Ernesto Galli della Loggia è una delle firme più prestigiose del Corriere della Sera. Un liberale dalla coscienza perennemente infelice, per il quale non andava bene la “Prima Repubblica” e, Dio ce ne scampi, dalla “Seconda”. Di critiche ne ha avute infatti per tutti i capibastone politici e per tutti i governi, salvo, beninteso, quello di Mario Monti.

In questo il suo pontificale spirito critico è perfettamente allineato con quello della testata per cui è al servizio, il Corriere appunto, che assieme a La Repubblica di Scalfari rappresentano le punte di lancia degli euro-oltranzisti, ovvero del “partito tedesco”.

Orbene, per il “partito tedesco” è inammissibile che Renzi, oltre a “battere i pugni sul tavolo” abbia lanciato il guanto di sfida a Berlino, considerando la supremazia tedesca in seno all’Unione concausa della depressione nella quale si trova invischiata l’economia italiana. Una sfida quella di Renzi, che avviene certo in nome di “più Europa” — lo si vede dal cosiddetto “position paper“, diffuso ieri dal governo Renzi e indirizzata a Bruxelles e Berlino, che de facto derubrica il Fiscal compact, vicenda sulla quale torneremo —, ma pur sempre una sfida all’indiscussa egemonia tedesca.

E’  in questo contesto che va inquadrato l’editoriale di Galli della Loggia di domenica scorsa dal titolo davvero impegnativo: L’egemonia ha bisogno di un’idea. E’ necessario restarle fedeli. Della Loggia scrive di Renzi: «Al di là della “rottamazione”, il presidente del Consiglio non sembra riuscire ad essere protagonista di alcuna vera rottura. Il “renzismo” resterà al massimo una strategia di governo (e di sottogoverno) di successo per un Paese fermo». Una condanna dura, senza appello.

Sulla scia di questa critica frontale Galli della Loggia svolge quindi un ragionamento più profondo. Sentiamo:
«Magari oggi ci fosse in Italia chi si proponesse un disegno così ambizioso. Cioè di tentare di costruire un consenso di ampie dimensioni intorno a una visione per così dire alta e forte del futuro del Paese, essendo inoltre capace di mobilitare a tal fine le necessarie risorse culturali e intellettuali. Ripeto: magari! Una collettività, infatti, non può rinunciare per un tempo troppo lungo — come invece mi sembra stia facendo l’Italia — a guardare lontano, ad avere dei valori che la orientino nel suo cammino, ad avere un’idea di sé e del suo ruolo nel mondo. E la politica, dal canto suo, o è tutto questo, o è capace di essere il motore di tutto questo, o è routine, pura amministrazione. Il che forse potrà pure andare bene quando tutto va bene. No di certo, però, in tempi come quelli che viviamo. Non mi sembra tuttavia un’impresa affatto facile, per Renzi, consolidare ideologicamente la propria leadership o addirittura costruire un’egemonia culturale. Dirò di più: mi sembra un’impresa impossibile. Avere dei buoni propositi non basta, infatti. Non basta — come è sua abitudine — profondersi in esortazioni a base di “L’Italia è un grande Paese”, “Possiamo farcela”, “Non prendiamo lezioni da nessuno”. Non basta neppure avere delle idee, anche delle buone idee e magari arrivare perfino a realizzarne qualcuna. È necessario avere una idea: e mantenervisi fedele. Vale a dire avere un traguardo complessivo che faccia tutt’uno con un principio ispiratore di carattere generale. È necessario proporre al Paese non dirò un destino ma almeno una vocazione. Raffigurarsi per esso un percorso esemplare, e in funzione di questo essere capaci di animare le forze presenti ma nascoste, di indovinare quelle nuove da suscitare. Tutto questo dovrebbe oggi fare la politica in Italia per incarnare un progetto».

E quali sarebbero secondo Galli della Loggia il “principio ispiratore”, per “orientare il cammino dell’Italia” affinché abbia “un idea di sé e del suo ruolo nel mondo”. Quindi il “traguardo” ed addirittura il “destino”?

Il Nostro concepisce un solo traguardo, quello di fare dell’Unione europea un vero e proprio super-Stato, consegnando quindi gli ultimi brandelli di sovranità nazionale e popolare a poteri sovraordinanti e tecnocratici non solo allergici ma ostili ad ogni ordinamento democratico. Se c’è qui un “destino” per l’Italia è solo quello dell’oltrepassamento, della propria autodissoluzione, della propria morte come Nazione e come Stato.

Ma allora diciamolo: Della Loggia vorrebbe la botte piena e la moglie ubriaca, vorrebbe un Paese che abbia un ruolo nel mondo privandolo del suo essere Stato-nazione, vorrebbe un’Italia forte dileguata in un’Unione a supremazia tedesca. Una contraddizione in termini, un’assurdità logica prima ancora che politica.

Non che Renzi e la sua cricca non condividano questo “destino” infausto: ma mentre Renzi vuole che l’Italia sieda nella camera di regia, i Della Loggia ritengono questa pretesa una chimera e propongono di affidarsi supinamente a Berlino, accettando un’egemonia tedesca senza la quale tutta l’Unione crollerebbe.

A pensarci bene il Nostro ha ragione: la sola Unione europea possibile è quella ad egemonia tedesca, dove le altre nazioni diventino sue province.

Per questo il “partito tedesco” si configura come il nemico principale, che va combattuto e sconfitto.

I Renzi vanno e vengono, le smanie espansionistiche del grande capitalismo tedesco invece restano.