Un disastro targato Tsipras
Ogni persona che osservi con un minimo di attenzione gli sviluppi della questione greca ha certamente la sensazione di trovarsi davanti ad una situazione paradossale. Di questo si occupa l’articolo di Enea Boria che potete leggere più sotto.
In questo momento è sempre in corso il summit dell’Eurozona. Le notizie che trapelano sono però sufficienti a descrivere il vicolo cieco in cui si è cacciato Tsipras con lo stravolgimento del voto referendario di domenica scorsa.
L’aver fatto proprie misure austeritarie ancora più dure di quelle rifiutate a giugno non ha certo migliorato la posizione greca. L’Eurogruppo, non la sola Germania, chiedono ora l’approvazione delle scelte più antipopolari (pensioni, IVA, eccetera) entro mercoledì prossimo, chiamando il parlamento greco a pronunciarsi nel corso della terza settimana di chiusura delle banche. Un supplizio, almeno questo, che poteva essere evitato con l’emissione di una moneta parallela, una mossa che non si è voluta fare in nome della religione eurista di cui Tsipras è un fervente seguace.
Alla Grecia si chiede anche la piena attuazione del Fiscal Compact, una normativa che favorisca i licenziamenti, la creazione di un fondo in cui vengano conferiti beni ed attività da cedere. Questa la brutale alternativa all’uscita dall’euro. Ecco dove ha portato la linea avventurista di Tsipras, una linea dettata dall’ideologia eurista, a dispetto di ogni considerazione basata sul realismo politico. Eppure, nelle ultime due settimane, numerosi economisti (anche appartenenti a diverse scuole di pensiero) hanno spiegato quel che alla Grecia conviene: uscire dall’euro e dichiarare il default sul debito.
Ma anche questo non è servito. Così Tsipras ha dilapidato in pochi giorni l’enorme successo del NO, ha spaccato il suo partito, e si trova ora davanti alla secca alternativa tra le dimissioni e l’alleanza con gli avversari contro i quali ha vinto a gennaio. Il tutto per mettersi completamente sotto la tutela della Troika. Decisamente un grande successo politico…
Qui sotto l’articolo di Enea Boria.
Il paradosso
di Enea Boria
Fatti, notizie e semplici indiscrezioni si susseguono ad una tale velocità che ormai azzardare analisi e previsioni risulta del tutto impossibile.
In un certo senso è successo l’incredibile già negli scorsi giorni: per bloccare l’emorragia della fuga dei capitali e di fronte ad una nuova richiesta capestro delle “istituzioni”, il governo greco ha fermato le bocce sospendendo le quotazioni di borsa e di fatto decretando la serrata bancaria. Il nuovo piano di “aiuti” è stato bocciato dal popolo con un sonoro “NO”….e dopo 10 giorni a banche chiuse è di colpo emerso che non avevano preparato assolutamente nulla per fronteggiare ciò che con tutta evidenza ne sarebbe seguito, salvo defenestrare Varoufakis che evidentemente era un po’ troppo indisponibile a mettere la propria firma ad una resa.
La piattaforma di sinistra si sta riorganizzando anche se non si capisce bene quali margini possa avere e nel frattempo il governo, dopo aver fatto bocciare dal popolo una richiesta da 8,5 miliardi ha cambiato maggioranza, raccogliendo ampio sostegno dai partiti che il paese lo distrussero, per negoziare sulla base di una proposta da 13 miliardi.
C’è di che rimanere attoniti di fronte ad una simile dimostrazione di plateale dilettantismo da parte del governo…
I lavori dell’eurogruppo, in questo clima già per numerosi aspetti a dir poco surreale, sono ripresi ieri. Come era naturale ed inevitabile il governo tedesco passa all’incasso: a Scheuble non basta.
Le misure non vengono ritenute né credibili né sufficienti; il governo Greco deve offrire di più ed in ogni caso Tsipras non è ritenuto interlocutore affidabile. Evidentemente si persegue o l’umiliazione definitiva o un vero e proprio regime change. Tuttavia, in maniera assolutamente paradossale, lo spiraglio si è intravisto ieri proprio da parte della Germania.
Intanto è importante rilevare che nonostante l’esplicito intervento di Obama per il raggiungimento di un accordo Scheuble non ha cambiato linea, evidentemente indispettendo la cancelliera Merkel.
Anche all’interno della stessa Germania il fronte non è più completamente coeso, ma è al momento chiaro che “i falchi” capeggiati da Scheuble hanno saldamente in mano le redini ed anche la Merkel poco può farci.
Va sottolineato il fatto che l’intervento di Obama, in questi giorni confusi che tuttavia concorrono a fare chiarezza definitiva su tanti argomenti in sospeso, fa tabula rasa delle argomentazioni di tutti quelli che sostengono che l’€ vada sostenuto in quanto contraltare al dollaro ed elemento unificante, in Europa, per perseguire una politica autonoma dagli USA. Questa ipotesi era totalmente irrealistica prima, ma insistere nel sostenerla oggi serve solo ad esporsi al ridicolo.
