Un’Europa antidemocratica, irriformabile e politicamente fallita: come non dirgli di NO (e non solo in Grecia)?

Mancano 24 ore al referendum greco. Il risultato appare incerto. Gli effetti della paura sono difficilmente misurabili, ma un peso lo avranno. E di certo peseranno le incredibili incertezze di Tsipras. Ciò nonostante il NO può comunque prevalere, sia pure in un paese profondamente spaccato in due.

Chiara dovrebbe essere a tutti, tranne che ai marziani del KKE (il partito comunista greco ha dato indicazione di annullare la scheda), l’importanza del risultato che scaturirà dalle urne domani sera.

Comunque vada, le vicende di questi giorni sono di grande insegnamento, non solo per i greci ma per tutti i popoli d’Europa.

Vediamoli, questi insegnamenti:

1. UE antidemocratica
L’Unione Europea è un’entità assolutamente antidemocratica. Non solo per quelle che sono le sue istituzioni, per i suoi processi decisionali. L’UE è strutturalmente antidemocratica perché la sua natura – la sua natura, non solo la sua politica – è profondamente oligarchica. Una gabbia pensata e realizzata per schiacciare i popoli ed ogni istanza di giustizia sociale. Per noi non è una novità, ma la vicenda greca lo ha mostrato anche ai ciechi. «Non ci può essere scelta democratica contro i trattati europei», questo affermava già a gennaio il sig. Juncker, l’alcolista lussemburghese messo a capo dell’euro-oligarchia. Lo stesso Juncker che, insieme a tanti capi di governo, minaccia ora i greci, intimandogli di votare SI’ pena i più tremendi sfracelli. La democrazia è incompatibile con l’Unione Europea, questo è il primo insegnamento.

2. UE irriformabile
L’Unione Europea è irriformabile. Lo abbiamo detto tante volte, ma cosa c’è di meglio della prova dei fatti? In 5 mesi di “trattative” l’UE non si è spostata di una virgola dai suoi diktat. Il governo greco certo sperava in un diverso atteggiamento di alcuni governi. All’inizio aveva perfino sperato in Renzi… Alla prova dei fatti la Grecia è rimasta sola, con la Germania a far da padrona, i “nordici” ad ululare contro i “fannulloni” del Mediterraneo, gli iberici a fare il tifo per il sig. Schäuble affinché la durezza del suo messaggio arrivi ben chiara ai loro popoli in vista delle prossime elezioni. Come si fa, in un quadro come questo, a rilanciare la parola d’ordine dell’«altra Europa», come se fosse possibile modificare dall’interno un simile mostro? Non pretendiamo una risposta dai sinistrati italiani, perché costoro preferiscono la declamazione all’analisi, ma certo i popoli cominciano a capire la realtà delle cose.

3. UE fallita
La compattezza del resto dell’Eurozona contro la Grecia potrebbe far pensare che, tolti appunto i greci, stia prendendo forma nei fatti una spinta verso l’unità politica. Cosi non è. I governi europei sono uniti contro la Grecia per un solo e contingente motivo: perché vogliono rovesciare l’unico governo europeo che, pur con tanti limiti, ha un programma fortemente anti-austeritario. Se il governo Tsipras cadesse, essi tornerebbero a litigare su tutto, come la vicenda dell’immigrazione dimostra ad abundantiam. Vedrete, ad esempio, come il bulletto che disgraziatamente governa l’Italia, oggi diligente scolaretto tutto intento ad arrufianarsi la maestrina Merkel, avrà i suoi problemi in autunno quando toccherà a lui fare “i compiti a casa“. In ogni caso, dovrebbe essere chiaro a tutti che l’UE è tutto fuorché un’Unione, che non si vede quale unione politica possa essere mai possibile quando si spinge un paese al suicidio economico ed al disastro sociale, quando non solo non si prevede nessun trasferimento di ricchezza da chi è più ricco verso chi è più povero, ma si continua a pretendere pervicacemente l’esatto contrario. Impossibile non prendere atto del fallimento dell’UE come progetto di unione politica. Gli Stati Uniti d’Europa – che per noi sarebbero comunque un vero incubo – continuano forse ad essere il sogno di una certa sinistra fisiologicamente in ritardo sui processi reali, ma è un fatto che non vi sia più alcun governo europeo che vi creda davvero. Il fallimento politico dell’UE è ormai evidente a (quasi) tutti.

4. Euro moneta straniera
E’ forse questo l’aspetto più eclatante. Quello messo in evidenza dalle (peraltro per niente agitate) code ai bancomat. Con la sovranità monetaria queste scene sarebbero state semplicemente inconcepibili. Uno stato sovrano può andare certamente in crisi, può vedere svalutata al di là del voluto la propria moneta, ma non resta mai privo di liquidità. Invece, con una moneta straniera questo non solo può accadere, ma è esattamente quanto sta avvenendo questi giorni in Grecia. Se la Bce vuole il paese ellenico è in ginocchio. In quale misura metterlo in ginocchio viene graduato in base a precisi calcoli politici. E’ così difficile rendersi conto di questa mostruosità? Non crediamo proprio.

