Libia: i dilettanti allo sbaraglio di Palazzo Chigi e i perché di un dietrofront

Dunque, almeno per adesso, le navi italiane non salperanno per Tripoli. Già lunedì scorso Renzi aveva annunciato un comico dietrofront, optando apertamente per una “soluzione politica” al posto dell’azione militare. E su questa linea si è espresso ieri il Consiglio di sicurezza dell’ONU, dove la posizione interventista dell’Egitto è rimasta isolata. Quindi, se intervento sarà, esso è comunque rimandato a tempi migliori.

Dilettanti allo sbaraglio

C’eravamo cascati anche noi, ma la frenesia bellicista dello scorso fine settimana sembrava lasciare poco spazio ai dubbi. Gentiloni e Pinotti si erano espressi in maniera inequivocabile. Il primo è quello del «siamo pronti a combattere», la seconda quella dei «5mila soldati pronti a partire». Quando mai ministri di questo peso (esteri e difesa) parlano a vanvera di temi così delicati se una decisione non è stata ancora presa?

Ma questo è il governo Renzi… e forse dovremo abituarci a simili pagliacci. Ce ne da una conferma, stamattina, il ministro Alfano. Nessuno stupore, certo, ma val sempre la pena di far conoscere la sua mitica profondità di pensiero. Dopo averla menata per giorni sulla questione dell’immigrazione, dopo essersi fatto scudo delle parole di Renzi sull’ennesima strage di migranti nel Mediterraneo – «il problema è la Libia», aveva detto il premier -, ecco la splendida sintesi del ministro dell’interno: «Non c’è traccia reale di un nesso tra immigrazione e terrorismo. Ma non si può escludere nulla».

Certo, in astratto «non si può escludere nulla», ma in concreto quel che si può invece escludere con ragionevole certezza è l’esistenza di un qualsiasi rapporto tra il ministro dell’interno e una normale attività cerebrale. Qualcuno ha notizia di una qualche vittima (una) di un attentato di matrice islamica in Italia? No, e sapete come mai? Semplicemente perché – a dispetto dei mille allarmi – non ce ne sono mai state. Ora, quel che non è mai successo può sempre accadere in futuro, ma non è che questo pericolo deriva proprio dalle azioni e dalle provocazioni di certi ministri?   

I perché di un dietrofront

Ma lasciamo queste miserie e torniamo al cuore della questione. La domanda principale è: come mai il dietrofront? Perché, al di là del comprovato dilettantismo dei ministri di Renzi, una ragione più profonda dovrà pur esserci.

In merito possiamo fare soltanto delle ipotesi, che ci portano ad individuare tre elementi. Il primo riguarda l’Italia, il secondo gli Stati Uniti, il terzo la Francia (l’Europa dell’Alto Rappresentante Mogherini risulta ancora una volta “non pervenuta”). Elementi non alternativi, bensì complementari tra di loro. Elementi che hanno una premessa comune: la difficoltà militare e politica di un intervento in Libia nelle attuali condizioni.

1. Il calcolo di Renzi e le valutazioni dei militari italiani.

Il capo del governo ha certamente capito i rischi politici di un intervento in Libia, esattamente quelli di cui abbiamo scritto lunedì scorso. La prospettiva di una guerra vera, di un numero elevato di vittime, della quasi certezza di doverne pagare un prezzo in termini di popolarità in Italia, ha avuto senz’altro il suo peso. Ma è pressoché certo che questa visione più realistica dell’avventura libica sia venuta dai militari. I quali gli hanno certamente spiegato non solo i rischi, ma anche la necessità di schierare un numero di soldati molto, ma molto superiore a quello preventivato dall’esperta di primarie truccate, che corrisponde al nome di Roberta Pinotti.

2. La Libia non è una priorità della Casa Bianca.

Gli Stati Uniti, che sono ancora impegnati in Afghanistan, danno una priorità assoluta alla crisi ucraina ed alla guerra che si combatte in Siria ed in Iraq. Quella libica, per Washington è una crisi minore. E questa non è una novità dell’oggi: fu considerata così da Obama anche nel 2011, ma poi gli USA vennero trascinati nel conflitto dal ridicolo protagonismo francese.

3. La prudenza della Francia.
Oggi, però, a differenza di 4 anni fa, anche Parigi si è fatta prudente. Non solo perché il galletto Sarkozy non c’è più, forse anche perché l’esperienza insegna. Quattro anni fa tutti erano convinti dei grandi vantaggi petroliferi che la Francia (via Total) avrebbe avuto grazie alla cacciata di Gheddafi. Ad oggi, però, questi vantaggi non si vedono, giusto per ricordarci che non tutte le ciambelle riescono col buco, ed inoltre le forze combattenti pronte ad accogliere come si deve gli invasori sono assai più determinate di quel che era rimasto dell’esercito del raìs nel 2011. Ed a Parigi lo sanno.


L’intervento militare è solo rinviato?

Realisticamente, è stato l’insieme di questi tre fattori ad aver determinato il dietrofront. Attenzione, però, perché gli imperialisti non staranno certo con le mani in mano. Intanto lasceranno fare l’Egitto, con i suoi bombardamenti e le sue incursioni non solo contro l’Isis ma anche contro le forze di Alba libica. Poi cercheranno di agire politicamente per tentare di isolare le forze islamiste (non solo l’Isis). Infine, se l’operazione politica avrà successo, si prepareranno a prendere il controllo del Paese pagando il minor prezzo possibile.

L’avventura militare non è dunque scongiurata. Nel conflitto in corso in Libia le potenze occidentali cercheranno di inserirsi in ogni modo, e probabilmente l’intervento è solo rinviato. A quando non si sa, perché ciò dipenderà da innumerevoli fattori. Per fortuna anche gli imperialisti hanno i loro contrattempi.