Se perfino il Sole 24 Ore denuncia l’imbroglio dei dati governativi…

A Palazzo Chigi giocano coi numeri. Più precisamente imbrogliano. Certo, non è una novità. Da che mondo è mondo così fanno i governi, specie da quando esistono le statistiche. A tutto però c’è un limite. Ed esso risiede nel limite di sopportazione, o se preferite nel tasso di creduloneria degli imbrogliati. Che a volte si arrabbiano. Questa volta, curiosamente ma indicativamente, si è imbestialito perfino il solitamente renziano Sole 24 Ore. Che si sia passato il limite della decenza anche per il giornale di lorsignori? Sembrerebbe di sì.

Il problema è che Renzi deve vendere ad ogni costo la crescita. Anzi, la crescitaaa! Che meno c’è e più “a” si aggiungono nelle grida dei fedelissimi. Una per tutte, l’impagabile Boschi. Qualche giorno fa la ministra ha annunciato una notizia sensazionale: nel prossimo Def (Documento di economia e finanza) il governo aumenterà la stima del Pil dal precedente +0,6% ad un fantasmagorico +0,7%. Potrebbe anche essere – udite, udite! – un +0,8%, ma, frena la figlia del banchiere dell’Etruria, «noi siamo prudenti». A proposito, ma la Boschi non fa la ministra delle «Riforme»? Perché è toccato proprio a lei lo storico annuncio sui dati economici? Che sia in preparazione anche una riforma dell’Istat?  

Come abbiamo già scritto, data la straordinaria concomitanza di diversi fattori teoricamente favorevoli, Renzi non potrà in alcun modo cantare vittoria se nel 2015 il Pil non registrerà un rimbalzino di almeno un punto percentuale. Che addirittura si provi a festeggiare con il nulla degli zerovirgola, ben sapendo che questi non potranno avere alcuna ricaduta positiva sull’occupazione, è solo la riprova della sfacciataggine di Renzi e del suo clan.

Sfacciataggine, e questa volta meno prudente, messa in mostra qualche giorno fa dal ministro Poletti – quello delle cene con i corrotti del malaffare romano, ma anche quello che vorrebbe mandare gli studenti a lavorare gratis l’estate.

Poletti aveva il compito propagandare il Jobs Act, sparando cifre evidentemente truccate sui suoi mirabolanti effetti sull’occupazione. Poi è arrivata l’Istat, probabilmente non ancora renzizzata a sufficienza, a smentire l’ex LegaCoop con i dati di febbraio: 44mila occupati in meno rispetto a gennaio, alla faccia dei miracoli dovuti alla precarizzazione generalizzata dei lavoratori italiani.

Ma chi controlla i dati diffusi dal governo? Come tutelarsi dalle crescenti manipolazioni di cui sono oggetto? A porsi il quesito non siamo solo noi, né le sole forze di opposizione. Questa mattina la questione campeggia addirittura sulla prima pagina del Sole 24 Ore. Sotto il titolo «Basta con l’embargo sui dati del lavoro», scrive l’editorialista Luca Ricolfi:

«Poco per volta, la verità sull’andamento del mercato del lavoro sta venendo a galla. I dati sulle assunzioni forniti qualche giorno fa dal Governo, ad esempio, subiscono qualche precisazione: non si riferivano a tutte le assunzioni perché escludono lavoro domestico e Pubblica Amministrazione (che non possono beneficiare della decontribuzione); inoltre erano provvisori, perché nel tempo i dati vengono ripuliti, depurati, rettificati… Quando poi l’Istat pubblica i dati di febbraio su occupati e disoccupati (tutt’altro che rassicuranti), diventa chiaro a tutti che ogni trionfalismo era ed è fuori luogo» (sottolineatura nostra).

Ora, se così si esprime perfino il giornale di Confindustria – pur tanto grato al Renzi per quel che gli ha dato e per quel che prevedibilmente gli darà – è evidente che l’imbroglio è sempre meno sopportabile. E l’arrogante fiorentino è sempre meno credibile.