E gli tsiprioti italiani tacciono…
Imponente piano di privatizzazioni (50 Mld, il 25% del Pil votato  dal governo Syriza)

Giorni addietro chiedevamo di TROVARE LE DIFFERENZE TRA LE TERAPIE DI MARIO MONTI E QUELLE ALEXIS TSIPRAS. Alcuni lettori ci dissero che stavamo esagerando.
Stavamo davvero esagerando? Nient’affatto!

Non abbiamo condiviso, il 12 luglio scorso, all’atto dell’accettazione del “terzo memorandum” da parte del governo greco, la definizione di “colpo di stato”. Si ha colpo di stato quando un qualche potere ne abbatte un altro. Il governo Tsipras poteva, se voleva —tanto più dopo il referendum—, respingere l’accordo infame.
Ora che vengono applicate a passo di corsa le prime clausole del “terzo memorandum”, la prima fra tutte un enorme piano di privatizzazioni delle aziende e dei beni pubblici —vedi sotto i dettagli— è chiaro anche ai ciechi di quale sfrontato tradimento abbia compiuto il governo SYRIZA. Doppio tradimento: del suo proprio programma e del mandato ricevuto dai suoi elettori a porre fine ad austerità e al regime di protettorato neocoloniale —che ora è più stringente ed effettivo che mai.

Tsipras si difese dicendo che non poteva fare altrimenti e che comunque si trattava del migliore accordo possibile. Mentiva sapendo di mentire.

I sostenitori italiani di Tsipras, i sinistrati che raccattarono qualche seggio a Strasburgo con la lista che del primo greco portava addirittura il nome (Sel, Prc, Centri sociali e compagnia) si allinearono al loro “caro leader”, difendendo l’accordo del 12 luglio, negando che si trattasse di una capitolazione.
Da un mese essi tacciono, non aprono bocca —dalla vergogna.


Ma vediamo nei dettagli le prime misure suicidiarie, all’insegna del più puro neoliberismo chieste dai creditori e accettate da Atene: si tratta di privatizzare pressoché TUTTE le compagnie e le aziende di proprietà pubblica.

Per “reperire risorse allo scopo di onorare il debito” si difende Tsipras. Che fine ha fatto la richiesta della moratoria sul debito? E perché non si nazionalizzano invece le flotte mercantili degli oligarchi greci? (la loro è la più grande flotta mercantile del mondo).

Leggiamo da Il Sole 24 Ore del 15 agosto (vedi immagine sopra):

