Il nulla di fatto della riunione dell’Eurogruppo e le mosse obbligate del governo di Atene

Partiamo dai dati politici:
1. Alla riunione di ieri a Bruxelles la Grecia si è trovata completamente isolata. 2. Chiara la volontà degli eurocrati di umiliare il governo di Atene. 3. Quest’ultimo, però, non sembra avere alcuna intenzione di capitolare. 4. Con le sue mosse (a partire da quella di Draghi), l’UE ha messo un cappio al collo di Tsipras. 5. La domanda fondamentale allora è: come pensa di liberarsene il leader di Syriza?

Esaminiamo questi punti.

1. L’isolamento della Grecia, all’interno dell’Eurogruppo, è stato perfino superiore al previsto.
Questo non deve stupire. Dopo le iniziali strette di mano dei giorni successivi alle elezioni, sono rapidamente emersi non solo i diversi interessi in gioco, ma soprattutto uno scontro politico che non lascia spazio ad ipotesi di compromesso. Il nodo è piuttosto evidente: l’UE non può permettere che un governo come quello di Syriza possa governare, non può ammettere l’uscita dal dogma neoliberista, non può accettare il suo programma sociale né il rifiuto della sacralità del debito. Nel regime dell’euro la sovranità non è solo limitata, nei passaggi decisivi essa ha da essere semplicemente cancellata.

Nell’Eurozona convivono diversi interessi economici, con una divisione che è all’ingrosso quella tra debitori e creditori. Italia e Germania, tanto per capirci, hanno interessi oggettivamente confliggenti. Ma arrivato il momento delle scelte decisive anche Renzi si è schierato con la Merkel contro la Grecia. Come già sapevamo, il suo «cambiar verso» all’Europa è fatto solo di contrattazione spicciola sui decimali, ma sempre stando all’interno del verbo liberista. Se Tsipras coltivava davvero la speranza di aprirsi qualche varco, via Roma e Parigi, nella linea rigorista di Bruxelles, oggi vediamo come quell’ipotesi sia da escludere del tutto. E questo è il primo dato di fatto. Non piacerà alla signora Spinelli, ma è così.

2. Non solo il governo tedesco, ma anche Juncker e Draghi vogliono umiliare il governo Tsipras. Per loro la Grecia deve solo piegarsi. Per loro non solo le “cure” della troika devono continuare, per loro deve proseguire anche il commissariamento del Paese, giusto per chiarire con il sangue del popolo greco chi comanda e chi deve solo obbedire. Costoro sanno bene quanto sia decisivo il fattore tempo in certe circostanze, e proprio per questo non intendono fare vere concessioni. Potrebbero farle solo se da Atene arrivassero i primi segnali di cedimento, che per ora non ci sono.

3. Abbiamo già scritto, in diverse occasioni, che Tsipras non può capitolare. Non può farlo, perché ciò significherebbe la sua fine politica, quella del suo governo e quella del suo partito. E sarebbe una fine senza nessuna possibilità di resurrezione. Dunque il governo di Syriza non potrà che combattere fino in fondo, in una partita difficilissima ma anche esaltante. Una partita da far tremare i polsi, nella quale la determinazione, la lucidità politica, la capacità di mobilitazione saranno i fattori decisivi.

4. Proprio per la valenza politica dello scontro in atto, l’UE ha già predisposto il cappio sul collo del leader di Syriza.
Lo strumento utilizzato è di una semplicità spaventosa, e si chiama sovranità monetaria. Quella che Atene non ha e che Bruxelles, via Francoforte, si tiene molto stretta. La minaccia, del tutto esplicita, è quella di prosciugare la liquidità, di svuotare completamente le casse greche. Di questo, senza perdersi qui in troppi tecnicismi, si è discusso ieri a Bruxelles. E “discusso” è una parola grossa, dato che il ministro greco dell’economia, Yanis Varoufakis, più che a discutere si è trovato a dover replicare alle minacce rivoltegli all’unisono dai “colleghi” dell’Eurozona: “o mangi questa minestra, o salti la finestra”.   

Per gli eurocrati, il cappio al collo consiste in questo: o Tsipras cede, ed è morto politicamente, o non cede e dovrà uscire dall’euro. Cosa, quest’ultima, che nella loro visione corrisponde ugualmente a morte politica certa. Che abbiano ragione nel primo caso non v’è dubbio. Che ce l’abbiamo anche nel secondo, notoriamente noi pensiamo di no. Tutto dipenderà però dal come si arriverà al decisivo passaggio della rottura con l’euro e con l’Unione.

5. Come potrà Tsipras uscire da questa trappola? Questo è il punto veramente decisivo. Naturalmente, noi non possiamo che augurarci che il governo greco abbia già un preciso piano di sganciamento. In ogni caso le cose da fare sono, se non semplici, di certo obbligate.