Ieri ha fatto capolino su tutti i giornali, inizialmente trapelata attraverso il quotidiano tedesco conservatore FAZ, l’inaspettata e paradossale notizia che, a fianco di una serie di richieste per rimanere nell’euro a dir poco oltraggiose (inasprimento di tutte le misure già da resa incondizionata avanzate dal governo greco, più un fondo di “garanzia” per i creditori nei quali far confluire beni pubblici greci per un valore di circa 50 miliardi che ne gestirà la privatizzazione forzosa), proprio il falco Scheuble avrabbe avanzato una proposta per una parallela via di uscita.
In pratica, con la brutalità che lo ha sempre contraddistinto, ciò si pone in continuità con quanto Scheuble ha sempre sostenuto, e cioè che le regole per rimanere nell’eurozona sono deflazioniste e fondate su privatizzazioni e svalutazioni interne e non può essere altrimenti; se si vuole rimanere all’interno dell’eurozona è inutile lamentarsene.
Però, forse per uno scrupolo di coscienza, per quanto tardivo, rispetto alla possibilità di essere ricordato dalla Storia come principale artefice di una catastrofe umanitaria, avrebbe lui stesso messo sul tavolo negoziale ciò che avrebbe dovuto richiedere la Grecia: basta con i piani di austerità, con le privatizzazioni forzose; se non volete accettare le regole dell’eurozona o pensate di non potercela fare basta dirlo chiaramente e vi fate 5 anni di “purgatorio” con la Dracma, vi rimettete in sesto e rientrate.
Inoltre in questo modo, con una moneta gestita da voi stessi, potrete gestirvi per conto vostro anche il debito greco.
I funzionari UE hanno subito definito come irrealistica e priva di senso questa proposta, che al momento non si capisce più esattamente se ancora sia sul tavolo.
Sta di fatto che il piano A tedesco, supportato da numerosi altri paesi resta palesemente volto ad avere un profilo a tal punto inaccettabile da costringere in ogni caso la Grecia a non poter fare altro che uscire.
Qua emerge la prima macroscopica contraddizioni logica: i funzionati della UE hanno detto che il piano per la fuoriuscita non sarebbe realistico perché non vi sarebbero protocolli, trattati e regolamenti per attuarlo.
Eppure proprio questo si continua a perseguire, o come scelta o come cacciata per irricevibilità dell’unica alternativa.
Evidentemente gli attori di questa presa di posizione sono fermamente convinti del fatto che “dove il regolamento non c’è si fa sempre in tempo a scriverlo ex novo”. Bisogna sottolineare come nel fronte pro espulsione della Grecia siano vari i paesi coinvolti, anche inaspettati. Ad esempio l’indecente governo del Portogallo.
Loro le “riforme” le hanno fatte, e per questo esigono intransigenza nei confronti della Grecia; certo sarebbe però anche il caso di ricordare che proprio per averle fatte, le file a Lisbona di fronte alle mense per i poveri sono ancor più lunghe delle file davanti ai bancomat ad Atene. Ma anche i portoghesi sono un piccolo, degno ed orgoglioso popolo; confidiamo che si libereranno ancora una volta da questi squallidi Gauleiter che ora li governano.
Si aggiungono poi i governi dei paesi baltici, i satelliti più recenti della politica che sta pangermanizzando l’UE; che fossero indecenti già si sapeva.
Si aggiunge infine la Finlandia addirittura espressa attraverso un voto parlamentare che non legittima il proprio governo a negoziare alcun nuovo salvataggio, che esige intransigenza omettendo di ricordarsi che anche la propria posizione sta degradando e che cominciano a propria volta ad aver bisogno di “riforme strutturali”.
Senza rivangare in fatti ormai vecchi un secolo sembra che anche in Finlandia col passar del tempo non siano mai cambiati. Strano comportamento dell’Austria, unico paese il cui cancelliere il mese scorso appoggiava Tsipras sostenendo che con ulteriore austerità la Grecia non potrebbe mai risollevarsi, annoverata ora tra i paesi “falchi”. Vien quasi da pensare che il cancelliere Faymann lo stia facendo per motivi opposti agli altri, come a dire: “potete farcela solo fuori dall’euro, se non lo capite tanto vale costringervi a capirlo….”.
Francia, Italia, Irlanda (pur più critica) cercano in tutti i modi di ricucire lo strappo. I governi di tutti e tre questi paesi hanno un disperato bisogno di non creare un precedente per la fuoriuscita dall’euro, altrimenti si ritroverebbero a breve termine tremendamente indeboliti, e rafforzate le loro opposizioni apertamente euroscettiche.
Venisse creato un precedente e scritte le clausole di sganciamento nel trattato di Maastricht, difficilmente risulterebbero arginati ed arginabili, pur su posizioni politiche tra loro differenti, m5s, FN e Sinn Fein.