«Il governo greco accelera sulla privatizzazione dei pezzi pregiati del sistema produttivo ancora nelle mani dello Stato: i porti del Pireo e di Salonicco e la ferrovia Trainose-Rosco. Tutte aziende che interessano i cinesi della Cosco e per il Porto del Pireo anche la danese Maersk.
L’agenzia greca per le privatizzazioni ha annunciato giovedì il termine per la presentazione delle offerte: ottobre 2015 per il Pireo, dicembre 2015 per la ferrovia e febbraio 2016 per il porto di Salonicco, la seconda città del paese. Fra le società interessate al Pireo vi è in prima linea il gruppo cinese di container Cosco che attualmente gestisce il molo I del porto greco. Fin dal 2009 la Piraeus Container Terminal, una sussidiaria di Cosco, gestisce i moli II e III in base ad una concessione dalla durata di 35 anni data dall’ex premier greco Giorgos Papandreou con lo scopo di trasformare il Pireo nella porta di ingresso delle merci cinesi per i Balcani e l’Europa orientale.
Nel memorandum di intesa, concordato ieri dalla Grecia e dai suoi creditori, si prevedono le privatizzazioni di porti, aeroporti e rete elettrica per un totale di 6,4 miliardi di euro entro il 2017.
Il nuovo memorandum, di circa 60 pagine, prevede le misure prioritarie per l’erogazione della prima tranche di aiuti che dovrebbe essere di 25 miliardi, su un totale di 85 miliardi di euro. Più nel dettaglio l’accordo prevede l’impegno da parte di Atene a fare «passi irreversibili» entro ottobre per privatizzare l’operatore della rete elettrica Admie, su cui in passato c’erano state delle manifestazioni di interesse da parte della società italiana Terna e della società di trasmissione cinese, oppure a presentare misure alternative equivalenti. Le offerte vincolanti per i porti del Pireo e di Salonicco dovranno essere annunciate entro la fine di ottobre. Inoltre Atene si impegna a vendere gli aeroporti regionali all’offerente già selezionato, ovvero la tedesca Fraport, che gestisce l’aeroporto di Francoforte, in base «ai termini previsti».
L’annuncio dell’Hellenic Republic Asset Development Fund’s (Hradf) si basa sull’accordo raggiunto fra il governo greco e i creditori, sul quale il Parlamento di Atene ha dato il via libera ieri. Il memorandum prevede che i 6,4 miliardi di euro di incasso totale per le privatizzazioni siano ripartite in 1,4 miliardi di euro nel 2015, 3,7 miliardi di euro nel 2016 e 1,3 miliardi di euro nel 2017. L’ex aeroporto di Atene, Ellenikon, dove si costruiranno una serie di alberghi e residence con investimenti del fondo sovrano del Qatar, è già stato ceduto, come pure Astir Palace, un hotel di lusso che aveva ospitato ai tempi Christina Onassis e Brigitte Bardot, è in vendita. Manca all’appello la Ppc, il primo produttore di energia elettrica del paese e la prima public utility di Grecia. Nella lista delle società da mettere sul mercato manca anche il 35,5% della Hellenic Petroleum, la maggiore raffineria del paese mediterraneo. Anche qui, come per la Ppc, a mettere il veto era stato l’ex ministro dell’Energia Panagiotis Lafazanis nonché capo dell’ala di sinistra di Syriza, ora pronto alla separazione, che aveva stoppato la prevista cessione ai privati della società. Mancano all’appello della messa sul mercato anche le azioni ancora in mano al governo della Ote, il colosso della società di telecomunicazioni greca, già in mano in maggioranza ai tedeschi della Deutsch Telekom, che avrebbero dovute passare all’agenzia delle privatizzazioni.

I creditori vorrebbero un passo avanti anche nelle modalità di esecuzione delle privatizzazioni che in passato hanno fruttato solo delusioni e obiettivi mancati. Lo scorso 13 luglio Atene si era impegnata a trasferire a un «fondo indipendente» le sue attività «di valore». A tale fondo spetta il compito di «monetizzare» tali attivi, sia vendendoli, sia sfruttandoli nella maniera più redditizia possibile. L’obiettivo è quello di raccogliere 50 miliardi di euro durante tutta la durata del terzo programma di aiuti, cioè in un triennio, un obiettivo ritenuto da molti osservatori molto ambizioso. Nell’accordo sottoposto all’Eurogruppo, Atene ha promesso la costituzione entro ottobre di una «squadra indipendente per identificare le possibili opzioni e preparare raccomandazioni in vista della creazione del fondo». Ma alcuni creditori ritengono che il semplice fatto di creare una «squadra» non sia sufficiente e non soddisfa le condizioni fissate dai creditori».

Entrando nei dettagli si scopre che i briganti che stanno dando l’assalto alla diligenza greca sono anzitutto multinazionali tedesche.

«Il governo greco ha approvato la vendita di 14 aeroporti regionali al gestore aeroportuale tedesco Fraport per 1,23 miliardi di euro. La decisione è stata confermata ufficialmente oggi nella Gazzetta ufficiale e porta le firme di diversi ministri, tra cui il vice primo ministro e il ministro dell’Economia Yannis Dragasakis e Giorgos Stathakis.
Prima del blocco delle privatizzazioni, Fraport nel novembre 2014 era già stato scelto come “investitore privilegiato” per concessioni di 40 anni su 14 scali greci, da Creta a Santorini, da Mykonos a Salonicco. La cessione alla società tedesca era quindi già stata approvata dal precedente governo poi congelato con le elezioni in gennaio del premier della sinistra radicale Alexis Tsipras. Si tratta della prima privatizzazione del governo Tsipras».

Tsiprioti italiani, paladini dei beni comuni, antiliberisti dei nostri stivali, avete forse perso la favella?