Nel suo discorso al Parlamento greco il 29 marzo scorso, Alexis Tsipras ha affermato che «La ristrutturazione del debito greco è necessaria affinché Atene possa rimborsarlo».

Chiosava il giorno dopo Il Sole 24 Ore facendo eco a quanto si bofonchiava nel sinedrio degli oligarchi europei:
«L’affermazione di Tsipras riporta le lancette dell’orologio al 20 febbraio scorso, quando Atene accettò di eliminare la richiesta di riduzione del debito in cambio dell’estensione di quattro mesi del termine per raggiungere un accordo con la Troika. Una doccia gelata sui negoziati in corso da venerdì a Bruxelles perché rimette in discussione un elemento che i greci avevano accettato di accantonare per poter trovare un compromesso, che ora si fa più difficile».

A conferma di quanto scrivevamo il 24 febbraio: (1) che l’accordo raggiunto il 20 febbraio era scritto sull’acqua, (2) che esso non cancellava la tendenza al default sul debito della Grecia — il quale, insistiamo, non significa affatto “bancarotta”: gli Stati non vanno in bancarotta come le aziende private —  e (3) che sbagliavano gli stolti che davano per scontato che oramai… “Grecia? Nessun problema!”.

Davanti al muro tedesco SYRIZA, nella vana illusione di trovare un compromesso onorevole e sostenibile, venne costretta a presentare agli euro-oligarchi, a fine febbraio un piano più dettagliato e accondiscendente. Il 2 aprile affermavamo:  

«Vedremo se questo penoso cedimento sarà sufficiente per convincere gli euro-oligarchi a concedere alla Grecia i quattrini necessari ad evitare il default ed il “privilegio” di restare nell’eurozona. La risposta al quesito non tarderà molto. Lo sapremo nelle prossime settimane. Un fatto è certo: la decisione finale sarà presa a Berlino, dipenderà dalla battaglia politica in seno alla cupola politica tedesca. La Merkel accetterà di rimandare la cacciata della Grecia solo se potrà dire di avere vinto e quindi di aver piegato ed umiliato SYRIZA».

La risposta tedesca, malgrado nel preambolo i greci avessero scritto che la Grecia si considera «un membro orgoglioso e irrinunciabile dell’Unione europea e un membro irrevocabile della zona euro», è quella che prevedevamo: Nein!

Ieri, 14 aprile, tutte le agenzie europee segnalavano che, dietro alla cortina fumogena dei negoziati, e malgrado le smentite di Atene, il grosso dei brokers londinesi scommettono sull’inevitabilità del default greco. Se l’è lasciato scappare addirittura Olivier Blanchard, a capo del dipartimento della ricerca del Fondo monetario internazionale:

«Nel caso non ci sia un’intesa, ha spiegato l’economista, «il quadro è abbastanza chiaro. Prima di tutto, l’uscita dall’Eurozona sarebbe estremamente costosa e dolorosa per la Grecia. Ma il resto dell’Eurozona si trova in una posizione migliore per gestire una Grexit».

Siamo quindi ad oggi, 15 aprile, giornata che segna, anche a causa dei tonfi borsistici, un’accelerazione della corsa greca verso il default. I rendimenti dei titoli di stato greci ieri sono schizzati verso l’alto. I bond a due anni sono balzati a un tasso del 21,7%!

Il contagio ha quindi coinvolto anche i titoli di Italia e Spagna, allargando lo spread tra BTp, Bonos e Bund tedeschi. En passant: dal 9 marzo, cioè dall’avvio del cosiddetto “Quantitative easing” della Bce lo spread tra i paesi “periferici” e la Germania, invece di ridursi, è aumentato, segnando l’evidente fallimento della mossa di Draghi, che era motivata, non scordiamocelo, con lo scopo di ridurre lo spread.

Ma torniamo alla vicenda greca: Scrive Vito Lops su Il Sole 24 Ore di oggi:
«Tornando alla Grecia, in mattinata sono aumentati i timori di un default. Urge trovare un accordo con i creditori prima del 24 aprile, quando le casse di Atene saranno pressoché prosciugate. La novità rispetto alle crisi del 2010 e 2012 è che a questo punto un’uscita della Grecia dall’euro è da mettere seriamente sul piatto. (…) Secondo il quotidiano tedesco Sueddeutsche Zeitung l’Eurogruppo non ripone più alcuna speranza nella possibilità di una svolta nella crisi greca all’incontro del prossimo 24 aprile a Riga. “A Riga non ci sarà alcun accordo”, ha detto una fonte diplomatica europea di alto rango al giornale. È “escluso” che si possa arrivare a concordare un programma di riforme concreto e vincolante. I colloqui con Atene sarebbero quindi, secondo Sz, a un passo dal fallimento».

Ammettiamo di esserci “sbagliati”.
Ritenevamo che la rottura tra la Grecia e l’Unione europea sarebbe avvenuta verso giugno, invece il giorno del giudizio sarò molto probabilmente il 24 aprile, in occasione della prossima riunione dell’Eurogruppo. Il luogo Riga, capitale della Lettonia. Lo stesso Valdis Dambrovskis, vicepresidente della Commissione Ue, vassallo di Berlino, ha confermato che “non ci sarà nessun ok ai pagamenti alla Grecia”.

Gli euro-oligarchi alzano il prezzo perché puntano non più solo ad umiliare SYRIZA ma a spaccarla, per dare vita ad Atene ad un “governo di larghe intese” che imbarchi l’ala moderata di SYRIZA ed i vecchi servi locali della troika e di Bruxelles allo scopo di continuare l’economicidio.

Il momento della verità per Tsipras e i suoi è imminente. Ci auguriamo che sia vero quanto affermato da un esponente del partito:
«Siamo un governo di sinistra. Se dobbiamo scegliere tra fare i nei confronti dell’Fmi e fare default nei confronti della nostra gente, la scelta è chiara».