Il quotidiano El Pais ha recentemente pubblicato un’indagine sulle proiezioni elettorali in Spagna. [Vedi il grafico sotto]
Il contenuto è senza dubbio devastante [crollo di Podemos, avanzata del neoliberismo in stile renziano del movimento Ciudadanos, ndr]; e credo si possano trarne delle deduzioni di principio piuttosto importanti anche per l’Italia, che traccino la linea di alcuni importanti aspetti del nostro lavoro politico presente e futuro.
Cosa credo di poter trarre, quale deduzione di principio, da questa sconfortante analisi?
1) Come segnala anche Kouvelakis (*), l’appoggio incondizionato a Tsipras – non tanto di Podemos quanto in particolar modo di Iglesias – è un clamoroso autogoal che genera soltanto discredito e sperpera speranze ed aspettative politiche.
Il segnale che l’UE ha lanciato a partire dalla Grecia è arrivato, forte e chiaro.
Chi ha un interesse in un politica anti-austerità si vedrà spezzare la schiena, e la stessa politica gli verrà imposta in forma anche più dura. Questo è ciò che l’UE ha insegnato ai recalcitranti a partire dalla Grecia.
IL CALO DI CONSENSI PER PODEMOS
Quindi, dopo la vicenda Grecia, continuare a rimestare la polenta delle politiche “si UE, si € ma no austerità” è una prospettiva che neanche raccoglie più consenso. Non è più disposta a crederci una quantità di persone sufficienti a poter lanciare una scalata al governo di nessun paese periferico.
Il problema è ormai solo costruire un consenso intorno ad una chiara politica di rottura con la UE. Scommettere sulla riformabilità dell’UE non solo è una menzogna, cosa che abbiamo sempre sostenuto, ma ormai non paga più nemmeno in termini elettoralistici.
2) La “retorica anti-casta” è un boomerang.
Essa è stata politicamente canalizzata in Italia dal M5S, e se sappiamo quanto essa possa essere necessaria a destabilizzare lo status quo (e speriamo che alle prossime politiche la spunti col PD), sappiamo anche quanto esso, nei contenuti, sia sideralmente lontano dal rappresentare una soluzione sistemica.
Sin qui in Spagna, invece, la retorica anti-casta è stata monopolizzata da Podemos. Tuttavia la retorica anti-casta è perfetta solo ed esclusivamente a veicolare un messaggio politico tutto interno al mainstream economico-politico. Essa concorre a spacciare l’idea che basti darsi rappresentanti nuovi, onesti, e tecnicamente preparati, e le cose andranno meglio.
Purtroppo però il nuovismo per antonomasia è Renzi ( per l’Italia ), e questo mostra come la retorica della rottamazione possa corrispondere ad un’idea di rapporti sociali e di produzione che non è semplicemente vecchia, ma addirittura antica; inconciliabile con qualsiasi aspirazione emancipatoria.
L’onestà non è un contenuto politico ma una precondizione minima; un governo tremendamente antipopolare e liberista potrebbe essere composto da persone individualmente integerrime. Nell’aspirazione all’onestà manca qualsiasi contenuto di classe, quindi è un’aspirazione morale ed etica ma politicamente è una linea di indirizzo del tutto vuota, inutile e quindi potenzialmente fuorviante.
La preparazione tecnica fa da corrollario ad una malintesa concezione della centralità dell’onestà: non è che Monti fosse impreparato, anzi. Proprio per questo sapeva dove colpirci per riuscire a far male veramente.
Ora, il peso di queste due contraddizioni, Podemos lo sconta in pieno.
Il Psoe arretra ma non si sfalda e per questo motivo riesce ancora a far valere il principio del voto utile per cercare di prendere il governo al posto di Rajoy, il cui reazionario clericalismo ed i numerosi scandali di corruzione che hanno coinvolto membri del suo partito, suscitano giuste reazioni di rigetto.
Il problema è che transitare da un governo che ha cercato di rimettere fuori legge l’aborto con un colpo di mano parlamentare ad un governo di cultura laica, essendo quest’ultima opzione rappresentata dal Psoe, non cambierebbe di una virgola il segno della politica economica ma solo il profilo dell’approccio alle libertà civili.
I rapporti tra le classi sociali rimarrebbero invariati; solo ci si liberebbe da una cortina di oscurantismo clerico-franchista (anche qua di paragoni con l’Italia se ne potrebbero fare a iosa) entrando in una gestione solo un po’ meno spudoratamente clientelare del potere.
Nel medesimo tempo il combinato disposto dato dalla disfatta di Syriza/Tsipras e dalle sconce giravolte per giustificare la firma del terzo memorandum da un parte (strategia sulla quale Iglesias si è appiattito) e della retorica anticasta dall’altro lato, ha fatto si che una non sufficientemente politicizzata e consapevole aspirazione al nuovo e alla rottamazione di una vecchia e compromessa classe politica, tendesse nell’ultimo periodo ad orientarsi più verso Ciutadanos che non verso Podemos.
Purtroppo però sappiamo che Ciudadanos è portatrice di una proposta politica non solo entusiasticamente europeista ma soprattutto assolutamente liberista. Questi due aspetti della politica, liberismo ed europeismo, sono in questa fase storica nell’intero continente così strettamente legati tra loro da poter essere considerati consustanziali, anche o addirittura a maggior ragione in quei casi particolarmente ipocriti nei quali si cerchi di rendere appetibile l’europeismo – cioè l’ordoliberismo – con una riverniciata superficiale di wishful thinking di sinistra.
