Le responsabilità dell’imperialismo francese nell’uccisione del «Che Guevara dell’Africa»

15 ottobre 1987, la speranza del popolo africano, l’ultimo rivoluzionario del continente, Thomas Sankara, è stato assassinato. Il fondatore del “Paese degli uomini integri”, il Burkina Faso, è stato per una intera generazione il “Che Guevara africano”.

L’ipocrisia della Francia e della sua “politica dei diritti umani” non è mai stata così chiara come in Africa, dove ha sostenuto anche i peggiori dittatori per distruggere i movimenti progressisti. Il Burkina Faso è il caso più tragico.

Il paese è nel 1983 uno dei più poveri dell’Africa. Una riserva di manodopera per i paesi vicini come la Costa d’Avorio, un paese in cui il 75% degli abitanti versa in condizioni di povertà assoluta, con un’aspettativa di vita media di 40 anni.

Il fondatore del Burkina Faso, “il Paese degli uomini integri”

Un secolo di colonialismo, seguito da un quarto di secolo di neo-colonialismo hanno stabilito la povertà, la dipendenza economica e la corruzione diffusa, l’analfabetismo quasi totale e la morte. Tutto cambierà con il giovane capitano Sankara.

Thomas Sankara aveva 35 anni quando nel 1983 sale al potere dopo un colpo di stato guidato dagli ufficiali progressisti marxisti – Gruppo degli ufficiali comunisti (Roc) – sostenuto da un vasto movimento popolare.

Thomas Sankara è stato precedentemente ministro dell’Informazione nel 1981 e Primo ministro nel 1982. Il suo discorso incentrato sulla lotta contro l’ineguaglianza del capitalismo e l’antimperialismo, mettendo in primo piano la rivoluzione politica, morale e sociale, entusiasma la gioventù. Sankara dispiace alla Francia e alla Costa d’Avorio che spinge il presidente Ouedraogo a incarcerare il suo Primo ministro.

Il 4 agosto 1983, Sankara sale al potere, diventa subito l’eroe della gioventù, dei contadini del Sahel, dei lavoratori indigenti, delle donne oppresse. Il suo discorso del 2 ottobre dà la linea: giustizia sociale, unità inter-etnica, solidarietà internazionale, autosufficienza alimentare, reale indipendenza economica e un piano globale per l’istruzione e la sanità.

Sankara inizia con i simboli. L’Alto Volta perde il suo nome coloniale e diventa Burkina Faso: la “terra degli uomini integri”. La divisa è l’immagine della rivoluzione e del suo leader, ispirata a Che Guevara e Fidel Castro: “Patria o morte, vinceremo!”

Poi, molto rapidamente, dai simboli alla realtà. Il potere politico passa dalla borghesia compradora, dalle élite politiche corrotte, dai capi feudali al popolo, ai lavoratori riuniti nei Comitati di difesa della Rivoluzione (Cdr).

I Tribunali del popolo della Rivoluzione (Tpr) consentono alle persone comuni di portare in giudizio i loro oppressori. Se sono stati commessi molti eccessi, se alcuni hanno approfittato per regolare i loro conti, il processo rappresenta il cambiamento nei rapporti di potere.


10 misure che trasformeranno radicalmente il Burkina

Le misure prese dal presidente Sankara trasformeranno radicalmente la società burkinabé.

1. Riduzione del tenore di vita dei rappresentanti del popolo. Dalla Mercedes si passa alla Renault 5, dalla business class alla classe turistica. Fuori i politici corrotti, spazio ai giovani, alle donne, ai lavoratori dediti alle idee rivoluzionarie.

2. Abolizione dei privilegi, dei diritti feudali. E’ Sankara, non gli ipocriti francesi, a fare la rivoluzione del 1789 in Burkina: è lui che rimuove i “diritti feudali”, le esenzioni fiscali e i prelievi obbligatori sui raccolti, le corvée.

3. Campagna di alfabetizzazione, sviluppo dell’istruzione pubblica. A ogni scuola il suo villaggio, sarà la parola d’ordine. In quattro anni saranno costruite centinaia di scuole. Tra il 1983 e il 1987, le iscrizioni scolastiche crescono dal 16 al 24%, il tasso di analfabetismo tra gli uomini si riduce dal 95 all’80%.

4. Sviluppo di un sistema sanitario pubblico, con ampie campagne di vaccinazione. Ogni villaggio un ambulatorio, diceva Sankara. Due milioni e mezzo di Burkinabe sono vaccinati in tre anni. L’Oms loda la politica sanitaria di Sankara che sradica la poliomielite, il morbillo, la meningite. Cade il tasso di mortalità infantile. Sankara impone la completa gratuità delle cure ospedaliere, i prezzi dei farmaci sono regolamentati, viene introdotta la medicina del lavoro.

