Cofferati e non solo: le conseguenze politiche del Patto del Nazareno

«L’Italia è una diarchia antidemocratica, fondata sul Patto del Nazareno. La sovranità appartiene ai due capibanda, che la esercitano previa sommaria informazione ai loro più stretti scagnozzi». Ecco una possibile riformulazione del famoso art. 1 della Costituzione. Indubbiamente un po’ rozza, ma di sicuro più attinente alla realtà.

Un anno di renzismo a questo ha portato, a dimostrazione del fatto che al peggio non c’è mai limite. Ora i due, sia pure al prezzo di grandi lacerazioni nei rispettivi partiti, si apprestano a varare una legge elettorale ultra-maggioritaria, come parte di un accordo che include un loro fido al Quirinale. Lo scambio è chiaro: a Renzi il governo e la blindatura di una legge che lo favorisce spudoratamente; al suo degno compare la garanzia, altrettanto sfacciata, di ogni salvacondotto di cui ha ed avrà bisogno in futuro.

Cosa ci sia di costituzionale in tutto ciò è superfluo dirlo. Certo, neppure le due precedenti leggi elettorali lo erano, per non parlare delle tante leggi ad personam. Ora però il gioco è più scoperto, sfrontato fino all’inverosimile, applaudito all’unisono da una stampa sempre più servile. E – particolare che qui ci interessa – tutta l’operazione ha una firma ben precisa: quella del segretario del Pd.

Nell’ultimo ventennio destra e centrosinistra hanno condiviso tutte le cose importanti: scelte economiche e sociali, politica internazionale, visione della democrazia e delle istituzioni. Tuttavia, anche per ragioni di bottega, litigavano (o almeno fingevano di farlo) sul conflitto di interessi, sulla giustizia, sulle malefatte del Berlusca. Su questi punti magari il centrosinistra appariva debole, qualche volta complice, ma sempre al rimorchio dell’iniziativa della destra.

Ora no. Ora – ecco a cosa serviva la sia pur mutilata vittoria elettorale del centrosinistra – è il Pd che conduce le danze. Lo fa sopprimendo la democrazia con la cancellazione dell’eleggibilità del Senato e delle Province, sfornando una legge elettorale truffa, occupandosi amorevolmente dei problemi personali del noto truffatore fiscale. Promulgando, in mezzo a tutto ciò, la totale precarizzazione del lavoro.

Un po’ troppo anche per una parte del Pd. Ecco perché (leggi QUI) già agli inizi dello scorso ottobre scrivemmo che: «E’ ben difficile che una scissione possa essere evitata». In diversi ritennero quell’affermazione un po’ avventata, sia per le caratteristiche di quel partito (un «contenitore» assai capiente, stile vecchia Dc), sia per quelle dei leader dell’opposizione interna (non proprio un’associazione di cuor di leone).

I fatti però hanno la testa dura, ed i processi oggettivi alla fine non possono essere sempre cavalcati come fa il surfista con l’onda. E per la verità il surfista spesso cade, mentre l’onda non torna mai indietro.

Ecco allora il primo caduto. Non uno qualsiasi, bensì l’ex leader della Cgil Sergio Cofferati. Sarà egli un’eccezione un po’ casuale, dovuta alla porcata delle primarie liguri, o sarà il primo di una fuoriuscita più importante?  

Proviamo a concentrarci su questa domanda, cercando di immaginare le conseguenze dello scenario che si prospetta:

1. La scissione ci sarà.
A modesto parere di chi scrive, la costruzione renziana del PdN (Partito della Nazione) non può non produrre contraccolpi. Così almeno dice la logica, non sempre applicabile meccanicamente alla politica, ma pur sempre un’utile bussola. La rottura è nelle cose, come si vede chiaramente anche dalla frattura che si è verificata al Senato sulla legge elettorale.

2. Incerti sono invece i tempi,
le forme, i soggetti che saranno coinvolti. Se non vi sarà una stretta elettorale il tatticismo potrebbe prevalere. Gli anti-renziani potrebbero infatti puntare al logoramento di Renzi, ma nel caso solo il tempo ci dirà chi avrà logorato chi.

3. Ad ogni modo la rottura si produrrà. Non solo perché il progetto renziano la prevede consapevolmente (magari sperando che essa si disperda in tanti rivoli), ma anche perché lo spazio politico che si è aperto a sinistra del Pd è sempre più grande. E, prima o poi, qualcuno deciderà di occuparlo seriamente.

4. Cosa accadrà, a quel punto, a Sel, Prc, Altra Europa e frattaglie varie che si agitano in quell’area? In quel mondo pullulano vari progetti, ma albergano ben poche idee. Queste ultime rigorosamente confuse. La sensazione è che i gruppi dirigenti rimasti più che altro aspettino un pullman. Accontentandosi, nel caso, anche di un taxi. Se passerà cercheranno di acchiapparlo al volo. Non per nulla tutti i micro-progetti di cui sopra sono in stand by. In conclusione, quando il taxi arriverà quel che sarà rimasto della minoranza Pd ingloberà i residui dei tanti pezzi che anni fa composero la disastrosa Sinistra Arcobaleno.    

Che giudizio dare su un simile scenario?

Se la rottura del Pd è comunque un fatto positivo, che ci auguriamo arrivi il prima possibile, con quante più forze possibili, chiari sono i limiti della nascitura formazione. La «cosa» che ne verrebbe fuori non sarebbe né una Syriza, né tantomeno un Podemos. Syriza ha tanti difetti, ma essa si è affermata come forza di opposizione, non avendo mai accettato di governare con le forze social-liberiste. Di Podemos vedremo, ma la sua novità sta nell’essere l’espressione di un ampio movimento di massa contro l’austerità imposta dall’Europa.

Di queste caratteristiche non c’è traccia nel carrozzone che si annuncia. Ma la cosa ancora peggiore riguarda la posizione sull’euro e l’Unione. Vi sono, è vero, delle importanti eccezioni, come quella di Stefano Fassina, ma al momento prevale l’atteggiamento di sempre. E se poi D’Alema continua ad andare in televisione – come ha fatto ieri sera – solo per dire che l’UE è il bene a prescindere, eccoci annunciato quel che ci aspetta.

Comunque, ben venga la rottura con Renzi. Che è poi il massimo che ci si possa attendere da quel mondo.

Per il resto, toccherà ad altri intraprendere la strada dell’alternativa al sistema dell’euro. Una strada che richiede una sinistra sovranista, capace di tenere insieme la questione di classe e quella nazionale. In questo senso la crisi del Pd che si annuncia è sicuramente un fatto positivo, sia perché indebolirà Renzi, sia perché sarà un’ulteriore dimostrazione della complessiva debolezza dell’attuale sistema politico.

La costruzione di una vera alternativa al liberismo ed al regime dell’euro non sarà certo cosa facile. Essa dipende da tanti fattori, soggettivi ed oggettivi. Tra questi ultimi, la crisi del sistema politico ha la sua importanza. Il renzismo la sta provvisoriamente tamponando, ma non ha certo la capacità di arrestarla. Ecco perché, alla fine, anche un Cofferati potrebbe tornare utile.

PS – Ultim’ora – Al Senato la nuova elettorale va avanti solo grazie ai decisivi voti di Forza Italia. Un cambio di maggioranza a tutti gli effetti, ed a pochi giorni dall’inizio delle votazioni per l’elezione del nuovo presidente della repubblica. Una conferma assai tempestiva di quanto appena scritto.