Dalla Spagna con amore…

Un nostro compagno si è recato nei giorni scorsi in Spagna, per incontri con esponenti di Izquierda Unida e Podemos. Qui sotto un resoconto.

I più si lamentano che in Italia, mentre il Paese va allo sfascio ed il “Mostro di Firenze” colpisce duro, non ci siano proteste e mobilitazioni degne di questo nome. In Spagna non è diverso. Sembrano lontanissimi i tempi degli Indignatos.

L’attenzione politica si concentra così (dopo le elezioni svoltesi in Andalusia), sulla prossima tornata di elezioni regionali e municipali del 24 maggio, prova generale delle elezioni parlamentari di novembre.

Tutti i sondaggi danno le principali forze politiche attorno al 20%: Partito popolare, Partito socialista, Podemos, infine la novità di Ciudadanos. Guidato dal catalano Albert Rivera, Ciudadanos è un partito apertamente neoliberista, ma sta rubando consensi anche a Podemos perché fa della “rottamazione della casta” il suo cavallo di battaglia. Alcuni analisti spagnoli paragonano infatti Ciudadanos a Renzi.

Di sicuro la Spagna sta vivendo un delicato passaggio dal regime monarchico, oligarchico (fondato sul sistema bipartitico PP-PSOE) che sta morendo ad un nuovo assetto politico ed istituzionale i cui contorni non sono affatto chiari. Non è escluso che in futuro PP e PSOE siano costretti a formare un governo “di larghe intese”, o di “unità nazionale”, se serve anche imbarcando Ciudadanos. Questo è sicuramente quanto esige il grosso delle classi dominanti, di decisa fede eurista, che vedono come una minaccia l’avanzata di Podemos.

Le elezioni in Andalusia, segnate dall’ennesima vittoria dei “socialisti” di Susana Diaz (che governano da sempre la regione assieme a Izquierda Unida) hanno dimostrato che la spinta che sorregge Podemos, malgrado il malcontento sociale sia enorme, si va affievolendo. Proprio in Andalusia Podemos si trova di fronte al primo dilemma. Il PSOE ha vinto ma questa volta non ha i numeri per governare assieme al tradizionale alleato di Izquierda Unida. Se Podemos voterà contro la Diaz (come chiede l’ala sinistra andalusa di Podemos) è molto probabile che si torni alle urne. Il gruppo dirigente nazionale di Podemos non esclude invece di astenersi per evitare di essere considerati “sfascisti”.

Un segno che davanti ai primi dilemmi politici Podemos rischia di dividersi.
Lo hanno dimostrato anche le “primarie on line” interne per selezionare i tredici candidati presidente in vista delle prossime elezioni regionali del 24 maggio. Non dappertutto hanno vinto i candidati vicini a Pablo Iglesias. E come nel Movimento 5 Stelle italiano accade che il sistema di “democrazia diretta”  “uno vale uno” non sia affatto, né efficace, né una garanzia di autentica partecipazione diretta. C’è una sproporzione enorme tra il vasto consenso popolare di cui gode Podemos e la estrema fragilità della sua struttura organizzativa.

Le difficoltà sono anche di altro tipo. Sorto da poco più di un anno e sulla scia della volontà di cambiamento di tanti cittadini spagnoli, Podemos non può più pensare di aumentare i propri consensi solo puntando tutto su slogan ammiccanti contro “la casta” quanto privi di reale contenuto politico. Qual è il modello sociale che ha in mente Podemos? Come pensa di attuare le riforme radicali che propone visto che non solo tace sull’euro ma afferma che la Spagna dovrebbe restare dentro l’Unione europea?

Il gruppo dirigente di Podemos, malgrado si renda conto che dentro la gabbia europea poco o nulla si possa ottenere, pur di guadagnare voti, insegue l’opinione della maggioranza degli spagnoli i quali, vittime di un diffuso sentimento autopenitanziale di disistima nazionale, pensa che sia peggio uscire dall’eurozona. Crescono in Spagna coloro che criticano questo atteggiamento codista ed elettoralista di Podemos.

Izquierda Unida non fa meglio, se possibile fa peggio. Sulla questione dell’Unione europea e dell’euro ha la stessa linea di Podemos, anzi più decisamente chiede “un’altra Europa” e “più Europa”. Quelli della sovranità nazionale e della sovranità monetaria restano inviolabili tabù. Anche per questo, non solo a causa dell’avanzata  di Podemos, Izquierda Unida soffre una crisi interna e di consensi senza precedenti. Da alcune settimane essa conosce una vasta diaspora. Centinaia di militanti hanno già abbandonato Izquierda Unida. Si tratta in generale di attivisti dell’ala sinistra, che contestano una direzione profondamente burocratizzata la quale, invece di allearsi con Podemos contro il sistema bipartitico, punta ancora (come in Andalusia) ad un’alleanza col PSOE.

Il gruppo dirigente di Izquierda Unida (quindi del Partito comunista spagnolo che ne costituisce la spina dorsale) ha quindi un atteggiamento settario e ostile verso Podemos. Fa circolare addirittura l’idea che Podemos sia il risultato di un complotto ordito dalle classi dominanti per uccidere Izquierda Unida (sic!). Una linea, come si vede, non molto diversa da quella che il KKE greco ha verso SYRIZA.

Sta di fatto che una scissione in piena regola di Izquierda Unida — capeggiata da diversi dirigenti dell’ala sinistra che hanno in Julio Anguita (oggi esponente del Frente Civico) il proprio punto di riferimento — è imminente. Questa ala sinistra punta a costruire una nuova forza politica antiliberista e sovranista che sia una leva per una grande e maggioritaria unità popolare per conquistare il governo, quindi pronta ad allearsi con Podemos in vista delle elezioni parlamentari di novembre.

Esponenti di quest’area politica saranno tra i protagonisti del Forum che si svolgerà ad Atene dal 26 al 28 giugno prossimi.

da sollevAzione