L’elezione dei giudici costituzionali e le illusioni di M5S sull’Italicum

L’accordo tra M5S e Pd, che ha portato all’elezione dei tre membri vacanti della Consulta, è figlio di un malcelato sostegno dei pentastellati all’Italicum? Sembrerebbe proprio di sì.

La maggioranza dei commentatori è comunque certa di un fatto: con la terna votata l’altro ieri le quotazioni della legge truffa renziana sono in crescita, almeno per quanto riguarda il pronunciamento della Corte Costituzionale. Tra gli eletti figura l’ultra maggioritarista Augusto Barbera (fino a due giorni fa sdegnosamente rifiutato da M5S), il centrista Giulio Prosperetti e Franco Modugno, proposto dai grillini.

Di quest’ultimo, che nella prima repubblica stava con il partito socialdemocratico, non risulta alcuna presa di posizione né contro l’Italicum né sulla contro-riforma costituzionale voluta dall’attuale governo a colpi di (risicatissima) maggioranza. E non è certamente un caso che Renzi, alla fine, abbia accettato di sostenerlo, a condizione che M5S votasse gli altri due candidati dell’area governativa, ed in particolare l’ultras delle sue controriforme, Augusto Barbera.  

In questo modo i Cinque Stelle, non solo si sono bevuti il Barbera, ma hanno anche contraddetto i voti dati prima delle ultime votazioni all’avvocato Felice Besostri, portabandiera dell’opposizione alla nuova legge elettorale.

Qual è dunque la ragione di tanta disinvoltura?

Ai Cinque Stelle non sfuggirà il prezzo politico di questa operazione, che consiste nell’aver servito su un vassoio d’argento una chiara vittoria politica a Renzi. Il Presidente del Consiglio può essere infatti più che soddisfatto, per almeno tre motivi: per aver posto fine allo stallo che durava da 31 votazioni; per aver dimostrato di essere il dominus indiscusso, andreottianamente capace di praticare la politica dei “due forni”; per avere ottenuto una composizione della Corte più favorevole, non solo sull’Italicum ma pure sul jobs act, come segnala un non disinteressato Sole 24 Ore.

In particolare non si sottovaluti un punto. L’incapacità di eleggere i tre giudici aveva il pregio di segnalare la gravità di una situazione determinata dal violentissimo attacco portato da Renzi alla Costituzione. Con la trentaduesima votazione Renzi è invece passato all’incasso, ripristinando una “normalità” formale tesa a mettere in ombra la portata della sua operazione antidemocratica.

I grillini obietteranno senz’altro che se non l’avessero fatto loro, di certo Renzi un accordo lo avrebbe sottoscritto con i berluscones. Ma, a parte il fatto che fino ad oggi questa operazione era sistematicamente fallita, perché non lasciare agli altri l’onta dell’inciucio? Così fa, di solito, un’opposizione determinata a mettere in difficoltà l’avversario. Ma così non è stato.

Sia chiaro, la nostra critica è diversa da quella che ad M5S viene rivolta dalla nuova barchetta salva-poltrone dei sinistrati. «Prendono il posto di Forza Italia al banchetto della lottizzazione», ha dichiarato Alfredo D’Attorre di Sinistra Italiana. Un’accusa davvero fuori bersaglio, dato che è il quorum stesso, previsto per l’elezione dei giudici costituzionali, che impone (e giustamente) un largo accordo parlamentare. Il problema non è dunque la “lottizzazione”, quanto invece l’equilibrio politico raggiunto. Un “equilibrio” chiaramente favorevole a Renzi, con “il risultato di aver squilibrato il Collegio“, come ha detto lo stesso avvocato Besostri.

Il giudizio ha dunque da essere nel merito. E nel merito occorre essere fermi ed impietosi nel denunciare una scelta gravissima, un regalo a Renzi, un indebolimento obiettivo della grande battaglia contro lo stravolgimento della Costituzione repubblicana. Un atto di cui il gruppo dirigente di M5S – manifesto od occulto che sia – porta per intero la responsabilità.

Ma – torniamo alla domanda – perché lo hanno fatto?

La disamina dei pro e dei contro porta ad un’unica soluzione: i vertici di M5S si sono convinti (sondaggi alla mano) che l’Italicum potrebbe regalargli la vittoria alle prossime elezioni politiche. Si passa dunque allegramente sopra ad un ogni questione di principio – democratica e costituzionale – pur di salvaguardare di nascosto (ma neppure troppo) una legge che nell’immediato li potrebbe favorire.

Lasciamo ora da parte gli aspetti etici di questa scelta, e così pure le conseguenze politiche di lungo periodo. Concentriamoci invece su quanto sia fondata questa idea apparentemente così furba.

