Mentre le truppe di Kiev sono in ritirata, Lady Pesc fa subito l’antirussa

Si annunciano giornate decisive per il futuro dell’Ucraina. Le forze di Kiev sono in ritirata, Putin parla apertamente di una “nuova statalità” nel sud-est del paese, l’Europa prepara sanzioni più pesanti per Mosca, mentre la Gran Bretagna sta allestendo una forza di “rapido intervento” insieme ad altre 6 nazioni.

In questo quadro si tiene oggi a Minsk una nuova riunione del “gruppo di contatto”. Per il ministro degli esteri russo, Lavrov, l’obiettivo è il “cessate il fuoco” immediato. Dopo la precedente riunione nella capitale bielorussa, tenutasi il 26 agosto, alcuni commentatori avevano improvvidamente parlato di una possibile “svolta” verso una soluzione politica. Si è visto con quale riscontro nella realtà.

Stiamo dunque ai fatti, che bastano ed avanzano per descrivere una situazione di una gravità straordinaria.

La situazione sul terreno

Non solo i fascisti di Kiev, ma pure i governi occidentali, ovviamente spalleggiati dall’intero apparato mediatico, continuano a sostenere la tesi dell’intervento diretto nel conflitto di alcune migliaia di militari russi, specie nel nuovo fronte sul mar d’Azov a pochi chilometri da Mariupol. Ad oggi nessuna prova è stata portata a sostegno di questa accusa, tuttavia i media continuano a rilanciarla, sia pure in maniera assai più prudente.

Interessante il caso del pur pessimo Fabrizio Dragosei, sul Corriere della Sera di stamattina. Il giornalista non rinuncia alle solite insinuazioni, ma riconosce l’avanzata dei ribelli della Novorossiya, dimostrando, pur senza ammetterlo, quanto fossero fasulle le cronache delle settimane scorse che davano Donetsk e Lugansk in procinto di cadere.

Leggiamo:
«Sul terreno la situazione per le forze regolari si sta facendo disastrosa dopo che i ribelli hanno ricevuto uomini e mezzi passati attraverso la frontiera. E’ per lo meno molto probabile che si tratti di aiuti russi diretti (la Nato parla di ben più di mille uomini con tank e blindati), ma ormai non è più questo il punto. Nel settore di Lugansk i governativi hanno dovuto abbandonare un importante centro riaprendo il collegamento con i valichi di frontiera (da dove possono arrivare nuovi aiuti). Hanno subito ingenti perdite e sono quasi in rotta. A Donetsk i filorussi si apprestano a riconquistare l’aeroporto, anche se la battaglia sarà durissima. Nel sud, lungo la costa, è atteso da un momento all’altro l’attacco a Mariupol; dopodiché la via per la Crimea sarà aperta. Kiev spera nell’assistenza militare europea ma è chiaro che l’idea di vincere sul terreno è del tutto velleitaria».

Eh già, peccato che fino a qualche giorno fa Dragosei, ed i suoi gemelli sparpagliati nelle redazioni mainstream, sostenessero esattamente il contrario…

Le provocazioni occidentali si intensificano

Naturale che in questo quadro l’occidente sia in fibrillazione. Pensavano che per controllare l’Ucraina bastasse prendere il controllo di Kiev, addirittura affidandone il governo alla peggior  destra in circolazione. Le cose si sono rivelate come minimo un po’ più complesse, ed ora la situazione sta rapidamente scivolando verso un possibile punto di non ritorno.

Da qui le nuove provocazioni nei confronti della Russia. L’idea dell’Unione Europea – che in questa fase sta facendo il muso duro senza che gli Usa la debbano spingere troppo – è ancora quella di colpire la Russia con le sanzioni. Nelle parole della Merkel, l’Europa ha “dato i sette giorni” a Putin. Il quale ha risposto ricordando la forza militare russa ed evocando per la prima volta la possibilità della nascita di un nuovo stato. Per il capo del Cremlino, Kiev deve negoziare direttamente con i rappresentanti della Novorossija «non su questioni tecniche, ma sull’organizzazione politica della società e sulla statalità del Sud Est dell’Ucraina».

Perché stupirsi di queste parole? A Mosca andrebbe benissimo un’Ucraina federale e neutrale. Ma è proprio questa prospettiva ad essere respinta dal governo di Kiev. Dunque, perché no ad una secessione di popolazioni che non potrebbero sentirsi al sicuro nell’Ucraina di oggi? Se questa possibilità viene presa in considerazione da Putin, figuriamoci dagli insorti. Essi combattono tenacemente ormai da mesi, hanno vittime e città semidistrutte. Potrebbero ora accettare un compromesso al ribasso? Dubitarne è il minimo.

Il ruolo di Londra

Nella politica guerrafondaia dell’Europa un ruolo particolare lo vuol giocare il governo inglese. Trattandosi dell’avamposto europeo dell’imperialismo a stelle e strisce la cosa non può certo stupire. Tuttavia, l’iniziativa partita dal governo Cameron è di una gravità inaudita. La sua proposta verrà portata al vertice della Nato, che si terrà in Galles il 4 e 5 settembre.

In pratica si tratta della costituzione di una forza di “intervento rapido”, formata da forze speciali ben addestrate e ben armate da tenere immediatamente pronte per un intervento in Ucraina. Inizialmente si parla di 10mila uomini, facilmente aumentabili, posti sotto comando britannico. Al momento hanno aderito al progetto inglese altri sei paesi della Nato: Danimarca, Olanda, Estonia, Lituania, Lettonia e Norvegia. Una specie di alleanza del nord Europa, nella quale potrebbe confluire il Canada.

Come si può ben capire, altro non sarebbe che un nucleo Nato che agirebbe lasciando per il momento formalmente al di fuori l’Alleanza Atlantica in quanto tale. Una mossa ovviamente concordata con Washington, dove certamente si sono già calcolati i pro e i contro dei possibili scalini dell’escalation in corso.

Intanto Lady Pesc…

Federica Mogherini, altrimenti detta Lady Pesc, ovvero più pomposamente «Alto Rappresentante per gli affari Esteri dell’Unione europea», ha iniziato il suo lavoro mettendosi subito in prima fila nella propaganda antirussa. «Putin non ha mai rispettato gli impegni presi», questo il suo approccio molto ma molto diplomatico alla questione Ucraina (intervista al Corsera di oggi). Oh bella! Ma non si diceva di costei che sarebbe stata troppo filo-russa? Chissà, sarà stata folgorata sulla strada di Bruxelles…

Ma Lady Pesc non si ferma a questo. La politica russa in Ucraina sarebbe solo un mix di aggressione militare e di provocazioni. E, provocazione per provocazione, cosa tira fuori la Mogherini? Niente meno che la vicenda dell’aereo malese. Vicenda ormai nel dimenticatoio in occidente. A proposito: come mai non ci dicono nulla sulla scatola nera che pure gli occidentali hanno nelle loro mani? Qualcosina da nascondere? E’ quel che pensano le persone normali, ma Lady Pesc no. Per lei Putin «ha sprecato l’opportunità di dare una svolta, esercitando la sua influenza sui separatisti, in occasione dell’abbattimento dell’aereo malese».

Già, Putin avrebbe dovuto consigliargli di prendersi una colpa quasi certamente non loro. Ad ovest del Dnepr sarebbero stati (quasi) tutti contenti.

Questa è Lady Pesc. Ma almeno di questo non allarmiamoci troppo. Non passerà molto che ci saremo dimenticati della sua stessa esistenza.