5. Non può esistere l’euro senza austerità
Il solito Schäuble lo ha detto senza infingimenti. Non è possibile avere la botte piena e la moglie ubriaca, questa è la verità. Dato che l’euro è la moneta di un’entità sovra-statuale, e dato che questa entità non vuole e non può attuare politiche solidaristiche al proprio interno, non restano che le politiche austeritarie per ottenere quella disciplina fiscale e di bilancio senza la quale una moneta senza Stato andrebbe irrimediabilmente in crisi. Ma le politiche di austerità, da applicare principalmente ai paesi della periferia mediterranea, hanno anche un altro scopo: quello di ottenere una forte svalutazione interna al posto dell’impossibile svalutazione esterna. E la svalutazione interna è quella che i popoli pagano maggiormente in termini di diminuzione dei salari, delle pensioni, dei diritti, ma anche del valore di beni piuttosto diffusi come la casa. Ad ogni modo, l’euro senza austerità è (almeno per i paesi mediterranei) semplicemente impossibile. Speriamo che i popoli interessati, a partire da quello greco, comincino a prenderne coscienza il prima possibile.

6. Ma l’austerità uccide l’economia

Che l’austerità uccida l’economia è ormai nella consapevolezza di decine di milioni di persone in tutta Europa. Sono finiti i tempi in cui si propagandava l’austerità come una virtù che avrebbe favorito la crescita. Oggi a questa favoletta edificante non crede più nessuno. I fatti che la smentiscono sono troppo grandi. Eppure – a dimostrazione di quanto siano irriformabili l’euro e l’UE – ai popoli del sud si continuano a proporre (più esattamente, ad imporre) politiche di austerità. Clamoroso il caso greco. Al governo di Atene, che ha accettato una spaventosa manovra fiscale pari al 2% del Pil (come se in Italia si proponesse una finanziaria di 33 miliardi di euro), la troika (UE, BCE, FMI) ha risposto che ancora non basta, che ulteriori sacrifici sono necessari. In realtà tutti sanno che l’economia greca, che ha perso in questi anni il 25% del Pil, non può reggere una nuova manovra di questo tipo. Essa produrrebbe un nuovo approfondimento della recessione, nuovi disoccupati, crescente povertà. Chi teme le innegabili difficoltà dell’uscita dall’euro, sappia che l’alternativa è questa e solo questa.

7. Il referendum e il governo Tsipras
Del referendum non c’è che da attendere l’esito. Certo, il governo di Atene avrebbe potuto respingere il diktat della troika senza sottoporsi al rischio di un voto dominato dalla paura. D’altro canto il referendum è pur sempre meglio dell’accordo che si profilava la settimana scorsa. Il fatto che Tsipras abbia fatto ricorso a questa mossa, stretto anche dallo scontro interno a Syriza, ci parla chiaramente delle contraddizioni della sua linea politica. Quelle di cui ci siamo occupati al punto 5, riguardo al fatto che non si può pretendere la fine dell’austerità restando dentro all’infernale sistema chiamato euro. Queste contraddizioni hanno riempito la cronaca dei giorni scorsi e sono un pesante fardello per quelli che ci attendono. Per capirci, ma come si fa a chiamare il popolo al giudizio supremo il venerdì, per poi cercare di riaprire il negoziato con la troika il martedì successivo? Come si fa a dichiarare (giustamente) di essere sotto ricatto, per poi promettere un inverosimile accordo entro le 48 ore successive al referendum? Anche comprendendo tutte le esigenze tattiche del caso, non si può non vedere come il governo greco abbia trasmesso in questi giorni un’immagine di straordinaria debolezza.

8. Un nuovo Oxi day
La speranza è che il popolo greco – a dispetto di tutte queste incertezze – decida di celebrare domani un nuovo Oxy day. Una nuova giornata del NO, come quella che viene ricordata ogni anno il 28 ottobre, nell’anniversario dell’ultimatum di Mussolini del 1940. Ultimatum che venne appunto respinto con un semplice NO. Vista l’incertezza non è adesso possibile prevedere il risultato. Quel che possiamo già valutare sono invece le conseguenze dell’esito referendario. Se una vittoria del SI’, per quanto di misura, rafforzerebbe non poco la dittatura eurista, quella del NO aprirebbe la strada ad uno scenario assai più favorevole a tutte le forze che contro questa dittatura si battono. Davvero non è difficile comprendere l’entità della posta in gioco.