Togliamoci qualche sassolino dalle scarpe
«Sovranità», che parolaccia! «Sovranità nazionale», quale orribile concetto! Di destra. Peggio, fascista. Per i critici più teneri semplicemente qualcosa che attiene al passato. Bene, da ieri sappiamo almeno quanto sia antifascista, democratico e di sinistra, nonché certamente uomo del futuro, il sig. Mario Draghi. Che di sicuro non per caso presiede quell’organismo altrettanto antifascista, democratico e di sinistra che si chiama Bce.
Ieri il grand’uomo, certamente l’italiano più potente del momento, l’ha detto chiaro che più chiaro non si può: «Per i Paesi dell’Eurozona è arrivato il momento di cedere sovranità all’Europa per quanto riguarda le riforme strutturali». Dopo poche ore sono arrivati i finti applausi di Renzi. A «mister 40%», come lo chiamano spregiativamente a Bruxelles, la cosa non è piaciuta per niente, ma ha dovuto prontamente adeguarsi.
Draghi non ha parlato a vanvera e senza precisi obiettivi. Tutti hanno capito che parlava esattamente di un Paese, l’Italia. Paese nel quale una parte del blocco dominante sembra orientarsi verso una sorta di «auto-commissariamento». L’arrivo della troika è stato annunciato prima da De Bortoli, che forse proprio per questo è stato immediatamente silurato dalla direzione del Corriere della Sera, e poi – addirittura auspicandolo – da parte dell’inarrivabile Scalfari nel solito predicozzo domenicale su la Repubblica.
Dunque qualcosa si muove. Qualcosa di molto pesante. Politicamente la situazione non è ancora al punto di rottura come nel 2011, ma economicamente il quadro è addirittura più fosco. Di certo sia De Bortoli che Scalfari hanno rivelato qualcosa di cui sanno molto. E lo hanno fatto per sondare il terreno. In ogni caso, adesso non ci sono più dubbi: una nuova pesante stretta è in arrivo dai palazzi del potere eurista.
Su questo torneremo in un prossimo articolo, ma ora togliamoci qualche sassolino dalle scarpe. Da ieri la questione della «sovranità» è stata posta sul tavolo, con limpida chiarezza, dall’italiano di Francoforte. E’ perciò il momento giusto per rivolgere alcune domande a certi nostri amici che respingono come il peccato perfino una semplice discussione sulla necessità di riconquistare la sovranità nazionale.
Dopo l’affondo del capo della Bce è ancora possibile far finta di niente? Vogliamo limitarci a dire no ai sacrifici? Qualcuno pensa che possa bastare? Che ci si possa opporre al governo Renzi-Berlusconi senza dir nulla sulla coppia Juncker-Draghi? E qualcuno ritiene che si possa contrastare questi ultimi senza mettere in discussione la costruzione eurista che essi rappresentano?
Su, bravi sinistrati, internazionalisti senza nazioni, rispondete per favore. Ma forse questo è chiedervi troppo. Allora rilassatevi un attimo, che voglio limitarmi ad una sola piccola domanda.
Facciamo conto che siete al governo, e che le agenzie battono la dichiarazione di ieri sulla cessione di sovranità. Come rispondete? Che non siete d’accordo sulle «riforme strutturali», formula criptica che tradotta in italiano significa «taglio indiscriminato di ogni diritto sociale», ma senza nulla eccepire sul principio della sovranità? Sono convinto che cerchereste di cavarvela in questo modo, con una risposta furbesca e miserabile, giusto per tirare a campare e svicolare dal problema che Draghi ha posto.
Voi fingete di non vedere che l’Europa dei sacrifici è stata edificata attraverso una crescente sottrazione di sovranità agli stati che la compongono, determinando così una progressiva sottrazione di democrazia. In questo quadro si capisce benissimo anche il perché un Renzi ha ritenuto di mettere al primo posto l’assalto alla democrazia, con una contro-riforma costituzionale che grida vendetta, ed un sistema elettorale peggiore della legge Acerbo voluta da Mussolini. Anche il taglio della democrazia è in effetti una «riforma strutturale» decisiva per consentire al sistema di sopravvivere alla sua crisi.
Questo sistema, che ha nell’Unione Europea – nella sua struttura, nei suoi trattati, nelle sue regole e nella sua moneta – il suo centro ordinatore, non è riformabile. Esso procede inarrestabile secondo una logica propria, che è poi quella degli interessi immediati e futuri delle oligarchie finanziarie dominanti.
E’ per questo che deve chiedere sempre più cessione di sovranità agli Stati. Perché questi ultimi, sia pure in forma mediata e distorta, riflettono ancora un po’ il sentire sociale. E ciò non è permesso. La linea, le leggi, ogni provvedimento di rilievo deve essere deciso dalla tecnocrazia eurista. Che nessuno ha eletto, che risponde solo ai ristrettissimi centri di potere di cui sopra.
Con la sovranità nazionale è in gioco la democrazia. Capirlo non è difficile, almeno per le persone normali. Più difficile il concetto per tanti sinistrati senza cervello che finora hanno rimosso la questione. Il «compagno» Draghi, di sicuro un anti-nazionalista senza pari, potrebbe forse aiutarvi a riflettere.
L’esperienza ci induce a non crederci molto, ma non mettiamo limiti alla Provvidenza.