Quella in corso da alcune ore è un’aggressione in piena regola. Una di quelle aggressioni, però, che non troveranno condanna alcuna in occidente. A bombardare le postazioni sciite nello Yemen è infatti una coalizione sunnita guidata dall’Arabia Saudita, alleata degli Usa nella regione. Secondo il Corriere della Sera online i paesi coinvolti nell’attacco sarebbero diversi. Tra gli alleati di Ryad sicuramente ci sono gli Emirati, Qatar, Bahrain, Kuwait, Marocco, Giordania, Pakistan ed Egitto.

Ancora ieri molti analisti si chiedevano assai curiosamente se lo Yemen non stesse per caso scivolando verso la guerra civile, come se questa non fosse già in atto da tempo. Oggi, invece, è chiaro che la guerra civile si sta trasformando in un conflitto regionale dall’esito incerto, che va ad aggiungersi a quelli in corso in Siria ed Iraq.

Naturalmente ogni paese ha le sue specificità, e quelle dello Yemen sono davvero molte. Allo scontro tra sciiti e sunniti si aggiungono lotte etniche e spinte indipendentiste. Forte è la presenza di al Qaeda, mentre tutto da verificare è il passaggio di alcuni suoi settori all’Isis, che pure ha rivendicato gli attentati della scorsa settimana alle moschee sciite di Sana’a.

Quel che è certo è che l’Arabia Saudita – ossessionata dal confronto regionale con l’Iran – non vuole mollare lo Yemen, considerato da Ryad una sorta di cortile di casa. Da qui i bombardamenti di questa notte, avvenuti con il pieno appoggio americano. Resta invece da vedere se agli attacchi aerei si aggiungerà anche un’operazione terrestre, che molti analisti ritengono al momento assai improbabile.

Dal settembre scorso i guerriglieri sciiti Houthi controllano la capitale Sana’a, costringendo il presidente sunnita Hadi a rifugiarsi nella città portuale di Aden, l’ex capitale del vecchio Yemen del Sud. Ora, però, l’avanzata degli Houthi verso sud ha costretto Hadi ad una nuova fuga, questa volta via mare sembra verso l’Oman.

Nella loro avanzata gli Houthi hanno conquistato anche la base americana di al Annad, dove un centinaio di soldati delle Special Forces coordinavano gli attacchi con i droni contro al Qaeda. Vista la malparata il Pentagono ha ordinato lo sgombero, e pare che materiale per un valore di 500 milioni di dollari sia finito nelle mani degli Houthi.

Basterà l’azione saudita per rovesciare l’esito del conflitto? Di sicuro non sarà facile. Gli Houthi, alleatisi adesso con i militari rimasti fedeli al vecchio dittatore Saleh – uno dei tanti cambi di alleanze che caratterizzano l’attuale panorama mediorientale – non sono certo intenzionati a mollare.

Per comprendere la portata dei fallimenti – recenti e meno recenti – degli americani e dei sauditi in terra yemenita vi proponiamo la parte centrale di un articolo di Alberto Negri, pubblicato questa mattina sul Sole 24 Ore:

«…Il fallimento americano è bruciante perché mette in dubbio tutta la strategia del “leading from behind”, cioè guidare da dietro la lotta al terrorismo e indirizzare gli eventi mediorientali. Soltanto sei mesi fa, per giustificare il “non intervento” in Siria, il presidente Barack Obama aveva citato lo Yemen come modello vincente nella lotta al terrorismo. “Noi li uccidiamo dall’alto mentre sosteniamo i partner sul campo di battaglia: una strategia  che abbiamo perseguito con successo in Yemen e in Somalia”.

Questo successo sbandierato da Obama si è tramutato in un disastro. Non soltanto al Qaeda imperversa in Yemen, con la concorrenza del Califfato, ma gli Houthi, gruppo sciita sostenuto dall’Iran e nemico giurato dell’Arabia Saudita, si è impadronito della più importante base americana mettendo le mani su aiuti militari per 500 milioni di dollari con cui gli Stati Uniti avevano inutilmente foraggiato l’esercito di Sana’a.

La debàcle saudita, per i suoi precedenti, forse è ancora più umiliante. Nel 2009 Ryad aveva cominciato a bombardare gli Houthi al Nord ma la guerriglia affamata e senza grandi mezzi militari, aveva resistito ai raid, mentre gli ufficiali sauditi, in tenuta da battaglia, attraversavano ogni giorno il confine per assoldare i militari yemeniti che avrebbero dovuto fare la guerra ai ribelli. Ma questi poveri soldati combattevano per denaro, certo non per convinzione. Fu un’operazione fallimentare che dovrebbe essere rimasta ben impressa ai sauditi…».