Mi viene in mente quanto accadde in Norvegia il 22 luglio 2011. Un invasato cristiano-sionista bianco, Anders Breivik, dopo aver piazzato una bomba sotto il Parlamento facendo 8 vittime, si recò sull’isola di Utoya, sterminando ben 69 giovani che partecipavano ad un campo estivo socialdemocratico.

L’ondata d’indignazione, di mobilitazione e di propaganda, non fu nemmeno lontanamente paragonabile a quella a cui assistiamo in questi giorni. Non ci furono manifestazioni “oceaniche”, né tantomeno adunate sotto le ambasciate norvegesi includenti liberali e clericali, fascisti e comunisti, sionisti e antisemiti. L’eccidio crociato fu anzi seppellito presto, assieme ai corpi delle vittime. L’ennesima macchia sulla coscienza dell’Occidente che, con una passata di bianchetto, venne subito cancellata e rimossa.

Questa volta no, questa volta c’è di mezzo l’Islam, lo spauracchio, la metafora di tutte le paure dell’homo occidentalis, il simulacro dell’incombente male assoluto. L’entità spaventosa con cui, come ci ricorda la Lucia Annunziata facendo la chiamata alle armi, saremmo in guerra permanente almeno dal 2001.

Capi, banditi e terroristi di stato

La commemorazione delle vittime degli attacchi jihadisti sta così trasformando il macabro psicodramma che ha scosso la Francia nella più ripugnante ostentazione d’ipocrisia che si sia mai vista. In nome della “libertà d’espressione” una cinquantina di banditi di Stato, tutti accomunati dall’essere in guerra col proprio popolo e pure con quelli altrui, si sono recati al capezzale di Hollande, salvo annunciare l’adozione di misure liberticide e da Stato di polizia senza precedenti. [1]

Non vorremmo ricordare la processione di oggi, messa in piedi in nome dei “sacri valori” della Francia repubblicana, come il loro funerale.

La psicotica e morbosa spettacolarizzazione senza spettacolo [2] ha assolto questa volta, e qui sta la grande novità, ad un’altra funzione, quella di veicolare e di ficcare nella testa dei sudditi, un messaggio simbolico nuovo di zecca, ben espresso dal ghost writer che ha steso il discorso di Hollande: “Sudditi tutti, unitevi a noi, poiché questo è un attacco molto più grave di quello dell’11 settembre 2001! Allora venne preso di mira il santuario del potere imperiale, ora è stata presa di mira dai jihadisti l’anima nostra, il principio supremo della nostra civiltà: la “libertà di pensiero”.

Ottobre 2005: rivolta nelle banlieu. Sarkozy dichiara lo Stato d’emergenza

Scandaloso l’atteggiamento della comunità dei pallocrati intellettuali parigini. Fino a ieri, con proverbiale supponenza, prendevano  le distanze da quelli di Charlie Hebdo, considerati sprezzantemente come provocatori volgari, islamofobi, blasfemi. Il sangue versato li ha fatti diventare santi, “martiri della libertà di pensiero”.

Il vero spettacolo in due atti a cui abbiamo dovuto assistere è stato quindi un altro: assieme al miracolo della transustanziazione, il rito apotropaico collettivo per scacciare ed esorcizzare il male assoluto.

Nel rito è stata tuttavia sacrificata una vittima: il diritto a cercare la verità. Il solo chiedersi se gli attentatori avessero delle ragioni è stato bollato come apologia dei terroristi. Pur di presentarli come mostri si è proibito sia di dire da dove i tre giovani proletari venissero (da quelle periferie-ghetto che insorsero nel 2005), sia di ricordare che la Francia è impegnata in una spietata guerra contro le guerriglie islamiste in almeno una decina di paesi. Proibito affermare che Charlie Hebdo era da tempo diventato la punta di lancia di un’islamofobia ossessiva.

I due fratelli che hanno compiuto l’eccidio di Charlie Hebdo

In tantissimi hanno così accolto la narrazione di regime. Caduti nella trappola, con entrambi i piedi tanti compagni, [3]  anche chi mai ci saremmo aspettati. [4]

Nessuna differenza di una qualche sostanza con la narrazione sistemica, bene riassunta dal direttore del Il Sole 24 Ore:
«Hanno colpito ieri al cuore con la freddezza di un’esecuzione da professionisti, non solo la libertà d’espressione, la libertà di ridere di tutto, la libertà della satira, la libertà di avere un’opinione e di volerla manifestare sempre e comunque, ma tutte le libertà insieme che appartengono al mondo Occidentale e alla sua civiltà, i suoi principi fondanti… ». [5]

I combattenti islamisti andati a combattere in Siria

In nome della “Libertà di pensiero” il potere globale vuole prendere due piccioni con una fava. Non solo mettere definitivamente al bando proprio il pensiero critico, dialettico, antagonista. La micidiale e goebbelsiana campagna d’intossicazione annuncia e nasconde il più sporco degli obiettivi: quello di ottenere il consenso dell’opinione pubblica occidentale ad una nuova e più pesante escalation della “guerra imperialista di civiltà” nei diversi teatri di guerra già aperti e in altri, inaspettati, che si accenderanno. Stolto chi si dimentica che l’imperialismo nel marasma, produce e cerca la guerra. Come mezzo di rapina e come strumento per rovesciare contro un nemico esterno le sue proprie contraddizioni. Chi vivrà vedrà.

