Ci sarà tempo per analisi più approfondite su quanto accaduto ieri sera a Parigi. Per il momento è importante fissare un concetto: l’attacco portato alla capitale francese va inserito nel contesto della Grande Guerra Mediorientale in corso da anni. Una guerra di cui l’occidente ha creato le premesse, prima con la spartizione colonialista seguita alla fine dell’impero ottomano, poi con il pieno sostegno all’occupazione sionista della Palestina, infine con le guerre scatenate all’inizio di questo secolo, in primo luogo con l’aggressione e l’occupazione militare dell’Iraq.

Adesso l’epicentro dell’immane conflitto che sconvolge il Medio Oriente è in Siria. E non è difficile ricondurre a quanto avviene in questo paese alcuni sanguinosi attentati dell’ultimo mese: quello del 10 ottobre ad Ankara (cento vittime), quello che ha colpito l’aereo russo sul Sinai il 31 ottobre (224 morti), quello dell’altro ieri a Beirut (41 vittime).

Quello di Parigi completa dunque un quadro ben preciso. Ovviamente le sigle degli autori di ognuna di queste azioni può anche essere diversa, e le rivendicazioni in questi casi vanno prese con una certa prudenza, ma il contesto a cui guardare è sempre lo stesso.

Le vittime di questi attacchi sono sempre stati civili. Ma civili sono in larghissima maggioranza anche quelle delle guerre occidentali in genere e di quelle francesi in particolare. Per questo non possiamo che ripetere quanto scritto a gennaio dopo l’attacco a Charlie Hebdo. Noi condanniamo con assoluta fermezza l’eccidio di Parigi, ma condanniamo con la stessa forza gli eccidi e la guerra sporca di cui le truppe francesi si rendono responsabili in tanti teatri di guerra, in Medio Oriente ed in Africa.

In quello stesso articolo ricordavamo le innumerevoli guerre francesi in corso. Un elenco davvero impressionante:
«L’esercito francese è impegnato in operazioni militari offensive non solo in Afganistan contro i talibani, ed in Iraq contro i takfiri dell’ISIS. In Africa, in difesa della sua tradizionale geopolitica coloniale, Parigi è impegnata in Mali (Opération Serval, 2800 soldati), in Ciad (Opération Epervier, 950 soldati), in Centroafrica (Opération Sangaris, 1200 soldati + Opération Boali, 410 soldati), nel Golfo di Aden (Opération Atalante 200 soldati), in Costa d’Avorio (Opération Licorne, 450 soldati). Dispone poi di basi permanenti in Gabon (922 soldati), in Senegal (343 soldati), in Gibuti (1975 soldati) , nelle isole dell’Oceano Indiano Mayotte e La Réunion (1277 soldati). Anche non tenendo conto delle centinaia di agenti militari e civili “coperti”, siamo ad un totale di più di diecimila mercenari armati fino ai denti».

A queste guerre, dove gli attacchi aerei producono ogni giorno tante vittime civili, si sino aggiunti di recente i bombardamenti sulla Siria decisi da Hollande. Una prova di revanscismo coloniale, visto che la Siria, come quasi tutti i paesi citati sopra, è stata una colonia francese. Un’azione che ha posto la Francia alla testa dello schieramento interventista e guerrafondaio, come già avvenuto nel 2011 con la Libia, quando Sarkozy (ben più di Obama e della stessa Nato) decise l’attacco a quel paese, con tutte le conseguenze che sappiamo.

Ancora non possiamo sapere fino a che punto i fatti di Parigi verranno utilizzati dal governo francese, da quello americano, dalla Nato. Di certo partirà una nuova crociata mediatica per giustificare ogni porcheria imperialista. Di certo crescerà la repressione e la caccia all’islamico. Di questo occorre essere consapevoli.

Gli schizzi di sangue della Grande Guerra Mediorientale hanno dunque raggiunto di nuovo l’Europa, questa volta in maniera più pesante. C’è un solo modo per fermare la corsa verso una precipitazione ancora più grave: cessare ogni azione militare, porre fine alla pretesa del controllo neocoloniale di interi paesi, favorire un processo negoziale in Siria, Iraq e Yemen.

Ma quest’ultimo punto chiederebbe un occidente pronto a rinunciare ai propri interessi economici e politici. Possiamo aspettarci una simile scelta dalle attuali classi dirigenti, in Francia, in Europa e negli Stati Uniti? Assolutamente no. Aspettiamoci dunque nuovi e dolorosi schizzi di sangue.