Un nuovo schiaffo all’Unione Europea: il 61,1% degli olandesi ha detto NO all’accordo di associazione tra Ue ed Ucraina

Una sconfitta per Bruxelles, ma anche per i fascisti di Kiev. Un risultato che piacerà a Mosca e nelle repubbliche popolari del Donbass. Ma soprattutto il miglior viatico per il Brexit. Ancora una volta, quando i popoli possono in qualche modo pronunciarsi, il loro NO all’Europa arriva forte e chiaro.

Di seguito il commento a caldo di Michele Pignatelli sul Sole 24 Ore

L’Olanda boccia l’accordo Ue-Ucraina: vincono i no con il 61 per cento

di Michele Pignatelli

Dall’Olanda è arrivato uno schiaffo all’Europa che spaventa Bruxelles a due mesi e mezzo dal voto britannico su Brexit. Il referendum sull’accordo di associazione tra Unione europea e Ucraina, approvato nel 2014 dall’Europarlamento e già in vigore in via provvisoria dal 1° gennaio, ha visto infatti un’ampia vittoria del “no”: 64%?contro il 36% dei voti secondo gli exit poll di Ipsos, 62 a 38 secondo le proiezioni della tarda serata, con il 60% dei voti scrutinati. Sono state proprio le proiezioni a sciogliere il vero interrogativo:?quello sul raggiungimento del quorum del 30%, superato di misura (32% secondo gli ultimi dati disponibili).

Si trattava di un discrimine non irrilevante. Sebbene infatti il referendum avesse solo valore consultivo e il quesito riguardasse teoricamente soltanto l’intesa tra Kiev e la Ue, solo una vittoria del “no” in una consultazione valida avrebbe potuto essere interpretato come un chiaro voto contro l’Europa, sebbene meno dirompente del “no” alla costituzione europea che l’Olanda pronunciò nel 2005.

Il “no” ha poi il sapore innegabile di una vittoria per la Russia di Putin – da sempre contraria a quell’accordo, casus belli della crisi ucraina – e di una sconfitta per l’Ucraina stessa, alla cui fragile economia l’intesa sta cominciando a dare una boccata d’ossigeno.

Un passo indietro si impone. Una legge olandese in vigore dall’anno scorso consente di sottoporre al voto popolare (sospensivo e non vincolante) normative o provvedimenti quando a chiederlo sono almeno 300mila cittadini. In questo caso le firme raccolte sono state circa 450mila e i promotori sono stati i gruppi euroscettici che hanno saputo trasformare un accordo prima di tutto commerciale, che crea una zona di libero scambio con l’Ucraina e rafforza i legami politici con l’Unione europea, in un’intesa che apre la via all’ingresso di Kiev nella Ue, simbolo di un’Europa che impone in modo non democratico le sue scelte ai cittadini. Emblematiche le dichiarazioni della vigilia del leader euroscettico e anti-islamico, Geert Wilders, che – oltre a cavalcare lo spauracchio di Kiev nella Ue e la minaccia di un’invasione di migranti ucraini- ha definito la consultazione «anche un voto per dire se vogliamo più o meno Europa».

Il Governo di coalizione liberal-laburista ha contestato questa interpretazione, con il premier Mark Rutte che ha spiegato come il referendum non riguardasse «l’ingresso di Kiev nella Ue» e neppure questioni come «una difesa comune, una nuova moneta o la libertà di circolazione dei lavoratori». Pur senza prendere posizione esplicita sul quesito, l’Esecutivo si era però impegnato a tener conto di un’eventuale ampia vittoria del “no”. Le ragioni sono facilmente intuibili: con una maggioranza di appena 76 voti su 150 alla Camera, il Partito della libertà di Wilders ampiamente in testa nei sondaggi e le elezioni politiche in programma tra meno di un anno, non si può permettere di voltare le spalle agli elettori. E infatti Rutte ha ripetuto che, in presenza di un “no” valido, il governo riconsidererà la ratifica del trattato.

L’Olanda, come gli altri 27 Stati Ue, ha già approvato l’accordo Ue-Ucraina, ma la ratifica finale è stata sospesa nel momento in cui è stato convocato il referendum; l’Aja potrebbe perciò a questo punto chiedere di ridiscutere alcune clausole, soprattutto quelle di carattere politico, anche se difficilmente l’intero impianto del trattato, negoziato e approvato a livello comunitario, potrà cambiare.

Dal voto esce però chiaramente sconfitta l’Unione europea, che già aspetta con il fiato sospeso il referendum su Brexit del 23 giugno prossimo. E che vede con preoccupazione un precedente in materia di accordi internazionali che rischia di mettere in discussione l’intero sistema decisionale Ue.