La letterina di Bruxelles: un antipasto, tanto per cominciare…
Dunque, come avevamo previsto, all’Europa le argomentazioni renzian-padoane non sono bastate. «Le regole vanno rispettate», è questo il concetto ripetuto a chiare lettere nella missiva inviata dal commissario Katainen al governo di Roma. Missiva che doveva rimanere riservata, e che invece è stata pubblicata sul sito del Ministero dell’economia, suscitando le ire di Barroso e dei suoi.
In base alle procedure europee – lo ricordiamo soprattutto a coloro che ancora fingono di non capire cosa significhi aver ceduto quote decisive di «sovranità» agli eurocrati di Bruxelles – la Commissione ha tempo fino al 29 ottobre per esprimere un parere compiuto sulla Legge di Stabilità, alias finanziaria. Nel frattempo, entro il 22, gli stessi commissari avevano la possibilità di chiedere chiarimenti al governo. E così hanno fatto.
Vedremo come risponderà Palazzo Chigi. In ogni caso dovrà farlo entro domani. E chissà se lo farà in forma altrettanto pubblica.
Ma cosa dice la lettera del rigorista e filo-tedesco Katainen? In maniera furbescamente sbrigativa Renzi ha parlato di «rilievi tecnici», cosette da sistemare senza sforzo. Ma stanno così le cose? Non sembrerebbe.
In primo luogo la Commissione rileva una «significativa deviazione dal percorso di aggiustamento all’obbiettivo di bilancio di medio termine nel 2015». In secondo luogo, scrive Katainen, la manovra «rinvia il raggiungimento degli obiettivi di medio termine (Mto) al 2017 e rallenta la riduzione del rapporto debito/Pil negli anni a venire. Come risultato, la bozza del piano di bilancio prevede di violare i requisiti richiesti all’Italia nel braccio preventivo del Patto di stabilità e crescita».
E ancora, per ribadire il concetto: «L’Italia programma una deviazione significativa dalla strada di aggiustamento richiesta verso i suoi obiettivi di medio termine nel 2015, basata sul cambiamento programmato del saldo strutturale. Per di più, il cambiamento programmato nell’equilibrio strutturale per il 2015 farebbe anche venir meno il cambiamento richiesto per assicurare l’aderenza alle regole transitorie sul debito, dal momento che questo requisito è ancora più stringente della strada di aggiustamento richiesta verso gli obiettivi di medio termine».
Così sintetizza gli scopi della Commissione il Sole 24 Ore on-line: «La richiesta all’esecutivo è fondamentalmente una: chiarire entro il 24 ottobre (domani) “le ragioni per cui l’Italia programma il non-rispetto del Patto di stabilità nel 2015” e sapere come “potrebbe assicurare il pieno rispetto dei suoi obblighi di bilancio rispetto al Patto di stabilità e di crescita nel 2015”».
Stando a tutto ciò, sembra proprio che a Bruxelles non intendano accettare né lo spostamento in avanti, al 2017, del pareggio di bilancio “strutturale”, né la riscrittura della curva di rientro del rapporto debito/pil così come previsto dal Fiscal compact. In tutta evidenza, due aspetti dello stesso problema.
Certo, gli eurocrati hanno scoperto l’acqua calda, visto che il governo Renzi non ha certo nascosto i suoi intendimenti. Ma la domanda che tutti si facevano era sulla risposta che avrebbe dato l’UE. Ora sappiamo che le «devianze» di Renzi non sono passate sotto silenzio. Certo non sappiamo ancora come finirà. Un compromesso è sicuramente possibile, ma a quali condizioni? Questo lo sapremo solo nelle prossime settimane. Nella Legge di Stabilità il governo ha previsto un accantonamento di 3,4 miliardi di euro da mettere in gioco in vista di problemi con Bruxelles. Ora, se le parole degli eurocrati hanno un senso, essi sembrerebbero pretenderne il doppio, visto che solo in quel modo si determinerebbe (almeno sulla carta) la discesa del deficit di mezzo punto percentuale.
Ma vedremo, molte cose sono possibili, e la partita più pesante sarà certamente nel 2015, quando la prevista ripresa si rivelerà una chimera, e quando la Commissione dovrà vagliare in maniera più stringente i propositi dell’Italia sul Fiscal compact.
Intanto, però, l’antipasto è stato servito, alla faccia dei faciloni: tanto quelli del «cambiaverso», quanto quelli della «riformabilità» dell’Europa.
Di nuovo i casi sono due: o Renzi si adegua rendendo ancora più recessiva una manovra per il 2015 che già lo è anche senza ulteriori inasprimenti, oppure lo scontro con la Commissione è destinato ad acutizzarsi. Naturalmente, qualora dovesse verificarsi la seconda ipotesi, questo non significa che la Folgore verrà paracadutata a Bruxelles, e neppure che la Wehrmacht passerà il Brennero. Significa invece, se vi par poco, che l’Unione va sempre più disunendosi. Magari nell’immediato qualcosa escogiteranno, ma poi? Qui non è in gioco la finanziaria 2015, è in ballo il futuro dell’intera UE. Ed il gioco non si esaurirà in breve tempo. Siamo, appunto, all’antipasto.