano gli inquirenti a disporre un “fermi tutti, che arrivano quelli del Ris”. Nossignori, non funziona così. Qui siamo in un contesto di guerra – quella guerra che i media occidentali hanno occultato per settimane – e pretendere di applicarvi la via “giudiziaria” alla verità è soltanto ridicolo.
4. La campagna anti-russa. In Russia non c’è più il comunismo. E per la verità neppure lo zar, che comunque giusto un secolo fa era un caro alleato delle “democrazie” occidentali. Ma la Russia è la Russia ed in qualche modo va odiata. Quando ne scrivono, i nostri pennivendoli sono del tutto speculari a certi “comunisti” da operetta che ancora confondono Putin con Lenin. Ma lasciamo perdere. Il fatto è che la campagna anti-russa che si è scatenata non promette niente di buono, e non ci sarebbe da sorprendersi se tra poco sbucherà fuori qualche fanatico alla Oriana Fallaci. Intanto vediamo all’opera i “giornalisti” embedded che rilanciano le veline della Cia e del Dipartimento di Stato americano. Prendiamo, sempre sul Corsera di oggi, il solito Guido Olimpio. Sotto il titolo: «Spie e generali, il “chi è” dei separatisti», Olimpio, individua cinque figure: il politico (Alexander Borodai), il generale (Igor Sergun), il tiratore (Igor Girkin), il becchino (Igor Bezler) e il cosacco (Nicolay Kozitsin). Niente da dire sul primo, che è il leader della Repubblica popolare del Donetsk. Molto da dire sul secondo, che è un russo e non propriamente uno qualsiasi, trattandosi del capo del GRU, il servizio segreto militare russo. In quanto alle figure del tiratore (un altro ufficiale del GRU), del becchino e del cosacco, ognuno può giudicare quanta malafede ci sia in queste rappresentazioni di un’autentica resistenza popolare come quella che ha preso vita nell’Ucraina orientale. Ma su questo – agente poco coperto Guido Olimpio a parte – poco si trova sulla stampa occidentale, nulla su quella italiana.
5. Due pesi e due misure sulle vittime civili. Ora qualcuno protesterà, perché in fondo le vittime dell’aereo malese erano civili innocenti. Certo che lo erano. E qual era invece la colpa dei civili sterminati a Gaza? Eppure deve esserci, perché nessuno, nell’occidente che conta, ha condannato Israele. Solo oggi, almeno 70 civili palestinesi sono morti sotto il bombardamento sionista nel quartiere di Shajaya, avvenuto non certo per un errore.
6. Il controllo sull’informazione. C’è un’altra leggenda in circolazione, quella secondo cui i media russi sono controllati da Putin (vero), mentre quelli occidentali sarebbero liberi per definizione (totalmente falso). E’ notizia di oggi che due giornalisti della Cnn e della Nbc, inviati in Medio Oriente, sono stati trasferiti per punizione per un identico motivo: l’aver detto su Twitter e Facebook quel che evidentemente non potevano dire in video. Significativo in particolare il twit di Diana Magnay (Cnn): «Gli israeliani sulla collina di Sderot esultano mentre le bombe piombano su Gaza, e minacciano di distruggere la nostra auto se dico una cosa sbagliata. Feccia». Non si può dire. Neppure fuori onda. Trasferita e sostituita con effetto immediato.
C’è una conclusione che può racchiudere il senso di queste considerazioni sui fatti di questi giorni? Sì, una c’è di sicuro, ed è che l’occidente – la sua politica, la sua cultura, la sua informazione – ci fa sempre più schifo. E dire schifo è probabilmente ancora troppo poco.