Ma secondo voi i sondaggi degli ultimi mesi, tutti tesi a dimostrare che il ballottaggio potrebbe essere favorevole ad M5S, sono davvero attendibili? Tutta roba immacolata e scientificamente valida?

Ne siamo sicuri? E se invece fosse un abile trucco per manipolare l’opinione pubblica e favorire alcuni processi politici? Chi scrive è fortemente convinto che le cose stiano così. La cornice creata dai sondaggi determina infatti due spinte: una alla passività di M5S, l’altra alla riorganizzazione della destra.

La passività di M5S sta nel fatto di pensarsi autosufficienti, quando invece l’insufficienza non risiede solo nell’assenza di alleanze, quanto in un programma del tutto inadeguato rispetto ai nodi della crisi economica e dell’Europa. Ed è ovvio che l’illusione di poter essere vincenti così come si è, rappresenta un freno allo sviluppo di una credibile strategia politica. Volete un esempio? La scelta di non pronunciarsi sulle scelte di politica estera dopo i fatti di Parigi, dato che (è stato apertamente  teorizzato) qualunque posizione avrebbe comportato una perdita di consensi…

La riorganizzazione della destra ha invece bisogno di tempo. Alcuni passi sono stati fatti, con il sostanziale ritorno all’ovile di un sia pur rafforzato Salvini. Altri – ancor più decisivi, a partire dalla scelta del candidato premier – verranno di certo compiuti. Certo lo stato attuale della destra è quanto mai critico, ma gli avversari (Pd e M5S) sono forse delle corazzate? Ha poco senso dunque considerare la destra divisa come si presenta oggi, perché se l’Italicum non salterà avremo di certo in campo un Listone capace di raggrupparla. I sondaggi, quelli veri, andranno fatti a quel punto e solo quando sarà nota la scelta del candidato.

Ma, vi chiederete, perché qualcuno vorrebbe favorire le due spinte di cui sopra? Semplice, per due motivi. In primo luogo per indebolire M5S, che ha certamente al suo interno un’anima anti-sistemica, e per tornare dunque (sia pure in forme nuove) al collaudato bipolarismo del periodo 1994-2013. In secondo luogo per favorire il Pd, che avrebbe tutto da guadagnare da un ballottaggio con la destra.

Ovviamente non tutte le ciambelle riescono con il buco, ed in teoria questo potrebbe accadere anche con l’Italicum. Potrebbe, ma quante sono le probabilità? Al sottoscritto sembrano davvero poche, direi tendenti a zero. La Francia, dove i partiti sistemici vengono sistematicamente favoriti al ballottaggio dovrebbe insegnare qualcosa. Ma, si dirà, la Francia non è l’Italia, e soprattutto M5S non è il Front National, dunque il cosiddetto “allarme repubblicano” non scatterebbe come avviene regolarmente oltralpe. Vero, ma vi dicono niente le europee del 2014, quando l’allarme M5S portò il Pd al 40,8%?

In ogni caso qui c’è un’altra questione. Ed è che al ballottaggio bisogna comunque arrivarci, ed è ben difficile che ciò avvenga per le ragioni anzidette. Tantomeno ci si arriverà pensando di non dover compiere un salto di qualità  politico, programmatico e d’immagine.

Ecco perché la scelta sulla Corte Costituzionale appare non solo grave nel merito, non solo un aiutone insperato ad un Renzi in difficoltà su tanti fronti. Essa appare anche come una fesseria, come il frutto di un’illusione indotta da un sistema mediatico (di cui le società demoscopiche fanno parte a pieno titolo) tutt’altro che innocente. Un sistema da tempo all’opera (vedi l’operazione che vorrebbe il benpensante Di Maio come candidato premier) per addomesticare M5S, per irretirlo dentro i criteri delle compatibilità sistemiche.

Si tratta naturalmente di un processo non indolore. La rivolta di un parte degli attivisti (vedi, ad esempio, questo articolo di Repubblica), nonché l’aperta opposizione di 23 parlamentari al voto sui giudici costituzionali, non sono che la punta di un iceberg che potrebbe rivelarsi ben più consistente. Così almeno ci auguriamo.  

La scelta operata l’altro ieri rappresenta comunque una svolta, un cedimento inaudito nel corso di una battaglia decisiva come quella che ci condurrà al referendum costituzionale previsto per il prossimo autunno. Un cedimento tra l’altro figlio di una stupida illusione elettorale.

E’ quest’ultima una valutazione sbagliata? Non credo, ma consiglierei comunque di riparlarne dopo le elezioni amministrative di primavera. Vedrete che allora le idee cominceranno a chiarirsi.