La benedizione di Bergoglio alla cupola eurista

Abbiamo avuto modo, su questo blog, di apprezzare le critiche che a più riprese Papa Francesco ha rivolto contro le profonde ingiustizie sociali (“questa economia uccide”) causate dalla globalizzazione e dal capitalismo-casinò — certo senza giungere agli sbrodolamenti recenti di un certo Fausto Bertinotti.

Una censura merita invece il discorso svolto da Bergoglio il 6 maggio scorso in Vaticano davanti a tutto il Gotha dei furfanti che dominano l’Unione europea.

L’occasione era tutto un programma: il conferimento da parte della cupola eurista del premio Carlo Magno — il tiranno franco che su fiumi di sangue, anzitutto a spese dei sassoni, che furono cristianizzati a fil di spada, e sulle ceneri del regno italico dei longobardi, costituì il Sacro Romano Impero (o carolingio), incoronato come “imperatore dei romani” da Papa Leone III la notte di Natale dell’800.

Il riferimento alla fondazione del Sacro Romano Impero non è affatto casuale. Al contrario l’evento in questione ha un altissimo valore simbolico, sia per chi ha offerto il premio, sia per chi l’ha ricevuto. Esprime il connubio tra i due massimi poteri europei contemporanei, quello secolare eurocratico e quello spirituale della Chiesa cattolica, come pure il bisogno reciproco di entrambi di legittimarsi segnalando le origini storiche del connubio medesimo.

Ma cosa esattamente ha detto Papa Bergoglio, a nome della chiesa cattolica alla casta non meno clericale che siede sui principali troni europei?

Dopo avere sottolineato con enfasi la difesa delle tradizioni “dei nostri antenati”, ha affermato che occorre “ispirarsi al passato per affrontare con coraggio il complesso quadro multipolare dei nostri giorni accettando con determinazione la sfida di aggiornare l’idea di Europa”. Quindi la perorazione di un “nuovo umanesimo”, il tutto nella cornice di un dialogo aperto, per “strategie non di esclusione ma di integrazione”. “Non risolve niente un muro, dobbiamo fare ponti”.  Viva allora “l’Europa madre di popoli e nazioni, paladina dei diritti dell’uomo”. Dulcis in fundo: “La Ue è diventata lodevolmente più ampia ma non deve allontanarsi dal progetto architettato dai padri, pena la sua fine”.

Sorvoliamo sulle aporie insite nella consunta melassa immigrazionista, sul fatto che la cosiddetta “accoglienza”, nelle condizioni storiche e sociali date, quelle dettate dalla globalizzazione imperialista, è la foglia di fico ideologica per giustificare non solo una deportazione in massa neo-colonialista ma una brutale e sistematica creazione di una classe di paria e di emarginati sociali —integrazione fa rima con esclusione.

Qui segnaliamo la sfrontata riconferma dell’appoggio incondizionato da parte della Chiesa cattolica al disegno neo-imperiale europeo, e ciò malgrado le élite eurocratiche abbiano respinto al tempo tutti i richiami ecclesiastici a inscrivere i “valori cristiani” come fondanti l’Unione.

Che la Chiesa cattolica non abbia mai avuto alcuna simpatia per gli stati nazionali europei sorti sulle spoglie degli imperi è cosa nota. Gli italiani ne sanno qualcosa, dal momento che Roma papalina, pur di impedire a chiunque di sfidare la sua egemonia sulla Penisola, a più riprese —appunto iniziando con l’appoggio a Carlo Magno contro i longobardi (773) — invocò l’intervento di potenze straniere. La Chiesa cattolica pretende di essere spiritualmente “universale”, storicamente ciò l’ha sempre spinta a sostenere le prigioni dei popoli  chiamate imperi, a patto che avessero una parvenza di “cristianità”, ovvero che riconoscessero non solo l’autorità di Roma sulla anime, ma quella politica sulla sventurata Italia.

I tempi sono cambiati. Tutto indica che la Chiesa cattolica, malgrado la sua imponenza, sia un organismo morente, con un vitale bisogno, per sopravvivere, dell’appoggio dei poteri secolari ed oggi questi poteri non sono più nazionali, ma sovranazionali. E tra questi la Curia guarda anzitutto agli organismi oligarchici europei.

E siccome anche le fondamenta su cui poggiano queste oligarchie euriste vacillano, ecco spiegato perché queste ultime abbiano a loro volta bisogno dell’endorsement papalino. Due potenze zoppicanti che sono costrette, forse anche obtorto collo, a sorreggersi a vicenda per allontanare quanto possibile il momento della caduta.

Insomma: Papa Bergoglio predica bene (contro le ingiustizie e le diseguaglianze indotte dalla globalizzazione e dal capitalismo-casinò) ma razzola male, anzi malissimo, visto che l’Unione europea che sostiene e che vuole anzi rafforzare, è per sua stessa natura, uno dei pilastri del sistema di oppressione capitalista che a parole condanna.

La storia ci ha abituati a vedere come la Chiesa sia stata capace di galleggiare sulle catastrofi, di attraversare i diversi sistemi sociali, di sopravvivere al crollo degli imperi. Se vorrà sopravvivere anche alla fine della Ue, prima o poi, dovrà svincolarsi dall’abbraccio mortifero degli euro-oligarchi.

Non sembra sarà Bergoglio ma, come si dice, morto un Papa se ne fa un altro….

 

da sollevAzione