Come volevasi dimostrare.
L’annunciata avanzata di Casa Pound a Roma (loro piazzaforte storica) non c’è stata. Non paga, malgrado le conseguenze disastrose dell’immigrazione incontrollata — che si scarica anzitutto sulle zone popolari e periferiche della città — l’ossessione xenofoba e razzista. Ne è una prova anche il flop della lista della Lega Nord.
Vero è che la lista di Casa Pound, ottenendo l’1.18% ha raddoppiato i voti rispetto al 2013 (0.56%).
Gianluca Iannone può quindi consolarsi: «Un deciso passo avanti rispetto alle ultime amministrative, un risultato che ci spinge a proseguire con determinazione sulla strada intrapresa, quella della difesa della nostra Nazione e delle nostre città metro dopo metro: il movimento cresce, si radicalizza e avanza a testa alta».
Simone di Stefano decisamente meno, visto che la lista ha ottenuto più voti di quelli alla sua persona (1.14% ), a dimostrazione di quanto scrivevo, (1) che la sua figura di squadrista invece di portare consensi li fa perdere e (2) che il tentativo grottesco, cosmetico, di mascherarsi in giacca e cravatta a poco è servito. Una delusione che Di Stefano non nasconde: «Certamente ci aspettavamo di più, puntavamo ad entrare in consiglio. Ci rimettiamo al lavoro sin da oggi per costruire un soggetto politico in grado di puntare al 3% nazionale». E quindi giù con la xenofobia mono-maniacale, la minaccia rivolta a chiunque governerà Roma che non saranno tollerati nuovi centri di accoglienza.
Iannone sottolineando i risultati più cospicui — tra il 2 ed il 3% — nei municipi XV, X, IV e Nuova Ostia, ovvero in alcune periferie della capitale, dichiara: «Ma se per noi non ci sono sconti è altrettanto vero che siamo saldamente avviati sulla strada della vittoria e che nessuno ci distoglierà da questo obiettivo».
Un trionfalismo eccessivo se si considera che proprio nei municipi in questione, in genere nelle periferie più degradate, al netto della massiccia astensione, il voto di protesta non è stato intercettato da CP ma si è indirizzato sul Movimento 5 Stelle, attestatosi dappertutto sopra il 30% — mentre il PD conosce i risultati migliori proprio nelle zone bene della città: Parioli e Centro storico.
Quindi si deve prendere Casa Pound sotto gamba? Per niente.
Vogliamo solo segnalare che non solo a Roma ma in genere nel Paese l’indignazione sociale e la rabbia popolare e proletaria premiano oggi il M5S — sorprendente il dato di Torino, dove M5S sfonda e stravince nei quartieri tradizionali roccaforti della sinistra: Mirafiori, Barriera Milano, Vallette. Alle Vallette, quartiere proletario per eccellenza, i Cinque Stelle addirittura vincono.
Un movimento, M5S, altamente contraddittorio, composto da una miscela instabile, ma il cui tratto prevalente, al di là del discorso “non siamo né di destra né di sinistra”, è democratico, popolare se non addirittura proletario e, per usare un aggettivo abusato, “progressista”.
Quanto durerà questa fase segnata dalla capacità di M5S di rappresentare la crescente indignazione sociale e politica contro chi comanda? Non lo sappiamo.
Di sicuro non molto a lungo. Questa fase sarà tanto più breve quanto più M5S avrà responsabilità di governo.
L’eventuale delusione per gli scarsi o nulli risultati del loro governo, stante il carattere strutturale della crisi sociale, spingerà chi sta in basso a cercare altre sponde politiche. L’avanzata di M5S esprime una tendenza alla polarizzazione politica che si accentuerà e che precede quella sociale.
Per le forze anti-sistemiche, oggi minoritarie, il momento non è ancora giunto. Verrà dopo che l’esperienza del Movimento 5 Stelle avrà fatto il suo corso. E’ nella prossima fase, eventualmente, che Casa Pound potrà aprirsi una breccia.
A quel punto c’è da sperare che le forze rivoluzionarie saranno pronte a giocare la partita.