In molti ci chiedono un giudizio sull’ultima mossa di Maurizio Landini, ovvero la sua proposta di dare vita ad un “coalizione sociale”. Prendiamo intanto atto che non si tratta di un’alzata d’ingegno personale, visto che nella conferenza stampa tenuta ieri [clicca QUI per vedere la registrazione della sua conferenza stampa] Landini ha sottolineato che la proposta, con buona pace della Camusso, è di tutta la FIOM.

Per esprimere un giudizio, va da sé, occorre tenere conto di numerosi fattori.

Il nostro sarebbe severo, anzi negativo se, ad esempio, dovessimo cominciare ricordando, le vere e proprie malefatte compiute sul piano sindacale anche dalla FIOM. Idem con patate se partissimo considerando il luogo politico di provenienza del gruppo di Landini, ovvero quella sinistra psuedo-radicale che tanti guasti ha fatto per avere affiancato (via PDS-PD), col pretesto dell’anti-berlusconismo, l’operazione strategica neoliberista ed eurista.

Non meno critico sarebbe, il nostro giudizio, tenendo conto che Landini, e con lui il grosso della sinistra pseudo-radicale, non accenna ad alcuna sincera autocritica.

Tombale infine sarebbe, il nostro giudizio, ove considerassimo la sconcia reticenza con cui Landini e il suo gruppo tacciono, nonostante ogni evidenza e il massacro sociale in atto, sul carattere oligarchico, antipopolare, reazionario dell’Unione europea e della moneta unica e dunque la necessità, anzitutto per il pezzo di società che rappresenta e quelli che pretende di organizzare, di uscire dalla gabbia euro-liberista.

Ma, appunto, nel valutare una proposta politica, non solo dei fattori soggettivi si deve tenere conto, ma di quelli oggettivi, che non sono meno importanti.

Landini ha chiarito che non propone un “partito”. La sua proposta di “coalizione sociale” vuole essere invece quello che una volta chiamavamo “fronte”. Un fronte ampio che raggruppi come egli stesso ha detto: (1) “tutto ciò che il governo sta dividendo”; (2) “tutto ciò che deve vivere per lavorare”; (3) che quindi “riunifichi il lavoro per difendere i diritti di tutti”.

E’ una proposta giusta, sacrosanta, ma che arriva in ritardo. Perché la FIOM non l’ha fatta quando il Paese è precipitato nell’abisso della crisi sistemica? nel triennio cruciale 2009-2011? Per due ragioni, una ideologica e una politica. Da una parte si era prigionieri di una visione sindacalista-operaista; dall’altra si stava ancora attaccati alla larva del Pd, proprio mentre dischiudeva quel mostro che è il “renzismo”.

Ce ne è voluto di tempo! per capire che il sindacalismo in fasi di crisi sistemiche è un’arma spuntata, e che il mondo del lavoro non avrebbe più potuto fare alcun affidamento sulla vecchia rappresentanza politico-istituzionale pidiessina-piddina. Meglio tardi che mai!

Landini e la FIOM propongono dunque un contenitore unitario, non partitico e pluralista, del poliverso maciullato dal combinato disposto della crisi sistemica e della politiche austeritarie neoliberiste. La sinistra sovranista organizzata non dovrebbe starsene alla finestra ma partecipare in maniera costruttiva e trasparente a questo processo.

Un processo il cui esito, visti i tempi, è non solo  incerto ma potrebbe essere già pregiudicato, tanto più se non si darà presto:
(1) un orizzonte strategico adeguato e, affinché lo sia, esso deve sciogliere il nodo dei nodi, quello del giudizio sull’Unione europea e sull’euro, cioè sulla necessita improcastinabile della rottura e della riconquista della sovranità nazionale e democratica;
(2) una forma che sappia mettere in movimento, entro questa cornice programmatica, non solo il mondo del tradizionale lavoro salariato, ma tutto l’universo sociale degli esclusi e del lavoro marginale e precario, inclusi quei pezzi di piccola e media borghesia fatti a pezzi dalla crisi e dalle politiche neoliberiste;
(3) un messaggio che rinunci al mero sindacalismo sociale (il piagnisteo sui diritti) ma che, indicato il nemico, abbia il coraggio di indicare la prospettiva del suo rovesciamento, quindi una piattaforma in pochi punti di quello che dovrà essere un governo popolare d’emergenza.

La situazione è difficile, il nuovo regime non si è ancora consolidato, vincere è ancora possibile.