Grecia: e ora?

E’ fastidiosa quanto risibile la sicumera con cui molti anti-euro gridano al “grande tradimento” riguardo all’accordo siglato dal governo di Tsipras. Essi non fanno che raccogliere la narrazione dei media euristi, che a loro volta riprendono e amplificano la lettura tedesca, tutta tesa a dimostrare che il governo greco ha sottoscritto una resa unilaterale. Peggio! Se ci fate caso sono talmente accecati dalla loro presunzione che non puntano l’indice contro il carnefice ma verso la vittima.

Morale della favola: per costoro l’euro-Germania non solo avrebbe vinto su tutta la linea ma la partita greca sarebbe oramai derubricata, chiusa.

Forse le cose non stanno così.

E’ un fatto che il governo di SYRIZA, in cambio dei quattrini senza i quali non avrebbe potuto nemmeno dare corrente alla sede del governo, si impegna ad applicare molte delle clausole forcaiole del vecchio Memorandum imposto dalla troika. Ma non c’è solo questo. Ci sono anche misure d’emergenza a favore degli strati popolari più colpiti dalle terapie austeritarie. Ultimo ma non per importanza, c’è un formale recupero del principio di sovranità nazionale, la fine quindi, almeno sulla carta, del regime di protettorato esterno.

Solo chi non sappia dove sia di casa la politica può sottovalutare l’importanza di queste “briciole” se si considera che la sola arma in mano a SYRIZA è conservare il più ampio sostegno da parte dei suoi cittadini — il sondaggio diffuso ieri dalla più accreditata agenzia demoscopica greca dice che la popolarità del governo di Tsipras è salita ad oltre l’80%.

La prima domanda è:
che succederà se, in questo o in quel punto, nei prossimi mesi Atene non sarà in grado di rispettare le clausole dei patti sottoscritti? Il diavolo, come sempre, si nasconde nei dettagli. L’accordo infatti, per ora è solo teorico, dovrà essere messo in pratica, e in questo passaggio si nascondono diverse insidie. Per stare alla metafora sportiva, direi che la partita di andata si è conclusa con una rotonda vittoria tedesca. Quella di ritorno si giocherà a giugno, forse anche prima, ed il suo esito non è affatto scontato.

Ma ce n’è una seconda:
che accadrà a giugno se la Grecia, nonostante abbia fatto diligentemente i “compiti a casa”, scoprisse di non avere ottenuto la piena fiducia dei “mercati” e si trovasse ancora sull’orlo del default? A quel punto la terapia imposta dal sinedrio eurocratico avrebbe fatto nuovamente fiasco e saremmo da capo a quindici. Davvero si pensa che a quel punto Tsipras tornerà dai tedeschi col cappello in mano per chiedere, a condizioni ancor più dure, il rinnovo della “assistenza” europea? O non sarà vero piuttosto il contrario? Che Atene, guadagnato tempo, tirerà fuori un “piano B”?

Io non credo che i dirigenti di SYRIZA,
per quanto “europeisti” (ricordiamo che il vecchio SYNASPISMOS, il vero centro dirigente di SYRIZA, nel 1992 votò addirittura a favore del Trattato di Maastricht), non mettano nel conto l’eventualità della rottura dell’eurozona.

A dispetto delle chiacchiere di circostanza sulla “vittoria”, è certamente evidente, sia a Tsipras che a Varoufakys, che essi escono politicamente sconfitti dalla partita negoziale. Essi hanno sperato di potere dividere il blocco euro-tedesco, e invece si sono trovati isolati e con le spalle al muro. Hanno puntato tutto sull’idea che sarebbe stato possibile “cambiare l’Europa”, che si è invece dimostrata non solo ambiziosa ma impossibile. Solo dei mentecatti possono pensare che da qui a giugno i rapporti di forza in seno all’Unione cambieranno. Non cambieranno infatti. Se i “più-euopeisti” hanno orecchie per intendere, intendano.

Eccoci dunque alla terza domanda: qual è l’eventuale “Piano B” di Tsipras e Varoufakys?

Azzardo un’ipotesi:
davanti all’impossibilità conclamata di onorare il debito e di restare nell’eurozona, tenteranno di salvare capra e cavoli, proponendo a Berlino ed al sinedrio eurista la possibilità di una separazione consensuale: un’uscita che sia al contempo la meno dolorosa possibile per il popolo greco e la meno distruttiva per l’Unione europea.

Quarta domanda:
accetterà Berlino una separazione consensuale? Probabilmente sì, ma se, e solo se, Atene si impegnerà a rimborsare il grosso del suo debito. In poche parole: separazione consensuale ma niente default a spese dei creditori.

Questa sarà la partita di ritorno.
L’esito dipenderà anche dal successo o dall’insuccesso della manovra di logoramento tedesca, che punta infatti a indebolire e far cadere il governo di Tsipras riportando al governo i suoi fantocci. Se in questi mesi SYRIZA saprà conservare tra i greci il suo enorme capitale di consenso (la sua principale arma, la seconda essendo quella di una sterzata geopolitica ad Est) no, l’esito della partita di ritorno non è già scritto.

Escludo che SYRIZA,
dopo il primo cedimento a cui è stata costretta (certo, anche per insipienza e codardia) accetti di farne un secondo, che sarebbe fatale, diventando il boia incaricato di inchiodare sulla croce il proprio popolo. Non potendo che rifiutare questo macabro ruolo, il governo Tsipras, o farà le valige mandando i greci alle urne (col rischio del caos sociale e politico totale e dagli esiti davvero catastrofici), o sarà obbligato a gestire il default e l’uscita unilaterale dall’eurozona.

P.s.
Di contro a chi si prepara a tradire e lasciare solo il popolo greco proprio nel momento del massimo bisogno, gridando al “grande tradimento di SYRIZA”, noi dobbiamo invece seguire con più attenzione di ieri la vicenda greca, così piena di insegnamenti per tutti noi, e come ieri, a dispetto dei profondi limiti del governo di Tsipras, esprimere la nostra solidarietà al popolo greco che resiste.
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Ascoltate attentamente quanto afferma Varoufakys in questo video. Alla fine (minuto 5:41), confessa quale sia la sua opzione, la via per venire fuori dal marasma. Il governo greco non dovrebbe unilateralmente uscire dall’euro, ma dovrebbe dichiarare default, mettendo così gli eurocrati davanti alle loro contraddizioni. A quel punto o accetteranno il fatto compiuto assorbendo il default, o l’eurozona salterà in aria ed a quel punto che si torni pure alla dracma.