Per le ragioni che abbiamo già visto, il punto di partenza è quello della riconquista della sovranità monetaria. Dunque, via dall’euro e passaggio alla nuova dracma. Un passaggio necessario, certo non privo di difficoltà, ma appunto obbligato e senza alternative. Il problema è semmai quello della miglior gestione della rottura con l’eurozona. Le misure a nostro giudizio necessarie le abbiamo indicate tante volte, in riferimento all’Italia. Ed esse sono quelle imprescindibili anche per la Grecia.

In breve, di questo si tratta: a) rigido controllo sui movimenti dei capitali, onde impedirne la fuga; b) nazionalizzazione del sistema bancario; c) forte ristrutturazione del debito (oggi peraltro in mani “europee” all’80%), così come previsto dal programma elettorale di Syriza; d) tutela dei redditi attraverso meccanismi di indicizzazione di salari e pensioni, e) avvio immediato di una politica espansiva volta a contrastare la dilagante disoccupazione.

In conclusione, come gli ultras dell’euro ci ammoniscono un giorno sì e l’altro pure, non si tratterà di una “passeggiata”. A costoro possiamo dire grazie dell’informazione, ma lo sapevamo già. E di certo lo sanno anche i compagni greci. Ma abbiamo già detto che si tratta di una scelta obbligata, almeno per un governo che voglia fare gli interessi del proprio popolo. Del resto l’alternativa sarebbe solo quella di una miseria senza speranza, sarebbe l’accettazione della morte non solo dell’economia, ma anche della politica e della democrazia. Che è esattamente quel che vorrebbero gli squali della finanza e i caporioni di Bruxelles e Francoforte.

Con questo abbiamo detto quasi tutto su una sfida che si dipanerà nelle prossime settimane. Una sfida che vedrà la nuova riunione dell’Eurogruppo per lunedì prossimo. Cosa ne uscirà non lo possiamo sapere, ma di sicuro non cambieranno i termini generali del problema, neppure se dovesse uscirne un temporaneo compromesso. In quel caso, esso servirebbe solo a prender tempo, ma senza possibilità alcuna di composizione di un conflitto alla fine del quale ci saranno vinti e vincitori. Il pareggio, in questi casi, non è proprio contemplato.

Poco sopra ho scritto “quasi tutto” non a caso. C’è in realtà da considerare un altro elemento della massima importanza. Esso consiste nel fatto che non c’è solo l’economia, esiste anche la geopolitica. Ed il mondo è grande e per fortuna non coincide con i confini dell’Eurozona. Il governo greco ha dimostrato, da subito, di tenere in grande considerazione questo aspetto. Non è un caso che ieri – in contemporanea con la riunione di Bruxelles, ma anche con il vertice di Minsk sull’Ucraina – il ministro degli esteri, Kotzias, sia volato a Mosca per incontrare l’omologo  russo Serghej Lavrov. Il quale, riferiscono le cronache, gli ha promesso aiuti economici qualora venissero richiesti da Atene.

E’ chiaro che tali aiuti sarebbero un non senso qualora il governo greco volesse piegarsi all’Unione Europea. Essi potranno invece essere di grande aiuto nella delicatissima fase del passaggio da una moneta all’altra, sia per sostenere l’economia in generale, che per stabilizzare il rapporto di cambio.

Dopo di che si tratterà di ricostruire l’economia greca. Il che, sia chiaro, chiederà comunque nuovi sacrifici. Ma una cosa è fare sacrifici per alimentare gli avvoltoi del capitalismo-casinò – a proposito, secondo dati ufficiali su 240 miliardi di cosiddetti “aiuti” solo 27 sono arrivati alla Grecia, mentre gli altri 213 sono andati alle banche e al pagamento degli interessi da strozzinaggio imposti sui titoli del debito greco! -, altra cosa è farli per rimettere in piedi un paese ed un popolo.

In questi giorni sono in corso diverse iniziative a sostegno del popolo e del governo greco. Noi abbiamo partecipato a quelle di ieri e parteciperemo a quelle dei prossimi giorni. Lo facciamo non solo per una dovuta solidarietà, ma nella convinzione che si tratti di una scontro davvero decisivo per le sorti dell’Europa. Decisivo per il futuro delle nostre società. Decisivo anche per tutti coloro che, come noi, sono convinti della necessità di mettere al centro la rottura con l’Unione Europea e la riconquista della sovranità nazionale. Che, lo ripetiamo soprattutto per chi non vuol sentire (e ce ne sono molti anche tra quanti manifestano per la Grecia), è la base indispensabile della sovranità popolare e democratica.


PS – Ultim’ora: pare che al Consiglio Europeo, in corso in queste ore a Bruxelles, la Merkel abbia detto di essere pronta ad un compromesso. Chiara la tattica tedesca: prima si assicura di avere tutti dietro di se, poi fa l’aperturista per non assumersi tutte le responsabilità. Vedremo, ma non è difficile imamginarsi quale razza di “compromesso” abbia in testa la capa del governo di Berlino.