Purtroppo per Podemos (ed anche per M5S in Italia, ed ancor più per noi che aspiriamo ad essere veramente antisistemici) se si tratta semplicemente di apparire “nuovi” e rottamare il vecchio, e non di ribaltare il paradigma dell’Unione Europea come unica prospettiva possibile e di introdurre un nuovo interventismo pubblico in forma forte nell’economia, può apparire più credibile Ciudadonos.
Ciò vale a maggior ragione se quest’ultimo soggetto politico, sul piano internazionale, non si appoggia esplicitamente ad una esperienza politica che pur essendo al governo, con palese evidenza, è catastroficamente fallita nelle proprie aspirazioni ed ha anzi provocato una reazione di irrigidimento da parte della UE; prospettiva di cui, anche comprensibilmente, i ceti popolari spagnoli hanno paura dato che nessuno si è preso la briga di spiegar loro puntualmente che qualsiasi prospettiva di liberazione dipende necessariamente da un inizialmente faticoso impegno per spezzare le catene della UE.
Inoltre, sicuramente, anche Ciudadanos ha tra le proprie fila persone “preparate”. Ma preparate a far che, ed in favore di chi?
Questo è essenziale specificare da sinistra, ma proprio questa questione viene invece genericamente elusa. Chi se ne avvantaggia sono le soluzioni gattopardesche. Che sia con Claudio Borghi o con Ciudadanos, “un altro liberismo è possibile”. Peccato se ne avvantaggerebbero sempre e solo i soliti….
Ultima cosa degna di essere notata: Izquierda Unida sembra per ora essere riuscita ad arginare la propria dissoluzione pensionando il precedente leader Cayo Lara, politicamente alquanto frusto e superato ed inoltre responsabile primo di IU in una fase in cui anche quest’ultima ha avuto dei problemi giudiziari in alcune amministrazioni locali, con grave detrimento d’immagine.
Aver deciso di porre nel ruolo di coordinatore di IU Alberto Garzon Espinosa (classe 1985!) è sicuramente stata una mossa azzeccata per tutta una serie di rilevanti motivi:
A) come dice sempre Manolo Monereo, in Spagna, la questione generazionale data da giovani senza presente né futuro è divenuta questione politica di rilevanza nazionale. Essersi scelti un leader così giovane è sicuramente positivo per captare e comprendere i termini di una spinta al cambiamento che potrà diventare vera alternativa politica solo nel momento in cui i giovani, veramente, sceglieranno di combattere per il proprio futuro, costi quel che costi.
B) Alberto Garzon è sicuramente più favorevole di chi l’ha preceduto a creare candidature di “unità popolare”, aperte anche ai movimenti civici ed a Podemos, con spirito maggiormente di collaborazione.
Se è necessario rottamare un certo vecchi carrillismo, e certamente lo è, il fatto che la dirigenza di IU passi nelle mani di persone giovani e combattive come Alberto Garzon Espinosa o Marina Albiol Guzmàn, è certamente positivo.
C) Alberto Garzon ha studiato macroeconomia, ed ha anche avuto qualche incarico accademico: ha conoscenza delle reali contraddizioni sul tavolo in Europa in questo momento, ed il suo europeismo non è stolidamente acritico (interessante notare che sulla sua pagina web, tra gli economisti presenti e passati che hanno avuto influenza su di lui, citi esplicitamente anche Costas Lapavitsas. E’ un nome buttato li? E’ plausibile si tratti, piuttosto, di un “chi vuol intendere intenda”).
Tuttavia notiamo che nelle intenzioni di voto IU resta ben lontana dallo sfiorare quel 10% che fu ai tempi di Anguita.
Una deduzione di principio che possiamo trarne per l’Italia è che in questa epoca la radicalità di pratiche e proposte paga, che occorre “svecchiarsi”, ma occorre farlo fino in fondo non fermandosi soltanto al mero dato anagrafico delle leadership, che anzi andrebbe considerato come dato del tutto secondario.
Se, nei contenuti, recuperare una radicalità profonda è necessario e non solo sensato, i “gergalismi” ed i retaggi iconografici delle varie sinistre anticapitaliste, in questa fase storica, sono soltanto una zavorra.
Tale questione non è eludibile perché si tratta di una zavorra pesantissima. Finché non ce ne sapremo liberare potremo al massimo costruire compagini politiche da 5 o 6% quindi magari non irrilevanti, ma pur sempre confinate in un ghetto.
Per uscire dal ghetto non dobbiamo comprometterci con una proposta edulcorata o con alleanze tirate fuori dal grembo di Giove; dobbiamo risultare convincenti agli occhi di una maggioranza di persone, e per riuscirci non occorre edulcorarsi nei temi ma spogliarsi di tutto ciò che puzza di muffa.
* Enea Boria, membro del Consiglio nazionale di Ora-costituente
(*)”The unconditional support Iglesias gave to Tsipras and the opening of Podemos towards an alliance with social-democracy do not seem to generate great enthusiasm. Of course, opinion polls are just opinion polls, but so far the rise of Podemos has to a very large extent been based on its performance in opinion polls”
Dal profile FB di Stathis Kouvelakis, oggi, riportando l’articolo di El Pais in analisi.