Brexit… e l’articolo 11

Gli europeisti sembrano molto contenti del fatto che si sia raggiunto un accordo tra il governo britannico e l’UE e che, sulla base di questo accordo, sembri al momento nei sondaggi che vincerebbe l’opzione della permanenza nell’UE nel referendum sull’ipotesi Brexit.

Parlo soprattutto dei cosmonauti (*) di Sinistra Italiana. [*il riferimento non è al tempo in cui, da bambini, a seconda delle idee delle famiglie di provenienza ci dividevamo tra quelli che volevano diventare astronauti e quelli che volevano diventare cosmonauti e, a ben vedere, nemmeno all’assemblea appena conclusa denominata “Cosmopolitica” che dovrebbe essere preludio alla costituzione del nuovo partito di sinistra. Il riferimento è piuttosto volto al fatto che, dai ragionamenti che fanno, è lecito dubitare che i sinistrati italiani vivano effettivamente sul pianeta Terra]

Mi domando però perché, in queste valutazioni, gli europeisti omettano di ricordare che:

1) Cameron aveva un potere contrattuale perché non aderendo all’euro non potevano minacciarlo di alcunché.

2) Se anche al referendum dovesse vincere l’opzione in favore della permanenza nella UE resterebbe ugualmente il precedente del referendum per prendere una simile decisione. Ammesso che questa sia una vittoria per gli europeisti, non è più che una mezza vittoria.

3) Tutte le clausole contrattate da Cameron, che già  si aggiungono all’opt-out sulla moneta unica, disarmano il referendum proprio perché, di fatto, il Regno Unito è già  a tutti gli effetti fuori.

4) L’unica cosa che interessa al governo conservatore britannico, il governo della City, è la mobilità dei capitali, e in effetti l’accordo siglato è un cavallo di Troia del TTIP proprio su questo fronte. Tutto si può mettere in discussione ma non l’integrazione dei mercati dei capitali.
Che da “sinistra” si possa esserne contenti dimostra soltanto in che baratro sia sprofondata la sinistra nostrana. Baratro d’idiozia, s’intende. Anche perché, sia detto per inciso, sarebbe il caso di ricordare che Corbyn non sembra, invece, troppo contento dei contenuti dell’accordo nonostante continui molto timidamente a sostenere le ragione della permanenza del Regno Unito nell’UE.

5) Il Regno Unito dai tempi della Tatcher ha liquidato il manifatturiero e nel poco che gliene resta, spesso, fanno lavorare a basso costo operai stranieri. Adesso è stato negoziato il fatto che i lavoratori originari di paesi appartenenti all’UE che vanno a lavorare nel Regno Unito, per 7 anni non hanno gli stessi diritti dei locali.

Il che dimostra:

5.a) che l’UE esiste soltanto per garantire la mobilità dei capitali, e danneggiare i lavoratori nei loro diritti fondamentali;
5.b) che l’accordo UE/UK è anche un chiodo sul coperchio della bara del trattato di Schengen, vedi alla voce mobilità delle persone.

Insomma, per fare in modo che il referendum dia la vittoria alla permanenza nell’UE, gli accordi pre-referendum tra UE e Regno Unito sanciscono che l’UE come prospettiva di integrazione politica è finita e seppellita.

Restano sul tavolo soltanto integrazioni bancarie e di mercato, rispetto alle quali l’unico modo per negoziare senza essere schiacciati dal governo tedesco è essere almeno fuori dall’euro. Difficile immaginare, dal punto di vista europeista, qualcosa che somigli di più alla proverbiale vittoria di Pirro.

D’altra parte è evidente che di fronte ad uno scenario di frammentazione già in atto l’unica preoccupazione degli europeisti è prendere tempo rispetto alla creazione di precedenti politici e giuridici.

Con questo accordo non si elimina il precedente del referendum sull’eventuale fuoriuscita ma, forse, si pospone il concreto precedente politico/giuridico di una effettiva fuoriuscita e del concreto ricorso al famigerato articolo n°50 del Trattato sull’Unione Europea.

C’è però un problema di consequenzialità logica rispetto al quale vorrei capire come pensino di cavarsela gli europeisti.

L’articolo 11 della Costituzione recita:
L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.

Intanto andrebbe ricordata, in particolar modo alla Presidente Boldrini, la differenza tra limitazione e cessione. In secondo luogo l’accordo UE/UK appena raggiunto formalizza un nuovo assetto per la UE; un assetto entro il quale determinati paesi cedono sovranità, la Germania estende su di essi la propria sovranità per tramite dell’UE, alla Francia è permesso raccogliere le briciole che cadono dal piatto tedesco, e al Regno Unito è concesso chiamarsene fuori purché, solo formalmente, risulti che siano ancora dentro.

E’ palese l’assoluta asimmetricità di questi rapporti politici concernenti la gestione delle reciproche sovranità nazionali.

Come si coniuga questa, ormai anche formalmente riconosciuta, asimmetricità, col principio costituzionale della parità  di condizioni, nel caso in cui si stipulino accordi internazionali con altri paesi che comportino bilaterali limitazioni di sovranità?

Sorvoliamo per carità di Patria sul già  citato fatto che la Costituzione parli di limitazioni e non di cessioni, e che l’ambito nel quale si contempla la possibilità di limitare la sovranità, su basi di parità, possa essere finalizzato esclusivamente al mantenimento della pace (il riferimento implicito era all’ONU, non all’UE) e non alla salvezza della moneta unica.

da Programma 101