Segnali di fumo (europei)

(Nella foto accanto il fotomontaggio che campeggia nella copertina del settimanale tedesco Der Spiegel: “L’Europa ci vede così”)

Le elezioni cantonali svoltesi in Francia, per importanza politica, sono poco più che un sondaggio, ma un sondaggio attendibile. E cosa ci dice? Secondo i dati quasi definitivi del voto di ieri, al netto dell’astensione al 50%, l’Ump di Sarkozy ha ottenuto il 29% dei voti, il Fn di Marine Le Pen il 25% (in crescita), seguito dai socialisti con il 21,1%. Non c’è stato quindi l’atteso sfondamento di Marine Le Pen, c’è stato invece il tracollo dei “socialisti” di Hollande, ovvero del partito di governo. Il Front de Gauche (l’equivalentte della “Lista Tsipras” in Italia) praticamente sparito. Se avessimo questi dati in caso di elezioni presidenziali, avremmo il ballottaggio tra Marine Le Pen e Sarkozy. In Francia tutti sono sicuri che, in questo caso, il risultato sarebbe simile a quello delle presidenziali del maggio 2002, quando lo scontro fu tra Le Pen padre e Chirac, che vinse con un plebiscitario 81,96% dei voti e l’appoggio “repubblicano” di tutte le sinistre. Staremo a vedere…

In Spagna si sono svolte le elezioni regionali in Andalusia, una delle regioni decisive e storica roccaforte delle sinistre e vero e proprio test in vista delle politiche nazionali di novembre. Il PSOE, che governa da ben 33 anni, ha mantenuto il suo primato. Letteralmente crollato invece il Partito Popolare che governa a Madrid, segno evidente del rifiuto dei cittadini delle politiche austeritarie ed euriste. E PODEMOS? Ottiene il 15% dei voti, un risultato ottimo, considerando tutti i diversi fattori, tra cui una campagna mediatica ostile. Punita Izquierda Unida, che in Andalusia ha sempre governato col PSOE e dall’11,3% dei suffragi è scesa al 6,9% (da 12 a 6 seggi).

Nel frattempo gli occhi sono sempre puntati sulla Grecia. Oggi l’atteso incontro tra Tsipras e la Merkel e Berlino. Si viene a sapere di una lettera inviata il 15 marzo dal leader di SYRIZA proprio alla cancelliera. Cosa dice in buona sostanza Tsipras? Che siccome la Grecia non ha accesso ai mercati finanziari, entro l’estate Atene, priva di liquidità, sarà costretta a scegliere: o pagare i creditori o i salari dei dipendenti pubblici e le pensioni. Quindi Tsipras chiedeva (e chiede) l’erogazioni degli aiuti europei. Ma gli erurocrati vincolano l’erogazione di questi aiuti all’applicazione da parte del governo di SYRIZA di un piano preciso di tagli e “riforme”, ovvero la pura e semplice continuazione del famigerato Memorandum e delle politiche dei precedenti governi.

A nome dei “falchi” ha parlato questa volta il ministro dell’Economia spagnolo, Luis De Guindos: “Vedremo se la lista delle riforme presentata è abbastanza completa o no. Ma non ci sarà alcun esborso prima che il governo greco non avrà provato di aver realmente varato e attuato queste riforme”. De Guindos insiste in particolare sulla necessità che il governo greco metta in campo un reale programma di privatizzazioni. E mette in guardia Atene dal prendere “misure unilaterali”, come la legge anti-povertà della scorsa settimana.

Di qui il dilemma di Tsipras: se accetterà le condizioni degli eurocrati per lui, il governo e SYRIZA sarebbe un suicidio politico; se le respinge la Grecia andrà in default e l’uscita dall’euro sarebbe ineluttabile.

I primi segnali non sono confortanti. Proprio Der Spiegel di oggi insinua che Il governo greco accetterebbe alcune delle “riforme” perorate dalla troika: privatizzazioni, nuove tasse e innalzamento dell’età pensionabile…

Le prossime settimane ci diranno come andrà a finire.

da sollevAzione