Libertà di pensiero… ma di quale pensiero state parlando? In Occidente c’è oramai solo un pensiero che ha diritto di cittadinanza, quello unico — l’imposizione urbi et orbi del punto di vista dei dominanti in questa triste vicenda ne è la più icastica dimostrazione.

Ma di quale libertà state parlando se il potere, che ha in mano tutto il sistema della comunicazione, non ha più nemmeno bisogno di passare ex ante veline data l’autocensura a cui si sottopone chi è preposto a dare informazione? Oggi il potere può permettersi di concedere una formale libertà di pensiero, proprio perché, come dimostra la sconcia ammucchiata di cui sopra, non c’è più alcun pensiero libero, o meglio, ciò che ne rimane, è reso inoffensivo, confinato in qualche catacomba.

Chi, nonostante tutto non molla, chi continua ad infliggersi la pena di usare la sola arma di cui ancora dispone, quella del proprio pensiero critico, viene bollato e ostracizzato come uno povero cretino. Si capisce come, in queste circostanze, ci sia chi, stufo di passare per scemo, dalle armi della critica decida di passare alla critica delle armi. Ci penseranno i giannizzeri del pensiero unico, ovvero l’unico che sia davvero libero, a satanizzarlo come terrorista, preparando l’opinione pubblica a benedire i gendarmi che riusciranno ad abbatterlo.

Solo se saremo in tanti ad uscire dalle catacombe non resteremo “cretini” evitando di diventare “terroristi”. E sarà quello il momento in cui sbatteremo in faccia ai potenti l’ammonimento della Francia che amiamo:
«Quand le gouvernement viole les droits du peuple,
l’insurrection est, pour le peuple et pour chaque portion du peuple,
le plus sacré des droits et le plus indispensable des devoirs». [6]

Post Scriptum

Per capire quali raccapriccianti sentimenti abbia suscitato l’isterica campagna mediatica, ovvero come stia avanzando il razzismo islamofobico, non bisogna andare dalle parti della LEGA NORD. Si legga (vedi accanto) quanto scritto da una “compagna” consigliera comunale sarda del comune di Bonorva. [7]

NOTE

[1] «Modificare il trattato di Schengen. Il governo francese, per bocca del ministro Bernard Cazeneuve, si è detto pronto a mettere mano ai contenuti della convenzione. (…) Appello ai colossi del Web. Al termine dell’incontro, i ministri hanno concordato sul fatto che sia “indispensabile” la collaborazione con gli operatori Internet per identificare e ritirare rapidamente i “contenuti che incitano all’odio e al terrorismo”. “Abbiamo sottolineato con forza il bisogno di una maggiore cooperazione con gli operatori del settore Internet per garantire la segnalazione e il ritiro dei contenuti illeciti e in particolare dei contenuti che fanno apologia del terrorismo o incitano alla violenza o all’odio”, ha spiegato il ministro degli interni francese Bernard Cazeneuve, precisando che delle iniziative in tal senso sono già state avviate dalla Commissione europea».

[2] La cerimonia di oggi è stata preceduta e preparata dalla spettacolare “caccia all’uomo”. Una spettacolarizzazione tuttavia, senza spettacolo alcuno. Cos’è infatti che abbiamo esattamente visto di questa caccia? Niente! Solo gendarmi armati fino ai denti appostati di qua e di la, o teste di cuoio che incespicano penosamente per risalire un dosso. Una sbiadita copia di un hollywoodiano action movie.
Certo, c’è di mezzo anzitutto la logica perversa del circo mediatico, che pur di incollare i cittadini davanti al tubo catodico o al monitor di un computer deve trasformare un evento, quale che sia, in una messa in scena, meglio ancora se tenebrosa, così da toccare i recessi in cui si annidano le ataviche fobie e gli incubi degli umani.

[3] «Rifondazione comunista aderisce e partecipa alla fiaccolata di solidarietà per le vittime dell’attentato nella redazione di Charlie Hebdo, presidio che si terrà a Roma in piazza Farnese questo pomeriggio. “Crediamo — ha dichiarato Giovanni Russo Spena, responsabile giustizia del Prc — che vadano difese oggi più che mai la libertà d’espressione, la democrazia, la libertà di satira e che la risposta ai terribili fatti di Parigi debba essere il rilancio della condivisione e della cultura della pace, non l’odio xenofobo e il razzismo che purtroppo le destre stanno già seminando e cavalcando».
Pagina facebook del segretario del Prc Paolo Ferrero

[4] «L’11 settembre, dicevo, hanno sparato nel mucchio. Hanno colpito una massa indifferenziata di persone, che sono state uccise semplicemente perché si trovavano lì. (…) Adesso invece è diverso. A Parigi, ripeto, hanno preso bene la mira. Non hanno colpito persone di passaggio, con lo scopo generico di spargere terrore. Hanno colpito un preciso gruppo di persone, per dei precisi motivi: perché quelle persone hanno fatto uso della libertà di espressione, bene o male ancora garantita nei nostri paesi, in un modo inaccettabile per gli attentatori. Non si è quindi trattato di una generica dichiarazione di “guerra all’Occidente”, ma di una precisa dichiarazione di guerra a chiunque si esprima in forme o contenuti non conformi all’ideologia degli attentatori».
Marino Badiale, Una reazione viscerale e qualche riflessione

[5] Roberto Napoletano, L’anima e la ragione

[6] Articolo 35 delle Costituzione repubblicana del 1793

[7] La Nuova Sardegna del 9 gennaio

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