Il sostegno al «peccatore segretamente maledetto» di Zizek e l’inno al masochismo dell’ex ministro greco
Da tenere bene a mente. Due delle icone di una certa sinistra europea – il filosofo sloveno Slavoj Zizek e l’economista greco Yanis Varoufakis – se fossero inglesi farebbero la croce sul Remain per tenere la Gran Bretagna nell’Unione Europea.
Ora direte, e dov’è la notizia? Giusta obiezione, la cosa in se non stupisce affatto. Colpiscono però gli argomenti utilizzati dai due. La loro difficoltà è infatti evidente. D’altronde, dovendo difendere un mostro, non gli è rimasta altra scelta se non quella di intraprendere la più classica arrampicata sugli specchi. Con tutte le conseguenze del caso…
Gli interventi di Zizek e Varoufakis sono stati ospitati nei giorni scorsi sulle pagine del Guardian, che ha chiesto a diversi intellettuali europei di esprimersi sul referendum del prossimo 23 giugno.
Zizek la prende alla larga. Gironzola un po’ intorno alla cosa, ma poi getta la maschera:
«Dal punto di vista di sinistra, ci sono alcune buone ragioni per sostenere la Brexit: un forte Stato nazionale esentato dal controllo dei tecnocrati di Bruxelles in grado di proteggere lo stato sociale e contrastare la politica di austerità. Tuttavia, sono preoccupato per il background ideologico e politico di questa opzione. Dalla Grecia alla Francia, una nuova tendenza sta sorgendo in quel che resta della “sinistra radicale”: la riscoperta del nazionalismo. Tutto ad un tratto, l’universalismo è fuori, respinto come una controparte politica e culturale senza vita del capitale globale “senza radici”».
Ecco: il “nazionalismo”! Chissà perché facciano così paura quello francese, inglese, italiano, greco, portoghese, eccetera, ed invece nulla ci sia da ridire su quello grande-europeo a egemonia tedesca… D’altronde, si sa, spesso le vie dell’opportunismo sono lastricate di grandi ideali… Ecco, infatti, la conclusione del Nostro:
«Resto convinto che la nostra unica speranza è quella di agire a livello trans-nazionale – solo in questo modo abbiamo avuto una possibilità di limitare il capitalismo globale. Lo stato-nazione non è lo strumento giusto per affrontare la crisi dei rifugiati, il riscaldamento globale, e altre questioni veramente pressanti. Così, invece di opporsi agli eurocrati per conto degli interessi nazionali, cerchiamo di formare una sinistra tutta europea. Ed è proprio a causa di questo margine di speranza che sono tentato di dire: vota contro la Brexit, ma fallo come un devoto cristiano che sostiene un peccatore mentre segretamente lo maledice. Non competere con i populisti di destra populista, non permettere loro di definire i termini della lotta. Il nazionalismo socialista non è il modo giusto per combattere la minaccia del nazional socialismo».
Perché lo stato-nazione dovrebbe essere incompatibile con l’universalismo non ci viene ovviamente spiegato. Ma sostenere che solo agendo a livello trans-nazionale si possa limitare il capitalismo globale è davvero troppo. Inutile dire che non esiste alcuna pezza d’appoggio ad una simile tesi. Al contrario, rimanendo al referendum britannico, bisognerebbe magari spiegare come mai la City, le grandi banche d’affari, tutto il mondo della finanza, Obama, la confindustria europea ed il G7 stanno tutti dalla parte del Remain, proprio come il filosofo sloveno. Forse lo fanno perché non conoscono le sue tesi? E’ un’ipotesi…
Mentre Zizek sostiene il peccatore maledicendolo, ma solo segretamente, Varoufakis ha il pregio di spararla grossa fin dalle prime righe:
«L’anno scorso ho provato, senza riuscirci, a convincere i vertici dell’Unione Europea a comportarsi umanamente con il mio Paese da tempo sofferente. Ora ti scrivo una strana supplica: ti chiedo di restare in questa stessa Unione Europea. Sì, quella che ha annientato la nostra primavera ateniese e che da allora si è comportata in maniera abominevole».
Ma questo autentico inno al masochismo non è che l’inizio. Leggiamo:
«Anziché permetterti di fuggire dall’UE, la Brexit ti terrà legata a un’Unione Europea più indecente, più triste e sempre più pericolosa per se stessa, per te e, a dirla tutta, per il resto del pianeta».
Il Nostro, si sa, ha il gusto dell’esagerazione. Procede per affermazioni apodittiche, schivando così la fatica di una qualche spiegazione. Che però non guasterebbe…
E cosa succederebbe se l’Unione Europea si disintegrasse?
«Nell’area mediterranea, l’inflazione, associata alla disoccupazione, sarà all’ordine del giorno. Da questa spaccatura strisceranno fuori solo mostri politici, diffondendo misantropia xenofoba dappertutto e assicurando, attraverso svalutazioni competitive, che anche tu sia trascinato in questo circolo vizioso».
Ora, a parte il fatto che un po’ di inflazione non guasterebbe, perché parlare della disoccupazione futura e non di quella presente targata euro-UE? E in quanto ai mostri, che forse l’ideologia e la politica europeista non ne ha generati? Infine la minaccia: «tu sarai trascinato in questo circolo vizioso». E da che cosa? Ma che diamine, dalle svalutazioni future, mica dall’euro del presente! Dal che si capisce che Varoufakis è sì greco, ma i patimenti dei greci li ha visti un po’ da lontano.
Dopo una simile prosa non possono stupire le conclusione dell’ex ministro:
«È per questo che ti sto implorando di restare in questa terribile Unione Europea. I democratici europei hanno bisogno di te. E tu hai bisogno di noi. Insieme abbiamo la possibilità di far rivivere la sovranità democratica in Europa. Non sarà facile. Ma vale la pena di provare».
Stendiamo un velo pietoso su questa conclusiva implorazione e cerchiamo piuttosto di capire qual è invece la vera partita del 23 giugno. Ci viene in aiuto, sul Sole 24 Ore di ieri, il corrispondente da Londra, Leonardo Maisano. Costui, fino a poco tempo fa, si mostrava arci-sicuro della vittoria del Remain, ma adesso deve aver capito che gli umori degli inglesi non sono esattamente quelli del “Miglio Quadrato” della City.
Ecco cosa scrive:
«Sull’umore popolare grava, in realtà, una voglia anti-sistema che va molto oltre i temi-chiave del dibattito, siano essi le conseguenze sull’economia o le politiche sull’immigrazione. Sta emergendo una volontà di frattura che sfugge alla solidità dei numeri, alla linearità logica del contraddittorio, all’essenza stessa del voto. La voglia di un pronunciamento irrazionale per punire l’establishment, per colpire i banchieri, per frenare le dinamiche globali, cresce come mai prima d’ora non appena si esce dal mondo ovattato di Londra».
E bravo Maisano! Certo, lui parla di «pronunciamento irrazionale», ci mancherebbe! Ma in realtà spiega assai bene la profonda razionalità della spinta popolare al Leave, all’uscita, alla ripulsa di un ceto dominante ricco quanto parassitario, distante dai problemi della vita quotidiana quanto arrogante nelle sue pretese.
Ora, se c’è arrivato un Maisano, forse potevano arrivarci anche Zizek e Varoufakis. E invece no! Come detto all’inizio: teniamolo bene a mente.
Clicca qui per leggere in italiano, tradotti dal sito del Prc, i due interventi sul Guardian citati in questo articolo.