E’ bene non girarci attorno: con la modifica della Costituzione  e visto come si sono schierate le forze in Parlamento, il “partito della Nazione” ha cominciato a prendere forma.

Partiamo da questa “riforma”. Cos’è che cambia? Cambia che l’Italia non è più, in senso proprio, una Repubblica parlamentare, ma di tipo semi-presidenziale. Non l’attuale Presidente della Repubblica (le cui facoltà vengono anzi addirittura ridimensionate), ma il capo del governo sarà d’ora in avanti il dominus, il perno dell’architettura istituzionale, col Parlamento che viene ridotto ad un organismo subalterno e strumentale all’Esecutivo.

Un disegno, quest’ultimo, a cui le cricche capitalistiche dominanti ed euriste ambivano da molto tempo, sin da prima dell’abbattimento giudiziario della Prima repubblica. Berlusconi tentò egli di farsi esecutore di quel disegno, ma gli venne impedito. La grande borghesia non poteva accettare che uno dei più potenti tra i capitalisti (a maggior ragione per il suo monopolio dei media) diventasse il monarca. Ciò che hanno chiamato “conflitto d’interessi”.

Anche questo golpe è passato col voto favorevole della cosiddetta “sinistra” del Pd la quale annuncia che sarà l’ultima volta, che se non cambia la legge elettorale “Italicum” uscirà dalla maggioranza e forse dal partito stesso. Che pena! Questi cannibali, dopo aver partecipato a sbranare la Costituzione, ora bisticciano su come vanno ripartiti i brandelli.

Renzi ha lasciato intendere anche questa volta, visto che tutti i sondaggi lo confortano, che in caso di imboscate e brutti scherzi, di ingovernabilità del parlamento, porterà tutti quanti i “nominati” alle elezioni anticipate.

Potrà sembrare pazzesco ma Renzi ha messo nel conto di perdere parte dell’elettorato di tradizione sinistrorsa. Egli ha in testa un partito tutto suo, e ritiene che, con lo spappolamento di Forza Italia e l’esaurimento della spinta di M5S, potrà vincere comunque. Come afferma Roberto D’Alimonte “Con Renzi il Pd è diventato il punto di riferimento di un elettorato moderato che non aveva mai votato a sinistra, come si è visto alle europee e come registrano i sondaggi”. [Il Sole 24 Ore del 12 marzo]

I fondi di caffé delle prossime elezioni regionali ci diranno molte cose sul futuro scenario politico e quali potrebbero essere le  prossime mosse (d’attacco o di difesa) di Renzi. Il Veneto è il banco di prova più significativo. Se Renzi espugnerà la roccaforte delle destre leghiste e berlusconiane, vorrà andare avanti come uno schiacciasassi, anche a costo di spaccare il Pd ed andare ad elezioni anticipate.

E non conta per Renzi, come ha fatto osservare dopo le elezioni in Emilia-Romagna, se i votanti saranno il 50% o anche meno. Renzi se ne frega della democrazia, tanto più se partecipativa.

da sollevAzione