Al momento non è più dato capire se la “via di uscita Scheuble” coi 5 anni di purgatorio (siamo invece convinti che sia l’unica strada per il paradiso) sia ancora sul tavolo dei negoziati. Ma essa va valutata a fondo per tutto ciò che significa e per le sue numerose e fondamentali implicazioni.
Un piano di sganciamento concordato, senza lasciare il paese esposto ad attacchi finanziari e con un piano di aiuti solo umanitari per gestire l’emergenza degli approvvigionamenti sanitari, fondato anche sulla possibilità che in seguito la Grecia gestisca il proprio debito con la propria moneta, sarebbe sensato, ragionevole ed onorevole per tutti, se effettivamente l’offerta fosse vera e fondata.
Tale ipotesi sarebbe una opzione win-win. Scheuble potrebbe tornare in patria dicendo di aver espulso i greci e capitalizzandone il consenso presso il proprio elettorato. Tsipras tornerebbe a casa senza euro, ma anche senza piani di austerità, privatizzazioni forzate, deprivazione di spazi di democrazia, e con un aiuto circoscritto alla mera gestione della fase di emergenza.
Altri aspetti importanti:
1) i 5 anni di dracma e poi il rientro nell’euro sono palesemente una storiella; chi uscisse e si riprendesse evidentemente non rientrerebbe mai più.
2) Scheuble, che ha sempre sostenuto in fondo il vero dicendo “l’euro è questa cosa qua, chi ci vuole stare dentro in fondo di che si lamenta?”, con la brutalità che gli è propria, proprio con questa offerta sta implicitamente dicendo anche un’altra cosa chiarissima: l’eurozona è una struttura necessariamente deflazionista, quindi se vai in crisi trovandoti al suo interno inevitabilmente non ti puoi risollevare se non uscendone.
Il che veramente spazza il campo da qualsiasi stupidaggine vendoliana su eurozone ipotetiche ed altrimenti gestite.
Il fatto che molto probabilmente questa strada non verrà percorsa molto probabilmente dipende chiaramente da altri motivi.
a) creando un simile precedente della credibilità della UE non resterebbe veramente nulla.
b) Un simile precedente comporterebbe una scelta analoga da parte di tutti gli altri paesi in crisi; ma la Francia non può, non vuole, per motivo di orgoglio e grandeur ammettere che l’eurozona non la regge e che la Germania la sta sbriciolando.
Inoltre se uscissero dall’eurozona i paesi della fascia mediterranea e non la Francia, la Germania si farebbe il suo euro del nord. Difficile dire cosa ne guadagnerebbero, se non che evidentemente avranno le proprie mire strategiche; commercialmente smetterebbero di vincere facile almeno con l’Italia ma qualità e potenza della loro industria comunque terrebbero la Germania a galla.
Magari sarebbe la volta buona che cominciassero a lavorare un po’ per il mercato interno. Sarebbe piuttosto la Francia ad essere a quel punto in una pessima posizione, dentro la gabbia d’acciaio eurotedesca con il Mediterraneo e l’Italia che ripristinano la propria competitività in primis a loro danno.
Non a caso sono stati proprio i francesi ed il nostro governo, in primis Padoan, a cercare in questi giorni di fare i mediatori a tutti i costi. Il PD ci vuole spremere ma se avessimo il precedente “dell’€ dentro e fuori” (che in realtà sarebbe soltanto fuori) perderebbero le elezioni e la causa del lavoro avrebbe una possibilità di riconquistare diritti e spazi negoziali ai danni del capitale, non essendo più soggiogato al vincolo esterno.
In ogni caso, l’unica cosa certa e palese, è che l’euro è reversibile con buona pace delle affermazioni di Mario Draghi negli ultimi 2 anni. Tutti ormai ne parlano esplicitamente ed apertamente; forse a breve potrebbe esserlo anche dal punto di vista formale. Ciò che un trattato non prevede può sempre essere aggiunto, secondo la bisogna ed il momento.
Speriamo che l’offerta sia realistica, e che Tsipras e Tsakalotos capiscano di non poter fare altro. Ciò offrirebbe una speranza al popolo greco ed a tutti i paesi della fascia mediterranea per il ripristino di condizioni di reale democrazia e per uscire dalla crisi economica. Se il negoziato dovesse realmente assumere il profilo di una alternativa tra tale uscita negoziata e controllata ed un macelleria senza precedenti per rimanere invece dentro l’eurozona, l’ accettazione di quest’ultima invece di un posizionamento del governo greco in favore della “via di fuga Scheuble”, con richiesta a tutti i paesi membri di intervenire rapidamente e per motivi umanitari a scrivere nei trattati le clausole necessarie, farebbe da qui in avanti cadere la responsabilità morale e politica delle ulteriori sofferenze del popolo greco sulle spalle del suo solo governo.