A proposito della manifestazione di Roma

Doveva essere una prova di forza, la dimostrazione dell’avvenuto sfondamento a Sud della Lega Nord lepenizzata. La “prova di forza”, data la piazza semivuota, si è risolta in un sostanziale flop. Né abbiamo assistito, data la massiccia presenza del neofascismo romano, ad una conferma della cosiddetta “lepenizzazione”  — la Marine le Pen si è tolta dai piedi da tempo i gruppuscoli nostalgici nazi-fascisti.

Cosa dunque si è manifestato in Piazza del Popolo?
IL PROCESSO, PER ORA SOLO INCIPIENTE, DI FASCISTIZZAZIONE DELLA LEGA NORD.

In quanto incipiente, non è scritto che esso giunga alla sua finalistica conclusione o, mutatis mutandis, a sfociare in un vero e proprio movimento fascista. Nessun fenomeno storico è infatti né automaticamente replicabile, né irreversibile. Non accade nella storia quel che avviene nel mondo naturale, per cui un uovo di struzzo, se maturano tutte le condizioni esterne ed interne, non può che dare vita ad uno struzzo.

Parafrasando la celebre dottrina delle quattro cause di Aristotele, anche ammesso che di un fenomeno politico-sociale siano date la causa materiale (la materia sociale di cui la cosa è fatta) e quella efficiente (la forza motrice che mette in moto la cosa), non è detto che sia già predeterminata la forma che assumerà, né tantomeno prestabilito il suo scopo finale—fine che per lo stagirita costituiva l’essenza stessa della cosa.

Parlando del fascismo mussoliniano, non era affatto scontato che, date le premesse, esso sarebbe finito per diventare il regime reazionario di dittatura capitalistica che poi diventò. Lo diventò per una serie di circostanze storiche straordinarie. Lo divenne, infine, per l’insipienza suicida della sinistra proletaria di allora. Come scrisse Ernst Nolte: il fascismo italiano fu il risultato della sconfitta del movimento rivoluzionario, e non, viceversa, la sconfitta causata dalla vittoria del fascismo.

Oggi non c’è alcuna minaccia rivoluzionaria al sistema capitalistico. Non fosse che per questo il fascismo non potrebbe ripresentarsi nelle forme aggressive e squadristiche di allora. Né il paese esce da una guerra totale che militarizzò la vita sociale e che forgiò nelle trincee una generazione di giovani disposti a tutto.

Tuttavia  la crisi sistemica in cui si dimena oggi il capitalismo odierno non sgretola solo la pace sociale tra le classi, mina le fondamenta stesse della democrazia liberale. Da questa crisi storica e generale, o il sistema saprà uscirne ristrutturandosi profondamente o cadrà.

Tra le le possibili forme di auto-ristrutturazione sistemica due ci sembrano quelle più probabili. La prima è quella che si dispieghi pienamente la tendenza oggi dominante, quella globalista e neoliberista. Da noi questo significa, nel quadro della definitiva germanizzazione dell’Europa, il declino del Paese come provincia tedesca, uno Stato minimo ridotto ad un simulacro, ad un mero  “guardiano notturno”, quindi un regime politico censuale contraddistinto dall’esclusione delle grandi masse dal gioco politico.

La seconda è appunto quella della fascistizzazione sociale. Lo sgretolamento dell’Unione europea e della sua moneta unica, il rifiuto della germanizzazione, corrisponderebbero al crollo della democrazia liberale, al ruolo guida dello Stato nella vita sociale, al sopravvento di un regime dispotico e dittatoriale.

Salvini nega che questo sia il suo fine ultimo. E possiamo anche credergli. Ma che tenga fede a questa sua intenzione non dipende solo da lui. Dipende appunto dalla circostanze storiche, e quelle future saranno forse tremende, che plasmeranno la nuova Lega decidendo così la sua futura evoluzione politica.

Come interpretare l’apertura ai rottami neofascisti, anzi, il vero e proprio patto con Casa Pound?
Si tratta solo di un matrimonio incidentale, manifestazione di un opportunistico riposizionamento politico a destra della Lega Nord? Oppure siamo in presenza di un neofascismo allo stato larvale, ad una metamorfosi destinata a dischiudere un adulto organismo fascista?

I prossimi anni ci daranno una risposta.

Se la crisi sistemica, con il suo precipitato di miseria sociale crescente si approfondisse; se le élite euriste dominanti proseguiranno sulla strada della germanizzazione neoliberista; se sulle ceneri delle attuali sinistre (quella sistemica e quella “radicale”) non si farà largo un potente movimento popolare, democratico, sovranitario e rivoluzionario; lo spazio, adesso solo potenziale, per un movimento reazionario di massa diventerà enorme. Diventerebbe molto probabile, a quel punto, la saldatura; che l’attuale ectoplasma salviniano funga da testa e da contenitore del movimento reazionario di massa.

Depone a questo favore, il brodo ideologico primordiale in cui va maturando l’incesto tra la morchia leghista e i rottami fascisti: il mix trinitario di sciovinismo nazionalista, xenofobia e tradizionalismo reazionario.

Ci chiederete: ma non avete detto che la Lega ha un’anima liberista? Che la sua proposta di uscita dall’euro non scardina il sistema liberista (flat tax, taglio della spesa pubblica, ecc)?

Lo abbiamo detto e lo ribadiamo.
Sbaglia infatti chi ritiene che la fascistizzazione sia incompatibile con il neoliberismo. La forma storicamente più recente di questo possibile sodalizio fu il pinochettismo cileno. Un regime militare di dittatura fascistoide che si prestò ad essere il primo laborarorio latino-americano di neoliberismo dispiegato.

Resta che questo processo, oggi allo stato larvale, per giungere a compimento, non solo dipende da una serie di fattori sociali esterni, ma pure da fattori interni alla Lega, dalla sua epurazione degli elementi che han fatto di questo movimento politico una delle gambe del regime eurista di seconda Repubblica. Uno di questi elementi è il veronese Flavio Tosi, che si sta mettendo apertamente di traverso alla svolta salviniana. L’eventuale rottura sarebbe l’indice che la fascistizzazione della Lega è la tendenza principale.

Ma rotture dovranno accadere anche al lato opposto, da parte degli stolti che, pur avendo un’anima democratica e antiliberista, hanno aiutato Salvini a farsi strada. Sapranno ricredersi prima che sia troppo tardi?