La tempesta finanziaria ed i nuovi diktat eurocratici: Renzi si piegherà al “partito tedesco”?

Dichiarazione del Consiglio nazionale di Programma 101


PRIMA CHE SIA TROPPO TARDI

Il 2016 è iniziato con una nuova tempesta sui mercati finanziari. Solo nelle borse europee, epicentro della tempesta, banche e grandi aziende hanno perso gran parte del loro valore — quelle italiane sono state quelle più colpite.

Chi comanda si sforza di tranquillizzarci, che si tratterebbe solo di un temporale passeggero. Mente! Questa bufera ne annuncia altre, che avranno effetti letali sull’economia italiana, già impantanata in una recessione distruttiva. Nuovi fallimenti a catena di aziende e banche, aumento della già endemica disoccupazione, impoverimento del popolo lavoratore, degrado sociale crescente, crescita della precarietà, definitivo sprofondamento del Mezzogiorno nel terzo mondo.

Ci sono dei un colpevoli di questo marasma? Siamo in tempo per uscirne?
Sì e Sì!

Responsabili di questo casino sono le classi dominanti le quali, invece di cambiare rotta dopo il crollo del 2008-09, hanno perseverato sulla strada del gioco d’azzardo con i titoli tossici, della speculazione sui debiti degli stati, della globalizzazione e dello smantellamento della sovranità popolari e statuali. Così, mentre i governi hanno perseverato sulla via delle privatizzazioni e dei tagli alla spesa ed agli investimenti pubblici, le banche centrali, hanno stampato a gogò carta moneta finita quasi tutta tra le mani dei biscazzieri miliardari della finanza, che con quei soldi hanno accresciuto il loro controllo su tutte le fonti della ricchezza.

Per evitare una nuova catastrofe economica occorre invertire la rotta e cambiare modello economico. Occorre abbandonare il neoliberismo e far sì che lo Stato, da strumento dell’ingorda mafia globalista, diventi un organo della sovranità popolare, primo garante del bene comune dei cittadini.

Siamo dentro una situazione d’emergenza assoluta che impone l’adozione di poche ma radicali misure economiche e sociali.
Quali?

– Il controllo pubblico del sistema bancario, a partire dalla Banca d’Italia;
– La nazionalizzazione dei settori strategici dell’economia;
– Un grande piano di investimenti pubblici volti a debellare la disoccupazione;
– Una moratoria sul debito pubblico per impedire lo scippo dei frutti del lavoro e dei risparmi degli italiani;
– Porre un freno alla fuga dei capitali, adottando misure a protezione dell’economia italiana.

Chi comanda risponde che questo significa l’uscita dall’Italia dall’Unione europea e l’abbandono della moneta unica. E’ vero, com’è vero che restando nella gabbia dell’Unione — che gli stessi “mercati” danno in via di dissoluzione — la morte del nostro Paese sarebbe inesorabile a tutto vantaggio del grande capitalismo tedesco che punta a impossessarsi dei beni e dei risparmi degli italiani — vedi la vicenda del bail-in bancario.

L’alternativa non è tra restare dentro o fuoriuscire: è solo tra un’uscita pilotata da Lorsignori, quindi funzionale ai loro interessi di bottega, o un’uscita guidata nell’interesse del popolo lavoratore.

Che l’Unione a trazione tedesca sia in via di disfacimento iniziano ad ammetterlo anche gli stessi oligarchi di Bruxelles e Francoforte, primi responsabili delle politiche austeritarie che hanno contribuito ad affossare il nostro Paese. Non abbiamo una lira di fiducia verso Matteo Renzi ed il suo governo sostenuto da una Parlamento illegittimo. Tuttavia, che egli contesti le decisioni eurocratiche, che dica che l’Italia non è un paese altrui vassallo, è un’altra prova che la gabbia unionista traballa.

I prossimi vertici europei del 18/19 febbraio e del 17/18 marzo ci diranno se Renzi fa sul serio o se piegherà il capo, adottando quindi nuove e crudeli misure austeritarie in nome del pareggio di bilancio, del fiscal compact e della salvezza dell’Unione.

La crisi dell’edificio eurocratico sta comunque arrivando alla sua fase conclusiva. Prima arriveremo a liberarcene e meglio sarà.

Sovranità nazionale! Potere popolare! Giustizia sociale!


da Programma 101 – Movimento di Liberazione Popolare