La Guerra dell’euro e gli insegnamenti di quella del Peloponneso

Lunedì scorso, su invito dei compagni della sinistra no-euro greca, ci siamo recati ad Atene. Ci eravamo stati, l’ultima volta, nel dicembre scorso, prima delle elezioni con cui i greci hanno mandato a casa Samaras portando SYRIZA al governo.

Per prima cosa abbiamo subito fatto un salto in Piazza Syntagma, davanti al Parlamento, dove da giorni migliaia di cittadini manifestano per invitare il governo di Tsipras a tenere duro nel negoziato in corso con l’Unione europea. Questo movimento spontaneo si è dato un nome: Kinisi Panelladiko Plation (Movimento Panellenico delle Piazze). “TENERE DURO!”, non cedere al ricatto euro-tedesco, questo chiedono i greci a TSIPRAS.

Questo movimento è solo la punta di un iceberg. Secondo gli ultimi sondaggi la popolarità del governo di SYRIZA, proprio perché fino ad ora ha respinto i diktat tedeschi, è salita al 70%! Anche tantissimi greci che avevano votato a destra ora simpatizzano con Tsipras. E’ l’espressione di un diffuso e crescente sentimento di dignità patriottica, della volontà di non subire più alcuna umiliazione da parte della Merkel. Se fino ad ora la delegazione greca capeggiata da Varoufakis ha potuto tenere la testa alta al tavolo negoziale è perché sente alle sue spalle questo moto di popolo.

Se riuscirà a resistere fino alla fine, respingendo il prolungamento del Memorandum, e quindi del regime di protettorato neo-coloniale (per cui non è Atene che decide la politica economica bensì la troika) lo sapremo presto. Un fatto è certo: se Tsipras e Varoufakis piegheranno la testa, accettando le condizioni capestro tedesche, pagheranno una salato prezzo politico.

Il secondo fatto certo è che con la vittoria di SYRIZA la Grecia è entrata in una nuova fase politica. Una fase di alta instabilità e dagli esiti imprevedibili. In gioco non c’è soltanto la permanenza della Grecia nell’eurozona o la sua uscita, c’è forse anche la sua collocazione geopolitica, la sua appartenenza alla NATO.

SYRIZA ha un “Piano B” per gestire l’eventuale uscita dall’euro, che sarebbe la conseguenza di un rifiuto dei diktat tedeschi? I compagni greci della sinistra no-euro che abbiamo incontrato son quasi tutti concordi nel rispondere che no, SYRIZA non ha questo “Piano B”. La Merkel e gli eurocrati lo sanno, per questo tirano la corda, certi che alla fine Tsipras tirerà giù le braghe.

I compagni greci no-euro insistono che il ristretto gruppo “grandi vecchi”, quattro o cinque, che si raccoglie attorno a Tsipras (tutti provenienti dal vecchio SYNASPISMOS) sono decisamente europeisti, che essi vogliono evitare come la peste di uscire dall’eurozona e dall’Unione. Non possiamo che credergli, conoscendo le sinistre “radicali” europee, che chiedono sì la fine delle politiche austeritarie ma nella cornice dell’Unione, anzi chiedendo gli Stati Uniti d’Europa.

Noi abbiamo fatto notare ai nostri amici greci che il negoziato in corso potrebbe concludersi con un accordo temporaneo che salvi la faccia sia alla Merkel che a Tsipras. Ma sarebbe solo un accordo a tempo, una situazione provvisoria di “né pace né guerra”. Un rimandare all’autunno la decisione definitiva. Temporeggiare, ottenere ossigeno per alcuni mesi, questo è certo quel che vorrebbe Tsipras, nella speranza (altamente improbabile) che nei prossimi mesi si incrini il blocco euro-tedesco, nella speranza (probabile) che PODEMOS salga davvero al governo in Spagna, così che SYRIZA non sia più isolata nel chiedere la fine delle crudeli terapie austeritarie.

Ma questo è proprio ciò che la Germania non vuole concedere ad Atene, e che rende la posizione greca traballante. La Merkel non può infatti dare ad un governo che considera di estrema sinistra e ostile, ciò che non ha concesso al fido governo di destra di Samaras — determinando addirittura in tal modo la sua sconfitta elettorale.

E’ vero, SYRIZA non vuole portare la Grecia fuori dall’eurozona. Non può tuttavia, sull’altare dell’europeismo, accettare il prezzo salatissimo che chiede l’eurogermania. Non può, come chiede la Merkel, gettare nella spazzatura le sue promesse elettorali, non può consegnare al nemico la sua principale arma, la fiducia amplissima che la stragrande maggioranza dei greci ripone nel nuovo governo. A noi sembra così che il tentativo di salvare capra e cavoli sia un tentativo disperato.

Ammesso che a Bruxelles si giunga nei prossimi giorni ad un compromesso, l’eventualità di un default sul debito sovrano e la rottura saranno solo posticipati. Tsipras dovrebbe aver capito che per i tetragoni governanti tedeschi l’uscita della Grecia dall’eurozona è oramai considerata il male minore rispetto al tenerla dentro, che Berlino non vuole aprire la porta a deroghe dei trattati o ad uno “snaturamento” dell’Unione europea. E se Tsipras l’ha capito dovrebbe non solo liberarsi del tabù europeista, ma dotarsi alla svelta di un “Piano B” per gestire l’uscita. Forse il guadagnare tempo si può spiegare anche in questo contesto. Ce lo auguriamo.

Tsipras e Varoufakis sono greci, dovrebbero fare tesoro di quel che Tucidide scrisse nel V libro della Guerra del Peloponneso. Di fronte alla protesta degli abitanti dell’isola di Melo, per i quali il ricatto imposto dagli Ateniesi (allearsi con loro oppure venire annientati) era ingiusto, gli Ateniesi risposero che la giustizia ha senso solo nel caso in cui la forza sia uguale, altrimenti le ragioni del più forte sono destinate per natura a prevalere sempre su quelle del più debole.

Anche nella Guerra dell’euro come in quella del Peloponneso vale la medesima legge, quella che alla fine vince sempre il più forte. Oggi Berlino è Atene, e Atene è Melo. C’è un solo modo per i greci per non essere annientati, lasciare l’euro agli euristi, sganciarsi, riprendersi la piena sovranità, guardare oltre e altrove.

da sollevAzione