Di contro ad un deviante complottismo che spiega le guerre fratricide nel vicino oriente, Siria in particolare, come risultato delle “diaboliche manovre americane”, noi tentavamo di spiegare quali fossero le reali e profonde radici storiche di quei conflitti all’interno dell’Islam. Spiegavamo anche che un fattore decisivo dell’esacerbazione del conflitto sono gli appetiti egemonici confliggenti delle quattro principali potenze regionali (Israele, Iran, Arabia saudita e Turchia). Insistevamo nel dire che sbaglia chi pensa che le diverse milizie che si combattono sul terreno siriano-iracheno siano meri fantocci al servizio di queste potenze regionali o internazionali.

L’avanzata sino ad ora irresistibile dei takfiri dell’ISIS getta un preziosa luce nel buio. La Casa Bianca dopo aver chiuso l’accordo sul nucleare con l’Iran (alleato di Assad), invia Kerry a Mosca nel tentativo di trovare un accordo con Putin per “sistemare” la questione siriana. Con la Russia, che si è spinta ad inviare proprie truppe a sostegno del regime di Assad, anche Israele ha siglato un accordo.

Le diverse potenze regionali e internazionali, pur mirando ognuna a tutelare i propri interessi, sembrano insomma decise a fare fronte comune contro quello che considerano, per ora, il loro nemico comune, l’ISIS appunto.

In questo contesto gli Stati Uniti, dopo tanti tentennamenti, sembrano appunto aver deciso  di siglare un’alleanza con la Russia e l’Iran, intanto schiacciare l’ISIS, poi si vedrà.

Consigliamo la lettura di questo illuminante articolo apparso oggi su La repubblica.

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Usa, Kerry vuole coinvolgere l’Iran per contrastare l’avanzata Is in Siria

«Nuova figuraccia, stavolta ufficiale, delle cosiddette forze siriane anti-Assad moderate (una sessantina di uomini) che, al costo di centinaia di milioni di dollari, gli americani hanno addestrato.
Il Pentagono ha ammesso che questi ‘suoi’ ribelli si sono arresi ai qaedisti del fronte Jubath al Nusra, consegnando loro sei pickup armati e munizioni fornite sempre dagli americani per avere salva la vita. Lo ha reso noto il colonnello Patrick Ryder, portavoce di quello che ogni giorno che passa si sta rivelando il comando colabrodo delle forze armate Usa per la regione, il Centcom. Lo stesso comando accusato di aver alterato i rapporti degli 007 sul terreno prima di passarli alla Casa Bianca per dimostrare progressi inesistenti nella campagna contro Is.

L’imbarazzante evento risale alla notte tra lunedì e martedì 21 e 22 settembre, quando gli uomini delle “Nuove Forze Siriane”, i cosiddetti ribelli moderati addestrati dagli Usa, hanno consegnato ad un intermediario di al Nusra il loro equipaggiamento Made in Usa (come fecero le truppe irachene che si sciolsero come neve al sole davanti ad Is a giugno del 2014 in Iraq, abbandonando carri armati e Humvee agli uomini di Abu Bakr al Baghdadj) per poter avere salva la vita. La notizia è giunta al Centcom alle 19 di ieri ha spiegato Ryder. Quello di ieri è solo l’ultimo sviluppo sconcertante della fallimentare strategia Usa anti-Is. Lo scorso 2 novembre metà dei soli 54 ribelli moderati anti-Assad addestrati dagli americani disertarono arrendendosi sempre ad al Nusra. Notizia finora mai confermata – a differenza di quella di oggi – dal Pentagono.

La riluttante amministrazione Obama, indecisa su come intervenire in Siria dopo aver tracciato “red-line”, limiti invalicabili che Assad oltrepassò, ha investito 500 milioni di dollari per formare un’unità di 5.400 ribelli moderati all’anno per un periodo di 3 anni, escludendo l’invio di proprie truppe di terra. Ma l’ottimismo iniziale si scontrò contro la sconsolante realtà che gli istruttori americani riuscirono a formare nel 2014 solo l’1% dei presunti 5.400 ‘ribelli’ sicuri: 54. Questi ultimi alla prima prova del fuoco, attaccati dai qaedisti di al Nusra – rivali di Is – lo scorso luglio, si dileguarono. Il secondo gruppo formato da 70 ribelli di ‘provata fedeltà’, si sono ora in parte arresi consegnando le loro armi a quanti dovevano combattere. Tutti eventi che fanno emergere sempre più convincente l’opzione russa a favore di un intervento diretto contro Is e le altre formazioni jihadiste sul terreno (come dimostrano le forze schierate nella zona occidentale di Latakia) mentre sta emergendo il fallimento della strategia Usa dei raid aerei, iniziati poco più di un anno fa, il 26 settembre in Siria. Opzione russa di cui Barack Obama, dopo aver ostentato totale intransigenza, discuterà lunedì pomeriggio con Vladimir Putin (da due anni isolato dagli Usa per la crisi ucraina) a margine dell’Assemblea Generale Onu a New York.

In questo senso, dopo aver sdoganato, con l’intesa sul nucleare, l’Iran come interlocutore se non affidabile quanto meno utile, ora gli Usa hanno deciso di coinvolgere ufficialmente Teheran in un nuovo tentativo di risolvere la crisi siriana, dove gli ayatollah, insieme alla Russia, sono i principali alleati del regime di Damasco. Il segretario di Stato John Kerry tenterà di dare il via ad una nuova iniziativa per una soluzione politica alla tragedia siriana (dopo 60 mesi di conflitto, oltre 250.000 morti e 8 milioni di profughi) incontrando, tra gli altri, la prossima settimana a New York a margine dell’Assemblea Generale Onu, il suo omologo iraniano, Mohammad Javad Zarif.

Dopo aver sostenuto la fallita iniziativa Onu (siglata ormai 3 anni fa a Ginevra), portata avanti prima dall’ex segretario generale Kofi Annan, poi dall’algerino Lakhdar Brahimi e da ultimo dall’italo-svedese Staffan De Mistura, Kerry vuole provare lui in prima persona un nuovo approccio. Progetto che, fonti vicine al segretario di Stato, sottolineano è ancora allo stato ‘larvale’, per trovare ” una formula che ci riporti a effettivi e sostanziali negoziati”. Trattative che vedono il coinvolgimento oltre che dell’Iran, della Russia, dell’Arabia Saudita e di Paesi come il Qatar e la Turchia, ritenuti essere finanziatori di Isis. L’iniziativa di Kerry è vista più che favorevolmente nelle capitale europee alle prese con la crisi dei milioni di profughi che, in fuga dalla Siria ma non solo, premono, e sfondano, le sue frontiere».

* Fonte La Repubblica