Nella sua replica di ieri al Parlamento europeo Tsipras, con la mano destra sul cuore, ha giurato: «Non ho nessun piano segreto… Se avessi voluto portare la Grecia fuori dall’euro non avrei detto quello che ho detto dopo il referendum. Non ho nessun piano segreto».

Era il segnale funesto che il suo governo, pur di scongiurare la via della rottura con l’eurocrazia, era disposto a pagare il prezzo salato che i falchi capeggiati da Berlino gli chiedevano da mesi.

Noi abbiamo spesso criticato Tsipras, ma non abbiamo mai messo in dubbio la sua disarmante sincerità. In effetti, malgrado tutti i precedenti tentennamenti e mesi di trattative-melina, non poteva esserci momento più propizio per l’uscita dall’eurozona che immediatamente dopo la schiacciante vittoria al referendum. Le urne erano chiuse da poco (le banche da giorni!) che Tsipras annunciava la sua determinazione a continuare il negoziato.

Chi fino all’ultimo ha sperato che Tsipras
stesse giocando d’astuzia — “SYRIZA ha un piano per l’uscita dall’eurozona ma vuole far cadere sulle spalle della Merkel questa responsabilità” — farebbe bene a ricredersi ed a mettersi l’anima in pace.

Tsipras non ha mai voluto prendere in considerazione la rottura per tornare alla sovranità nazionale e monetaria. Punto e basta.

A farsi friggere son andate quindi anche le strampalate spiegazioni delle dimissioni di Varoufakis: è chiaro o no che ha dovuto alzare i tacchi per permettere a Tsipras di siglare l’accordo capestro?

Ci sarebbe tempo fino a domenica per rompere con l’eurocrazia o capitolare, ma il neo-ministro Tsakalotos ha già fatto sapere (vedi la lettera all’Esm) che SYRIZA è disposta, in cambio di un terzo “salvataggio”, a seppellire, assieme al suo programma di governo la vittoria referendaria. Si legge in questa lettera:
«La repubblica greca è pronta a varare un comprensivo pacchetto di riforme e misure incentrato ad assicurare la sostenibilità del bilancio, la stabilità finanziaria e la crescita economica di lungo periodo».

Ergo: non solo accettazione del dogma del pareggio di bilancio, ma addirittura dell’avanzo primario.
«Le riforme sono fondamentali e indispensabili, sono l’unico modo di aver un surplus di bilancio e non un deficit». [Tsipras nella sua replica al Parlamento europeo]

In parole povere: UN TERZO MEMORANDUM:
tagli alle pensioni e alla spesa sociale, aumento delle tasse tra cui l’Iva, la più ingiusta. Forse nuovi tagli ai dipendenti pubblici. La Grecia sarà ancora alle prese con austerità, recessione, crollo della domanda interna, disoccupazione di massa. Da segnalare che né Tsipras a Strasburgo né Tsakalatos hanno posto come condizione il condono (haircut) del debito.

Se abbiamo ragione, la Merkel ha quindi in tasca l’accordo, ovvero la capitolazione di Tsipras.

Tutto sta a vedere, adesso, cosa succederà in Grecia. Il passaggio parlamentare è inevitabile. La sinistra interna di SYRIZA capeggiata dal Ministro Lafazanis (come anticipava ieri il Financial Times) ha già fatto sapere che voterà contro l’accordo di bail-in.

Quindi: o Tsipras accetterà i voti di Nea Demokratia  e Pasok, formando di fatto una nuova maggioranza di governo (evitando dimissioni ed elezioni anticipate), o si dimetterà ed indirà nuove elezioni.

C’è una terza possibilità: pur di rendere immediatamente esecutivo l’accordo, Tsipras accetterebbe volentieri i voti dei vecchi notabili asserviti alla troika, e subito dopo chiederà di sciogliere il Parlamento per andare ad elezioni anticipate immediate, anche a costo di subire una pesante scissione della sua ala sinistra.

Evanghelos Venizelos, segretario del moribondo Pasok, e Antonis Samaras leader di Nea Demokratia si sono dimessi dopo il referendum. Tsipras non ha per adesso nemici temibili sul suo fianco destro. Perderà molto voti a sinistra ma ne guadagnerà altrettanti, vista la sua politica (ir)responsabile, dalla sponda opposta. Ha messo nel conto il divorzio definitivo con tutto ciò che gli sta a sinistra.

Verrebbe da ridere se non ci fosse da piangere.

E ci sarà da piangere, se non nell’immediato futuro, in quello prossimo.
Se, come temiamo, questo terzo “piano di salvataggio” sarà un fallimento, SYRIZA verrà travolta, ed i greci alla fame chiederanno una svolta radicale.

L’inevitabile esodo dalla gabbia euro-tedesca sarò guidata dai neofascisti di Alba Dorata.

da sollevAzione