Caracas. Fuochi d’artificio, petardi, grida di soddisfazione: è un’esplosione di gioia che ha salutato i risultati delle elezioni parlamentari nella capitale Caracas. I sondaggi non hanno sbagliato. Dopo sedici anni di vittorie ininterrotte, il Partito Socialista Unificato del Venezuela (PSUV) ha subito una pesante legnata elettorale, consegnando all’opposizione la maggioranza parlamentare.

Con 99 deputati su 167 le destre, coalizzate nella Mesa de Unidad Democratica (MUD), hanno così strappato la maggioranza semplice in seno all’Assemblea legislativa. Cosa si inventerà il successore di Chavez, il presidente Maduro, per impedire alla reazione di strappare prossimamente tutto il potere, noi non sappiamo. Ciò di cui siamo certi è che lo scontro sociale e politico che attraversa il Venezuela, difficilmente finirà a tarallucci e vino. La guerra civile si staglia ora all’orizzonte.

Parigi. “Il popolo si è espresso e la Francia ha sollevato la testa. Il Front National è il primo partito di Francia. E’ un risultato magnifico”, è il commento a caldo di Marine le Pen. Questi infatti i risultati del primo turno delle regionali in Francia comunicati dal ministero dell’Interno dopo lo scrutinio del 98% dei seggi: Front National 27,96%. I Republicains/UDI di Sarkozy 26,89%. Il Partito socialista 23,33%. I Verdi 3,87%. In fondo a sinistra i pugili suonati del Front de gauche 2,52% — il punto più basso mai toccato dalla cosiddetta “sinistra radicale”.

Com’era prevedibile è stata anzitutto Marine Le Pen ad essere premiata dalla spinta sicuritaria e xenofoba suscitata sì dagli attentati terroristici del 13 novembre, ma ingigantita dalla isterica campagna mediatica di intossicazione e, non ultimo, dai provvedimenti liberticidi adottati da Hollande. Ciò che conferma per l’ennesima volta una delle lezioni della storia europea: quando la cosiddetta sinistra scimmiotta la destra e la insegue sul terreno liberticida della “sicurezza” e dello sciovinismo nazional-imperialista, è sempre quest’ultima ad essere premiata nelle urne.

Nella cartina la Francia politica come emersa dalle urne: in rosso le zone dove i “socialisti” di Hollande sono giunti primi; in blu scuro le zone dove primo partito è il Fn ; in azzurro quelle in cui hanno vinto i repubblicani di Sarkozy; in giallo forze autonomiste e indipendentiste.

Ci vengono subito in mente quelli che da anni suonano le trombette sfiatate sulla fine della dicotomia destra-sinistra. Le urne, da Caracas a Parigi, ci pare confermino il contrario. In barba ai discorsi di certi intellettuali pare che non solo noi, bensì i popoli, se ne fottano di certe capziose quanto aleatorie elucubrazioni e, nei periodi di crisi sistemica, ubbidiscono ad un inesorabile processo di polarizzazione politica che si articola sull’asse destra-sinistra.

Poi ci vengono in mente certi “sovranisti” alla Sapir: esulteranno per la vittoria del Front National, diranno che l’avanzata delle Le Pen è salutare perché così… procede il processo di risovranizzazione e di sfaldamento dell’Unione europea. Questi sovranisti da strapazzo fanno peggio di quegli estremisti italiani che agli inizi degli anni venti del secolo scorso non capirono la minaccia fascista incombente e lasciarono che esso schiantasse la “putrida democrazia liberale”. Così avvenne che essi vennero eliminati assieme ad essa. In Germania davanti all’agonia della Repubblica di Weimar accadde lo stesso, col medesimo catastrofico risultato.

E certo che occorre riguadagnare sovranità nazionale e rompere l’Unione europea, ma non per passare dalla padella alla brace. A forza di ubriacarsi coi nuovismi, con le stupidaggini sulla “postmodernità”, coi discorsi sulla lotta di classe che non c’è più e la fine della dicotomia destra-sinistra, non si vuole riconoscere che la storia ha delle costanti, che i processi sociali, pur mutando di forma, conservano la medesima sostanza — quando la sinistra tradisce i suoi ideali ed il suo popolo e si vende al grande capitale, non è che finisce la dicotomia ma si afferma la monotomia: finisce la sinistra e avanza la destra. Punto.

Nella forma chimicamente pura questa concezione si esprime nel dire che “questa Unione è già il fascismo” (Alberto Bagnai docet). E dunque, siccome saremmo già dentro il fascismo, tutto quello che verrà al suo posto non potrà che essere migliore, quindi auspicabile.  E così facendo non solo si sdogana la reazione, si va bellamente a braccetto con la feccia fascistoide e xenofoba, contribuendo a consegnare la pubblica opinione nelle sue braccia ancora insanguinate.

Bene. E’ ora di dividere il grano dall’oglio, di tirare una linea netta tra il campo dei sovranisti democratici e quello del sovranismo reazionario. Questa divisione, che oggi qualcuno con supponenza potrà considerare la “divisione dell’atomo”, anticipa invece quella che sarà, data l’inevitabile fine dell’Unione europea, la principale linea di demarcazione futura.

Ps
E state in guardia dai camaleonti politici. Ci sono in giro diversi paraculi che pur di farsi largo in mezzo alla confusione dissimulano le loro vere opinioni fasistoidi. Anche Mussolini si affermò turlupinando gli italiani dicendo che lui era oltre la destra e oltre la sinistra e poi finì per sposarsi con la peggiore destra storica, mettersi sotto la tutela del Re e del Vaticano. La storia faccia da maestra.