Grecia: il momento della verità per il governo Tsipras è sempre più vicino

«Commissariato». E’ questa la parola usata dalla maggior parte dei giornali di questa mattina per descrivere l’attuale situazione di Yanis Varoufakis. Ieri, infatti, il governo Tsipras ha deciso di cambiare la squadra dei negoziatori che stanno trattando con i creditori, cioè con la famigerata troika.

Sembrerebbe, dunque, che le volgari pretese degli arroganti colleghi dell’Eurogruppo siano state in qualche modo accolte dal governo di Atene. Venerdì scorso, in occasione della riunione tenutasi a Riga, 18 ministri dell’economia su 19 si sono scagliati violentemente e volgarmente contro Varoufakis, definito addirittura come un “perditempo” e un “dilettante”.

Il perché di tanto accanimento è chiaro. Gli eurocrati hanno voluto inviare un segnale politico a Tsipras, per ricevere indietro la testa del ministro delle finanze di Atene. Sul significato politico di questa richiesta ha già scritto ieri Piemme. Il problema non è tanto il ruolo di Varoufakis, la cui linea non si capisce bene in cosa si discosti da quella di Tsipras. Il punto vero è la decisione che il governo greco dovrà prendere di fronte alla secca alternativa tra il piegare la testa e la rottura con l’euro e l’Unione Europea. In questo quadro, concedere la testa di Varoufakis sarebbe il chiaro segnale di un cedimento politico

Messo alle strette dalle pressioni europee, Tsipras ha deciso una sorta di via di mezzo: non ha licenziato il suo ministro, ma l’ha commissariato. In cosa consista questo commissariamento è presto detto. A guidare la squadra dei negoziatori non ci sarà più uno stretto collaboratore di Varoufakis come Nikos Theocharakis, bensì George Chouliarakis, considerato vicino al vice-premier Dragasakis, a sua volta ritenuto più malleabile dagli eurocrati. Non solo, all’interno del governo di Atene è stato formato un gruppo incaricato  di seguire i negoziati, ed a coordinarlo sarà il vice-ministro per le Relazioni Esterne Euclides Tsakalatos, anch’egli apparentemente più gradito dalla troika.

I mercati finanziari hanno ieri festeggiato le decisioni di Tsipras, evidentemente interpretate come un primo segnale di resa. Più caute le reazioni nei palazzi di Bruxelles, dove dalla Grecia ci si aspetta ben più di qualche concessione. Ci si aspetta, e si pretende, la piena capitolazione.

Quel che è certo è che i tempi sono ormai strettissimi. E mentre tra gli eurocrati è diffusa la convinzione che neppure al prossimo incontro dell’Eurogruppo, previsto per l’11 maggio, vi sarà un accordo, la Reuters ha reso noto un sondaggio tra gli operatori finanziari piuttosto significativo:

«Esiste un 40% di possibilità che la Grecia lasci la zona euro, secondo un sondaggio Reuters con i market money trader; di questi solo la metà ritiene che il Paese possa restare nel blocco anche nel caso di un default nel pagamento del proprio debito».

Per il governo ellenico il momento della verità è sempre più vicino. Come abbiamo sempre detto, l’Europa non ha alcuna intenzione di “farsi cambiare” da Tsipras. Sarà allora l’Europa ha cambiare il programma di Tsipras? Se il leader di Syriza vorrà evitare un simile tragicomico destino, l’alternativa è solo una e si chiama rottura.

Proprio per questo non è il momento delle concessioni. «Sono unanimi nel detestarmi, e io sono lieto del loro odio», ha scritto ieri Varoufakis riferendosi ai “colleghi” dell’Eurogruppo. Ben detto, ministro. In politica la prudenza è una virtù importante, ma nessuna battaglia potrà mai essere vinta se chi la conduce è dominato dalla paura. In certi momenti il coraggio e l’orgoglio possono essere le armi decisive. Quelle in grado di esaltare al massimo il principale punto di forza di chi intende resistere alla sopraffazione del più forte: il sostegno e la mobilitazione popolare.

E’ su questo che si gioca in larga parte l’esito della battaglia di Atene. Una battaglia che ci riguarda tutti.