Brexit: il soccorso di Corbyn ad un Cameron in difficoltà

La notizia è vecchia di qualche giorno, ma merita comunque un commento.
Dopo la City, le grandi banche d’affari, la confindustria europea ed il G20, è arrivato lui: Jeremy Corbyn. Il suo no alla Brexit non è una novità, i toni usati invece sì.

L’europeismo d’antan ormai non funziona più neppure sul continente, figuriamoci oltre-Manica. In mancanza di argomenti convincenti, i grandi poteri oligarchici ricorrono perciò alla paura. E’ in questo clima che il leader laburista ha voluto portare il suo contributo al terrorismo psicologico delle classi dominanti.

Lo ha fatto in maniera davvero patetica. Questa la sua affermazione centrale: «Se il Regno Unito lascerà l’Unione europea assisteremo all’ultimo falò dei diritti dei lavoratori». Ecco, mentre lorsignori sono solo preoccupati del futuro della finanza, costui va a dargli una mano cercando di spacciare una merce da tempo scaduta, quella di un’inesistente “Europa sociale”.

Speculatori ed operai uniti nella lotta? Che sia questa la formula vincente per tenere il Regno Unito nel paradiso terrestre del liberismo realizzato chiamato UE? Vedremo. Quel che è certa è la gravità delle affermazioni di Corbyn. Forse che ai lavoratori britannici sono arrivati nuovi diritti dall’Europa? E quali sarebbero, di grazia? La verità è che i diritti che ancora resistono sono – su entrambi i lati della Manica – il lascito di grandi lotte popolari, tutte avvenute nel quadro dei pre-esistenti stati nazionali.

Che il leader laburista si riferisca allora ai diritti dei lavoratori europei migrati in Gran Bretagna? Sembrerebbe escluso, a meno di non voler prendere in giro anche questi ultimi. I loro diritti (a partire da quelli previdenziali) sono stati infatti messi in gioco proprio dall’accordo europeo del febbraio scorso, quello che dà a Cameron ed ai sostenitori della permanenza nell’Unione – e dunque anche a Corbyn – qualche possibilità di vittoria.

Per fortuna non tutti la pensano come il leader laburista.  Così si è espressa – in un appello pubblicato anche su questo sito – la sinistra britannica per l’uscita dall’UE:
«La UE è irreversibilmente impegnata nelle privatizzazioni, nei tagli al welfare, nei salari bassi e nell’erosione dei diritti sindacali. Questo è il motivo per cui le forze dominanti del capitalismo britannico e la maggior parte della classe politica sono a favore di restare nella UE. La UE è irrevocabilmente impegnata nel TTIP ed in nuovi accordi commerciali che rappresentano il più grande trasferimento del potere al capitale che si siano mai visti».

Certo, la posizione europeista del Labour Party non è una novità, ma tutti i commentatori sono rimasti sorpresi dai toni usati dal suo leader. Per dire che una parte dei sostenitori dell’uscita dall’Unione sono più liberisti della stessa UE, era forse necessario dipingere quest’ultima come l’Eden dei diritti dei lavoratori? Evidentemente no, ma Corbyn lo ha fatto per accreditarsi verso gli attuali padrone del vapore come più affidabile dello stesso Cameron. Il quale, in evidente difficoltà dopo la scandalo dei Panama Papers, sarà tuttavia il principale beneficiario del soccorso rosa pallido del leader laburista.

E qui bisogna spendere qualche parola sul nuovo idolo dei sinistrati europei. Certo, Corbyn ha un programma che possiamo definire socialdemocratico, e questo lo allontana assai dalla storia degli ultimi decenni del Labour, a tutti gli effetti una forza che non solo ha fatto proprie, ma ha spesso promosso direttamente (specie nell’era Blair) le politiche neoliberiste. Ma se la crisi ha spinto a sinistra il Labour Party – e questo è comunque un positivo segno di crisi del neoliberismo -, non possiamo certo scordarci che Corbyn (che siede alla Camera dei Comuni dal 1983) era un deputato, sia pure dissidente, anche durante lo sciagurato periodo del premierato del guerrafondaio laburista Tony Blair.

In ogni caso il suo ruolo oggi, in vista del referendum sulla Brexit del 23 giugno, è semplicemente vergognoso. Ancora una volta, quando lo scontro si fa decisivo, gli esponenti della cosiddetta “sinistra europea” stanno dall’altra parte, quella delle banche, della Borsa, delle oligarchie finanziarie. Queste ultime ringraziano sentitamente, ma in fondo lo sanno: un utile Jeremy lo si trova sempre, anche se non è detto che possa sempre bastare…