Perché l’attacco deliberato all’ospedale di MSF?

Kunduz, una città di 300mila abitanti nel nord est dell’Afghanistan, è da una settimana al centro di violentissimi combattimenti tra la guerriglia talebana e le truppe del governo di Kabul appoggiate dalla Nato. I media ne parlano soprattutto per la strage compiuta, sabato scorso, da un aereo americano che ha ucciso 22 persone (tra cui tre bambini) in un ospedale (vedi foto) gestito da MSF (Medici senza frontiere).

Dopo essere caduto nel dimenticatoio, l’Afghanistan torna così prepotentemente alle cronache, ricordando a tutti coma la Grande Guerra Mediorientale in corso abbia in realtà una sua appendice orientale che (includendo il Pakistan) arriva al confine con l’India. Ed è proprio in quell’appendice che nel 2001 tutto ha preso il via: la guerra, l’occupazione americana, la pretesa di controllare il Medio Oriente (Grande Medio Oriente, appunto, nella formula coniata a Washington) e di ridisegnarne i confini.

Senza la concatenazione di questi eventi, senza considerare gli effetti che questa aggressione ha avuto sull’intero mondo islamico, ben difficilmente possiamo comprendere la stessa nascita dell’ISIS e del Califfato.

In Afghanistan, dopo quindici anni di strenua resistenza agli occupanti, i talebani tornano oggi sulla scena. Un fatto che ci dice due cose: la prima è che il Paese non è per niente normalizzato, come la propaganda occidentale vorrebbe far credere; la seconda è che le forze del governo fantoccio di Kabul non sono affatto in grado di reggere lo scontro con la guerriglia.

Da qui i “ripensamenti” sui tempi del ritiro delle forze Nato. Quelle americane anzitutto. Oggi gli USA hanno in Afghanistan circa 10mila uomini, ufficialmente con compiti di “assistenza e addestramento”, ai quali si aggiungono l’aviazione e le forze speciali di terra. Obama vorrebbe ritirare il grosso di queste forze entro il 2016, ma il Pentagono ed i comandi militari si oppongono. Stesso discorso per gli altri paesi ancora presenti con un proprio contingente. Tra questi l’Italia, che vorrebbe ritirare quasi tutti gli 870 militari impegnati entro il prossimo 31 gennaio, ma vista la situazione chissà…   

E’ in questo contesto che va inserito il criminale attacco all’ospedale di MSF, che ha causato la morte di 12 operatori sanitari e di 10 pazienti.

Ma come sono andati i fatti? Leggiamo dal sito MSF:
«Dalle 2.08 alle 3.15 di questa notte, il centro traumatologico di MSF a Kunduz è stato colpito da una serie di bombardamenti aerei a intervalli di circa 15 minuti l’uno dall’altro. L’edificio centrale dell’ospedale – che ospita l’unità di cura intensiva, le sale del pronto soccorso e il reparto di fisioterapia – è stato colpito ripetutamente in ognuno dei raid aerei, mentre gli edifici circostanti sono stati per lo più risparmiati. Tutti gli elementi in questo momento portano ad attribuire i bombardamenti alle forze della Coalizione internazionale».

Oltretutto: «Vogliamo chiarire che tutte le parti in conflitto, comprese Kabul e Washington, erano perfettamente informate della posizione esatta delle strutture MSF  – ospedale, foresteria, uffici e unità di stabilizzazione medica a Chardara (a nord-ovest di Kunduz)».

Dunque un attacco deliberato. E difatti né gli americani, né i loro servi di Kabul, hanno smentito questa ricostruzione. Anzi, il portavoce del Ministero degli interni, Sediq Seddiqi ha detto che «tra 10 e 15 terroristi erano nascosti nell’edificio al momento del bombardamento… Tutti sono stati uccisi ma sfortunatamente anche i dottori».  

Premesso che un attacco ad un ospedale è in ogni caso un crimine di guerra, che forse gli eventuali talebani presenti nell’edificio erano armati e combattevano? Leggiamo ancora da MSF:
«Nemmeno una persona del nostro staff ha riferito di combattimenti nel compound dell’ospedale di MSF prima del bombardamento aereo di sabato mattina. L’ospedale era pieno di operatori MSF, pazienti e persone che li accudivano. Nell’attacco sono stati uccisi 12 operatori di MSF e 10 pazienti, tra cui 3 bambini. Ribadiamo che l’edificio principale dell’ospedale, dove il personale si prendeva cura dei pazienti, è stato colpito in modo ripetuto e molto preciso durante ciascuno dei raid aerei, mentre il resto del compound è stato per la maggior parte risparmiato. Condanniamo questo attacco, che rappresenta una grave violazione del Diritto Internazionale Umanitario».

A questo punto ci pare normale formulare l’unica ipotesi che si regge in piedi.
Vista l’asprezza dei combattimenti dei giorni precedenti è verosimile che tra i degenti dell’ospedale vi fossero anche dei combattenti della guerriglia, evidentemente feriti. Ma cosa deve fare un ospedale in zona di guerra se non curare i feriti? I comandi militari americani, evidentemente in accordo con il governo fantoccio di Kabul, hanno però ritenuto questa situazione inaccettabile: che i talebani sappiano che non hanno neppure diritto alle cure se restano feriti negli scontri.

E come raggiungere questo obiettivo nel minor tempo possibile? Appunto bombardando l’ospedale. Un bombardamento efficace, dato che MSF ha dovuto chiudere la struttura, abbandonando così la provincia di Kunduz.  Ora questa provincia, che conta un milione di abitanti ha un solo ospedale, il cui nome «Duecento letti» evita la necessità di ogni ulteriore commento.