5. Nazionalizzazione della terra, del sottosuolo, realizzazione di una riforma agraria. Oltre alla soppressione dei diritti feudali, Sankara ridistribuisce le terre – diventate di proprietà della nazione – ai contadini poveri e garantisce prezzi di sussistenza agli agricoltori.

6. Politica di indipendenza economica, autosufficienza. Incoraggiando la produzione agricola locale, redistribuzione della terra, il Burkina da paese importatore di prodotti agricoli di base diventa paese autosufficiente nel 1987. Nella produzione artigianale, si introduce il “Faso Fani”: il cotone prodotto dalla famosa fabbrica di governo del Burkina Faso e le produzioni indigene vengono incoraggiate a scapito delle importazioni. La politica di stimolo dell’economia locale è accompagnata da una “economia popolare”, volta a ridurre la fame: due pasti al giorno e 10 litri di acqua potabile diventano le priorità.

7. Una politica abitativa pubblica che soddisfa le esigenze dei più poveri. A Ouagadougou nel 1983, il 60% delle abitazioni sono case spontanee senza acqua o elettricità, senza raccolta rifiuti o smaltimento delle acque reflue. Sankara richiede la distruzione delle baraccopoli. Vengono costruite più abitazioni in tre anni che dall’indipendenza. Divide gli affitti per 3, imponendo massimali: un monolocale con acqua ed elettricità costa al massimo10 €, senza servizi 4 €.

8. Lotta contro la deforestazione, la desertificazione attraverso una politica attiva. L’agricoltura e l’allevamento di sussistenza è sconvolto dalla desertificazione che ha raggiunto proporzioni colossali: 250.000 ettari di foreste vengono perse ogni anno. Il governo Sankara chiede a ogni famiglia di piantare 100 alberi in 5 anni. In soli 2 anni, vengono piantati 10 milioni di alberi. Il Burkina Faso è un modello continentale di lotta contro la piaga della desertificazione.

9. Rendere la cultura popolare, in città e in campagna. Nel 1983 sono introdotte nelle città le settimane nazionali della cultura. Sale per gli spettacoli sono in costruzione in tutto il paese, vengono fondati gruppi artistici. La televisione lascia molto spazio alla cultura.

10. Avanzare nella causa dell’emancipazione femminile, uguaglianza tra i sessi. E’ stata la più grande battaglia di Thomas Sankara: “Una rivoluzione sociale è reale, quando la donna è emancipata” amava ripetere, nella tradizione di Fourier, Marx, Zetkin e Lenin. Thomas Sankara lascia molto spazio alle donne nel suo partito, nella sua amministrazione, nelle organizzazioni di base della rivoluzione. Cerca di liberare le donne dal sistema del “doppio sfruttamento”, dal cappio della società patriarcale. Purtroppo, il nuovo codice della famiglia che voleva abolire la poligamia, la circoncisione femminile trova la forte opposizione anche tra alcune donne. Non solo per alienazione, ma anche per motivi economici: la poligamia assicura, per le donne e le famiglie povere, una certa sicurezza economica, una divisione-collaborazione del lavoro che le allevia.


L’antimperialismo che dà fastidio: l’assassinio del Che africano, la complicità della Francia

Tutto questo in quattro anni? Tutto questo in quattro anni. Anche se il processo sarà naturalmente incompiuto. Anche se ci sono stati molti problemi iniziali, goffaggine, compreso l’eccesso nella personalizzazione, la militarizzazione della società.

Thomas Sankara, l’eroe della rivoluzione burkinabé, lotta anche per la liberazione dell’Africa dall’imperialismo, dal neo-colonialismo, per il socialismo africano. Sankara diventa l’erede di Patrice Lumumba, assassinato con la complicità dell’Occidente nel 1960.

L’antimperialismo di Sankara condanna il debito che asservisce i popoli africani, li obbliga a una condizione di dipendenza verso l’ex potenza coloniale. Denuncia alle Nazioni Unite che il debito degli stati africani, dei falsi Stati indipendenti, condanna alla miseria.

Senza entrare nel blocco orientale, si avvicina ai paesi comunisti. E’ amico di Fidel Castro ed è un ammiratore della rivoluzione cubana. Cerca l’appoggio dell’Urss nel 1986, che offre un aiuto economico sostanziale.

