Su La Repubblica del 3 febbraio campeggiava un articolo con questo agghiacciante titolo Mosul: migliaia di libri al rogo, arrestato libraio che vendeva volumi cristiani.

Si sarebbe trattato di un crimine deciso dalle autorità del califfo Abu Bakr al-Baghdadi [nella foto].

Nell’articolo si legge:
«Saccheggiata la biblioteca centrale nell’antica città nel nord dell’Iraq da giugno controllata dagli islamisti. (…) Nella città irachena, da giugno sotto il controllo degli islamisti, sono stati migliaia i libri bruciati in piazza mentre il proprietario della più antica libreria veniva arrestato. Secondo il sito di notizie iracheno ‘Ankawa’, che cita fonti in città, il proprietario della libreria ‘Generazione araba’ è stato condotto da elementi dell’Is in un luogo sconosciuto dopo che sono stati trovati libri cristiani all’interno del negozio».

Indignati per il rogo di libri, siccome tante sono le bufale che girano in Occidente sulla sanguinosa guerra che sconvolge la Siria e l’Iraq, e dato che non ci fidiamo di giornali come La Repubblica, abbiamo cercato di capire quale fosse la fonte e se fosse attendibile. Repubblica ha preso la notizia da diversi siti americani ed inglesi (tra quelli occidentali di solito i meglio informati).

Mosul: 31 gennaio, il rogo

Ma qual è la fonte primaria di questa orribile notizia se non ci sono giornalisti occidentali a Mosul? Ebbene la fonte apparente è il Tweet (!) di un abitante di Mosul che avrebbe denunciato il fatto e postato la foto del rogo [accanto].

Ecco come siamo messi. Tutto parte da un Tweet di cui nessuno può confermare l’attendibilità. La stessa foto non ci aiuta. Cos’è che viene esattamente bruciato? Libri? Giornali? Stracci? O cosa?

Ad ogni modo, se davvero il rogo è avvenuto, esso è un fatto di una gravità inaudita, un gesto che la dice lunga sulla natura del Daesh (acronimo arabo per ad-Dawlat al-Islamiyya fi’l-‘Iraq wa’sh-Sham — Stato islamico dell’Iraq e del Levante) e del regime del califfato.

Spiegammo ai lettori in maniera approfondita le radici, la storia e l’evoluzione dell’ISIS (AL-TAKFIR: IL CALIFFATO ISLAMICO E I SUOI NEMICI). Essendo l’islam di questi guerriglieri il wahabismo takfirita c’è da credere che essi siano capaci di molti dei crimini che gli si addebitano. Per questi iconoclasti tutto quanto sia considerato idolatria e simbolo degli “infedeli” dev’essere messo al bando e sradicato.

Le chiese cristiane del medio oriente, in particolare quelle nestoriane-caldee di Mosul e dell’Iraq, sono depositi di incalcolabile valore spirituale, storico e culturale. La distruzione delle chiese, delle reliquie, delle tombe, delle icone, dei santuari e dei monasteri cristiani è un crimine inaudito. Questi cristiani erano lì secoli prima dell’arrivo dei musulmani, e mai nessuna autorità islamica aveva loro torto un capello, a dimostrazione di quanto profonda sia la frattura interna all’islam stesso con l’avvento del califfato.

Diverse fonti affermano tuttavia che il più delle volte quelli dell’ISIS saccheggiano le chiese cristiane, così come ogni antico luogo di culto, ma non distruggono affatto ciò che trovano, ma se ne impossessano per poi vendere i reperti, traffico con cui finanziano il loro esercito.

Una schifezza che si aggiunge ad una guerra fratricida e immonda di cui l’imperialismo occidentale, con le sue criminali aggressioni porta un’enorme responsabilità.

da sollevAzione