Che la decapitazione dello sceicco sciita Nimr al Nimr avrebbe avuto conseguenze pesanti nei rapporti tra Arabia Saudita ed Iran era una previsione fin troppo facile. Chiara la volontà saudita di accendere un altro fuoco per far saltare gli attuali rapporti tra Teheran e Washington. Da questo punto di vista, la mossa di Riyadh ricorda quella dell’abbattimento dell’aereo russo da parte turca. Identico l’obiettivo: spingere Obama ad un rapido riallineamento con i tradizionali alleati. Ad Erdogan, almeno formalmente, la mossa è parzialmente riuscita. Vedremo se riuscirà ai sauditi. (nella foto il ministro degli esteri saudita al Jubeir)
Di seguito un articolo di Michele Giorgio sull’escalation nella crisi tra Iran ed Arabia Saudita.
Riyadh interrompe relazioni diplomatiche con Tehran, scontro più vicino
di Michele Giorgio
Alle proteste dell’Iran per l’esecuzione dello sceicco al Nimr, il ministro degli esteri saudita Adel al-Jubeir ha replicato annunciando in televisione la rottura delle relazioni diplomatiche.
L’inizio di un conflitto armato tra Arabia saudita e l’Iran, del quale si parla da anni, non è mai stato così vicino come in questi giorni. Se decapitando, la scorsa settimana, il leader sciita Nimr al Nimr (assieme ad altre 46 persone) Riyadh voleva provocare Tehran, rimettere in discussione gli assetti regionali emersi dopo l’accordo della scorsa estate sul nucleare tra Occidente e Iran, coprire il parziale fallimento della sua offensiva militare in Yemen e impedire un accordo sulla Siria, allora ha raggiunto, almeno in parte, il suo scopo. Gli ultimi sviluppi sono drammatici.
L’Arabia saudita ha deciso di interrompere le relazioni diplomatiche con l’Iran, in apparente risposta all’assalto dei manifestanti iraniani alla sua ambasciata a Tehran. L’Iran ha replicato con fermezza definendo l’esecuzione di al Nimr un “errore strategico” di Riyadh. Il vice ministro degli esteri Hossein Amir Abdollahian ha anche accusato l’Arabia Saudita di promuovere il terrorismo e l’estremismo in Medio Oriente.
I suoi commenti, di fatto avvertimenti, sono stati trasmessi con grande evidenza dalla televisione di Stato iraniana. Poche ore prima era stata la guida suprema iraniana Ali Khamenei a pronunciare le parole più forti: “la vendetta di Dio si abbatterà sui politici sauditi”. “Dio onnipotente non rimarrà indifferente – ha ammonito sul suo sito Khamenei – al sangue innocente, e questo sangue sparso in modo ingiusto li affliggerà rapidamente (i nuovi governanti di Riyadh, guidati da re Salman, ndr)”. Khamenei ha anche messo sullo stesso piano il regno saudita e l’Isis.
Parole alle quali il ministro degli esteri saudita Adel al-Jubeir, uno dei falchi del regno dei Saud, ha replicato annunciando in televisione la rottura delle relazioni diplomatiche con Teheran, lasciando 48 ore di tempo ai diplomatici iraniani espulsi per lasciare il paese.
Lo scontro tra musulmani sunniti e sciiti, già lacerante e sanguinoso in questi ultimi anni, ha raggiunto un altro pericoloso picco. Nella regione, dal Bahrain a alla città sciita di Qatif in Arabia saudita, si ripetono le manifestazioni di protesta per la decapitazione di al Nimr. Gli studenti iraniani e i volontati basiji, protagonisti dell’assalto all’ambasciata saudita, sfidano il divieto di tornare di fronte alla sede diplomatica di Riyadh nonostante i circa 50 arresti annunciati dalla magistratura. Altre proteste si sono ripetute ieri nello stesso luogo e a Filastin Square, nel centro di Tehran. I Pasdaran, le Guardie della rivoluzione iraniana, insistono sulle responsabilità del wahabismo e salafismo sunnita di marca saudita nel generare i mostri del terrorismo e dell’Isis.
Riyadh a sua volta accusa l’Iran di sponsorizzare il terrorismo ma più di tutto guarda all’aiuto dell’alleato americano. Barack Obama che ha voluto l’accordo sul nucleare e nuove pacifiche relazioni con Tehran è chiamato dai sauditi a prendere posizione contro l’Iran, con il rischio di mandare a monte i nuovi assetti regionali emersi in questi ultimi mesi e una possibile intesa con la Russia sul futuro della Siria. Pesano su Washington anche le vendite di armi annuali per decine di miliardi di dollari ai sauditi e agli altri ricchi petromonarchi del Golfo.
Sullo sfondo c’è il silenzio di Israele che mantiene una posizione di basso profilo ma che guarda con interesse alla possibilità che la grave crisi tra Iran e Arabia saudita faccia saltare l’accordo sul nucleare, sostenuto da Obama e per anni fortemente osteggiato ed ostacolato dal governo di Benyamin Netanyahu.
da Nena news