Il suo antimperialismo, il suo panafricanismo, il suo filo-comunismo, irrita. Irrita la vecchia potenza coloniale francese e i suoi alleati nella regione, innanzitutto la Costa d’Avorio di Félix Houphouët-Boigny, il Togo e il Mali.

Nel novembre 1986, il presidente della Repubblica francese François Mitterand – l’uomo che nel 1954 aveva detto “l’Algeria è la Francia, che si estende dalle Fiandre al Congo” – visita Ouagadougou.

Senza astio, con calma e eloquenza, Sankara critica fortemente Mitterand e la Francia, che ha appena ospitato il primo ministro dell’apartheid sudafricano Pieter Botha. Critica l’ipocrisia della Francia, che afferma di essere amica dei paesi africani e sostiene la segregazione razziale.

Il presidente Mitterrand non apprezza la rimostranza. Risponde con un tono paternalistico, con minacce velate. Sankara firma la sua condanna a morte. Con il ritorno della destra a Matignon, la riattivazione delle reti RPR-Foccart, la Francia complotta per la sua caduta.

Gli eventi del 1987 sono avvolti nel mistero. Secondo diverse fonti, la Costa d’Avorio ha segretamente corrotto alcuni attori di alto rango del regime, conducendo una campagna calunniosa del capitano Sankara.

Il Mali e il Togo moltiplicano le provocazioni nel tentativo di imbarcare il Burkina Faso in una guerra che necessariamente avrebbe perso per mancanza di equipaggiamenti militari adeguati.

Alla fine, il 15 ottobre 1987, viene assassinato in una sessione straordinaria del Consiglio nazionale della Rivoluzione, preso d’assalto da un commando militare armato di granate e fucili mitragliatori. Il suo corpo, preso e sepolto senza cerimonie al cimitero Dangoen.

Il mandante dell’assassinio senza dubbio è quello che ha tratto vantaggio dal crimine. Il suo migliore amico, che molti descrivono come ambizioso, geloso senza ideali: Blaise Compaoré, avvicinato durante gli ultimi anni dalla Costa d’Avorio e dalla Francia.

All’atto dell’insediamento, Compaoré restaura rapporti cordiali con la Francia. Taglia i legami con Mosca e L’Avana. Nel 1991, obbedisce ai programmi di aggiustamento strutturale del Fmi, ai progetti di privatizzazione che rovinano il paese, ancora oggi uno dei più poveri della regione.

Le conquiste della rivoluzione burkinabé vengono smantellate, la memoria di Sankara ufficialmente dimenticata. La Francia fa di Compaoré, capo corrotto, criminale, la sua colonna portante nella regione. Diventa il suo mediatore preferito nella crisi ivoriana e di recente nel Mali.

Blaise Compaoré è un dittatore regolarmente eletto con l’80% dei voti, nel 2005 e nel 2010. Questo non è un problema per la Francia.

Recentemente, la stampa maliana ha evocato il doppio gioco di Compaoré in Mali, con il sostegno potenziale fornito segretamente agli jihadisti per destabilizzare il suo vicino e imporsi come una figura centrale nella regione. La Francia volge lo sguardo, naturalmente.

Sappiamo che Compaoré è stato coinvolto in altri conflitti regionali, come in Sierra Leone e in Liberia, con il suo sinistro amico Charles Taylor, contribuendo al traffico regionale di diamanti e ai conflitti fratricidi.

Oggi, la famiglia di Thomas Sankara chiede giustizia. Il Comitato “Giustizia per Sankara, giustizia per l’Africa”, sollecita un’inchiesta indipendente sul suo omicidio, indicando le responsabilità della Costa d’Avorio, degli Stati Uniti e della Francia.

Memorie violate, corpi mutilati, idee calpestate: Thomas Sankara resta comunque una icona per i giovani del Burkina e dell’Africa. Concludiamo con le parole del capitano Sankara pronunciate durante le prime assisi dei tribunali rivoluzionari, il 3 gennaio 1984:
“Finché ci sarà l’oppressione e lo sfruttamento, ci saranno sempre due giustizie e due democrazie: quella degli oppressori e quella degli oppressi, degli sfruttati e degli sfruttatori. La giustizia nella rivoluzione democratica e popolare, sarà sempre quella degli oppressi e degli sfruttati contro la giustizia neocoloniale di ieri, che era quella degli oppressori e degli sfruttatori”.

Abbasso l’imperialismo, abbasso il neocolonialismo, abbasso il capitalismo, diceva la gioventù rivoluzionaria del Burkina Faso: “Patria o morte, vinceremo” compagno Sankara!

Fonte: solidarite-internationale-pcf.fr
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare