L’abbattimento del caccia russo da parte dei turchi

«Opporsi all’ondata bellicista in Europa non è dunque un’optional. E’ invece una necessità che non dovrebbe sfuggire a nessuno. I sondaggi dicono che la maggioranza degli italiani non vuole la guerra. Diamogli voce in ogni modo possibile».

Prima o poi doveva accadere. E questa mattina è successo: un caccia Sukhoi 24 russo è stato abbattuto da aerei turchi in territorio siriano. La guerra dunque si complica. Si dice che l’ordine dell’attacco sia partito direttamente da Erdogan. Quel che è certo è che la Turchia sta utilizzando l’episodio per coinvolgere ancora di più la Nato, il cui Consiglio è in riunione d’emergenza in queste ore.

Pare che il velivolo russo rientrasse da un bombardamento nella provincia di Latakia. Incerta la sorte dei piloti. Secondo alcune fonti uno sarebbe stato fatto prigioniero, mentre una brigata turcomanna, che combatte contro Assad, afferma di averli uccisi entrambi mentre scendevano con il paracadute. Fallito l’intervento di soccorso di un elicottero russo, colpito da un missile anti-carro dei miliziani.

Fin qui le notizie in breve. Abbastanza scontato il rimpallo sulle responsabilità tra Mosca ed Ankara. Il governo turco sostiene di aver reagito a difesa del proprio spazio aereo, mentre la Russia nega di averlo violato. Sta di fatto che il ministro degli Esteri russo Lavrov ha annullato la sua visita prevista per domani ad Ankara.  

Durissime le parole di Putin, che ha detto che l’abbattimento dell’aereo, deciso dal governo di Ankara è una «pugnalata alle spalle dei complici dei terroristi», aggiungendo poi che vi saranno «conseguenze significative» nelle relazioni con la Turchia.

La tensione è dunque alle stelle. L’ipotesi più probabile è che Erdogan abbia deciso freddamente questa azione per mettere chiaramente sul piatto il peso della Turchia, e quello suo personale dopo il successo nelle elezioni del 1° novembre.

La Turchia, al pari dell’Arabia Saudita, vede con preoccupazione il saldarsi di un’ampia alleanza anti-Isis, che finirebbe quasi inevitabilmente per colpire anche le altre formazioni anti-Assad. Il sogno del Sultano, quello di poter utilizzare a suo vantaggio i successi militari del Califfo, è dunque in grande affanno.

D’altra parte, anche la strategia russa ha i suoi problemi. Battere le formazioni jiadhiste non è così semplice come sembra, e quasi due mesi di bombardamenti non hanno per ora prodotto risultati davvero decisivi sul terreno. Si porrà dunque per Putin, così come per Hollande, il dilemma dell’azione di terra. Per adesso l’idea è quella di appaltarla ad altri, ma non è detto che ciò sia sufficiente.

Probabilmente in queste ore prevarrà l’azione dei “pompieri”, di chi vorrà evitare la precipitazione degli eventi. Quanto accaduto stamattina ci ricorda però quanto sia labile il confine tra un conflitto locale ed uno potenzialmente ben più vasto.

Il tema della guerra è dunque all’ordine del giorno, non solo perché in Medio Oriente si combatte da decenni, non solo perché la stessa guerra siriana, iniziata nel marzo 2011, è ben lungi dal vedere la fine, ma anche perché l’intreccio tra i diversi livelli dello scontro in atto – religioso, interno ad ogni singolo paese, regionale e geopolitico – rende la situazione veramente esplosiva.

Opporsi all’ondata bellicista in Europa non è dunque un’optional. E’ invece una necessità che non dovrebbe sfuggire a nessuno. I sondaggi dicono che la maggioranza degli italiani non vuole la guerra. Diamogli voce in ogni modo possibile.