Che succederà alla Grecia se Tsipras non ce la farà a tirar fuori il suo Paese dall’abisso in cui il capitalismo predatorio l’ha precipitato? Sarò brutale: avremo tumulti sociali reazionari capeggiati da Alba Dorata, e quindi un colpo di stato militare con l’uscita (da destra) della Grecia dall’eurozona.
E’ sintomatico che Syriza abbia affidato il Ministero della Difesa a Panos Kammenos, portavoce di ANEL (Anexartitoi Ellines/Greci Indipendenti), partito della destra nazionalista. Tsipras ha stipulato una preziosa polizza assicurativa sulla vita del suo governo, garantendosi così l’appoggio delle Forze armate greche. E bene ha fatto, in barba ai media europei (tedeschi anzitutto) che non appena formato il governo ad Atene hanno iniziato una pelosa campagnetta di satanizzazione di Kammenos, bollandolo come “populista, xenofobo” e, dulcis in fundo — vi pare che poteva mancare? —, “antisemita”. Un sintomo inquietante quanto infallibile di come l’armata della manipolazione mediatica eurista pensa di sferrare l’offensiva per far cadere il governo Tsipras nel caso non si piegasse ai futuri diktat della troika.
Non si sottovaluti il peso dell’Esercito nella vita politica greca. Esso è potente. L’ultimo colpo di Stato della serie avvenne nel 1967, quello che diede vita al “regime dei colonnelli” — che cadde nel 1974 grazie ad una potente rivolta popolare. Il conflitto mai risolto con la Turchia, che ha nella vicenda di Cipro il suo fulcro, non alimenta solo il nazionalismo, è il basamento su cui poggia la legittimazione dell’Esercito greco. La recente disputa greco-turca sui grandi giacimenti di gas e petrolio scoperti nel Mar Egeo e chi abbia titolo all’estrazione, rinfocola quel conflitto. E’ indicativo che il nuovo Primo ministro Alexis Tsipras abbia annunciato che il suo primo viaggio all’estero avverrà proprio a Cipro — segnale il cui significato non sarà sfuggito ad Ankara.
Né si deve dimenticare che il nocciolo duro dell’Esercito greco è fortemente anticomunista, esso si forgiò nella sanguinosa guerra civile del 1946-49 quando l’imperialismo inglese fece della lotta per sterminare la Resistenza partigiana antifascista greca il banco di prova della guerra fredda. E per farlo riorganizzò in fretta e furia l’esercito greco, proprio a partire da quello messo su dagli occupanti nazisti.
Ma torniamo a noi. Tsipras può fallire la sua missione? Sì, può fallire. La linea politica del governo di SYRIZA è ben espressa dalle posizione del nuovo Ministro delle finanze, l’economista Yanis Varoufakis. Sentiamolo:
«L’euro è stato concepito male, e per la Grecia, come per l’Italia, era meglio non aderirvi. Non ha retto all’impatto della crisi finanziaria del 2008, ma ormai non si può tornare indietro. È come un vascello lanciato verso l’America che a metà dell’oceano comincia ad imbarcare acqua. E’ inutile stare a disquisire sugli errori degli ingegneri che l’hanno costruito, bisogna stringere i denti e arrivare in porto. Vogliamo trasformare il debito verso la Troika, salito da 240 a 280 miliardi per il comporsi degli interessi (che più volte rinegoziati sono scesi al 2% di media ma prima arrivavano a più del 5), in un maxi-bond a scadenza illimitata: cominceremo la restituzione quando le condizioni lo permetteranno e si sarà innescata in Grecia una crescita almeno del 3-3,5%». [Intervista rilasciata da Varoufakis a La Repubblica il 5 gennaio scorso]
In poche parole il successo o l’insuccesso del governo di coalizione SYRIZA-ANEL, ammesso e non concesso che ciò sia sufficiente, dipende dalle concessioni che la troika e l’euro-Germania saranno disposti a fare.
Noi dubitiamo che l’euro-Germania sia disposta a concedere una tale sostanziale deroga al rimborso del debito sovrano. Accetteranno presumibilmente molto meno, talmente meno che Tsipras e Varaoufakis saranno posti davanti alla scelta: o capitolare o uscire dall”eurozona.
Il rischio dell’inferno è altamente probabile perché, secondo noi, l’eventuale abbuono sul debito sovrano, non sarà sufficiente a far uscire la Grecia dal marasma. Stiamo alle stime di Varaoufakis: la Grecia potrà conoscere una crescita media del 3-3,5% di Pil per un periodo lungo restando in questa Unione europea? La risposta è no, non in un’Unione in cui continui a prevalere la politica mercantilistica e neoliberista di marca tedesca.
Ben altre risorse servirebbero che il risparmio sul rimborso del debito per rilanciare investimenti, produzione e consumi. Queste possono venire solo se lo Stato greco metterà in atto un gigantesco piano di investimenti pubblici, ciò che non è evidentemente possibile restando nell’Unione e prendendo a prestito la moneta dalla Bce. Un tale piano potrà essere finanziato solo in tre maniere: con l’aumento della spesa in deficit, attuando una rapina sociale contraria a quella avvenuta in questi anni, ovvero a danno del capitale speculativo, nazionalizzando il sistema bancario, e quindi ricorrendo a consistenti prestiti esteri.
La domanda da un milione di dollari è quindi la seguente: posto di fronte al bivio cosa farà il nuovo governo greco? Noi vogliamo sperare che Tsipras e Varoufakis avranno in tasca pronto un “Piano B” per l’uscita da sinistra. Altrimenti la Grecia precipiterà nell’inferno ed a quel punto sarà l’Esercito a salire al potere, liquidando, assieme alla moneta unica, ciò che resta della democrazia.
Ps
Le cifre della rapina che ha gettato i greci nell’abisso.
Consiglio ai lettori, per capire le diaboliche dinamiche del capitalismo-casinò nonché la trappola fatta scattare dalla troika, di leggere l’articolo di Morya Longo:
«Ecco chi ci guadagna dai salvataggi greci».
da sollevAzione