La porcata di Draghi il buono
Baci, abbracci e strette di mano, questa la cronaca della giornata di Tsipras in quel di Bruxelles. Ma dopo che l’infido Juncker l’ha preso perfino per mano, a sera ha parlato Draghi il buono. Quello che secondo le nostrane leggende tiene testa ai cattivi tedeschi. E che ha detto l’infame? Una cosina semplice, semplice: o la Grecia china la testa, accettando la prosecuzione della “cura” della troika, o le sue banche resteranno a secco di euri.
Così, papale papale, in modo che il ricatto mafioso non si presti a troppi equivoci. Alla faccia di tutti quelli che in questi giorni hanno detto che le elezioni greche non cambiavano niente, che Atene e Bruxelles erano costrette all’accordo, od anche che l’intesa (in termini di dilazione del debito) già c’era.
Non che un qualche intervento sui tempi di restituzione e sugli interessi del debito sia impossibile, ma l’Europa vuole arrivarci alle sue condizioni. Che sono quelle accettate dal precedente governo Samaras. Ma adesso, ad Atene c’è un altro governo che ha un suo programma di uscita dalla crisi, di misure sociali, di lotta alla disoccupazione di massa. Può Tsipras azzerare questo programma, cedendo al diktat diramato da Draghi? No, non può. Se lo facesse sarebbe la sua immediata fine politica.
Spieghiamo ora, dal punto di vista tecnico, in cosa consiste il ricatto della Banca centrale europea. Le banche greche, così come tutte quelle dei paesi dell’eurozona, ottengono liquidità dalla Bce in cambio di titoli che vengono messi a garanzia. Lo statuto della Bce prevede però che non possano essere accettati titoli che non siano classificati come investment grade, come sono quelli del debito greco e cipriota. Fino ad oggi, tuttavia, la Bce ha continuato a fornire liquidità, con una deroga motivata con l’accettazione del programma della troika. Adesso che il governo Tsipras ha dichiarato di non accettarlo più, Draghi ha annunciato l’immediata chiusura del rubinetto.
Quanto avvenuto ieri dimostra in abbondanza tre cose: la serietà della partita greca apertasi con le elezioni del 25 gennaio, l’assoluta impermeabilità dell’Unione Europea ad ogni ipotesi di riformabilità delle sue regole, le tremende conseguenze di non poter disporre della sovranità monetaria.
Sul primo punto c’è poco da aggiungere a quanto abbiamo già scritto in precedenti articoli. La questione greca è un tassello fondamentale della crisi europea. Chi continua a sostenere il contrario fa forse onore alla sua cocciutaggine, non certo alla sua intelligenza. Ma con certi economisti che fanno del loro analfabetismo politico un motivo di vanto c’è ben poco da discutere. Idem per chi continua a negare l’evidenza solo per il proprio settarismo politico. Noi non abbiamo mai risparmiato critiche a Syriza, ma da subito abbiamo capito l’importanza di quel che sta succedendo ad Atene e le sue possibili ricadute (positive o negative che siano) anche sulla situazione del nostro paese.
Il secondo punto è forse ancora più chiaro. L’Unione Europea non è riformabile. Ovvio che qualche ritocco di facciata è sempre possibile, ma sempre all’interno delle regole fondative dell’UE, che non solo stanno scritte in tutti i trattati, ma che rappresentano il codice genetico della costruzione eurista. Sarebbe forse ora che tutti se ne rendessero conto.
Infine il terzo punto: è così difficile capire cosa significa trovarsi a dipendere da una moneta straniera? Perché l’euro è esattamente questa cosa qui. Il caso greco lo evidenzia che meglio non si potrebbe. Quale democrazia, quale politica può esserci in uno stato la cui liquidità finanziaria è decisa da un’autorità straniera, sulla quale non si ha nessuna possibilità di controllo? E’ ancora così difficile capire di cosa parliamo quando mettiamo al centro il tema della sovranità monetaria?
Come si vede i nodi stanno venendo al pettine ancor prima del previsto. Gli oligarchi dell’euro non lasciano nessuno spazio reale a Tsipras. Ora la palla è nel campo del governo greco. L’esecutivo di Atene ha un piano B (uscita dall’euro e nazionalizzazione del sistema bancario)? E se non lo avesse ancora è in grado di predisporlo alla svelta? Noi ci auguriamo di sì, perché se la risposta fosse negativa sarebbe semplicemente un disastro. E non solo per la Grecia.