I tre clamorosi errori del Coordinamento Democrazia Costituzionale
Con uno sconsolato comunicato pubblicato sul sito del Coordinamento democrazia costituzionale (Cdc), i promotori della raccolta di firme per i due referendum abrogativi relativi alla legge elettorale Italicum, ci dicono che, malgrado l’impegno profuso, non ce l’hanno fatta. Occorrevano almeno 500mila firme invece si sono avute 418.239 firme contro il premio di maggioranza e 422.555 contro i capilista bloccati.
Maligne gole profonde, che non mancano mai, segnalano che in verità i numeri reali sono ben più modesti.
Insomma: la campagna referendaria sull’Italicum si è rivelata un flop.
Fra qualche giorno sapremo i numeri delle firme sul terzo referendum abrogativo, quello sulla riforma costituzionale di Renzi. Pochi dubbi sul fatto che nemmeno in questo caso verrà raggiunto il quorum di firme necessarie.
Doppio flop quindi!
Se tanti attivisti si sentiranno frustrati, Renzi gongola.
Questo esito poteva e doveva essere evitato.
Come Programma 101 avevamo messo in guardia che la “primavera referendaria” si sarebbe rivelata un grave errore politico, che poteva essere evitato con un minimo di lucidità politica.
Non era difficile capire la scarsa attrattività di una raccolta di firme per promuovere un referendum già indetto per via parlamentare.
Non era difficile capire che il tema della legge elettorale non avrebbe avuto eccessiva popolarità, sia per la sua complessità, sia perché è evidente che se ad ottobre vincerà il NO, con la controriforma cadrà anche l’Italicum.
Non era difficile immaginarsi la sfiducia popolare verso lo strumento del referendum abrogativo. Un dato confermato anche dalla scarsa affluenza ai referendum ambientali.
I promotori ci rispondevano che ci saremmo riusciti grazie alla “primavera referendaria”, ovvero alla “lenzuolata” di referendum abrogativi — 3 sociali promossi dalla Cgil, 4 sulla scuola, 2 ambientali, che sommati ai 3 del Cdc fanno 12! Una “lenzuolata” che si è rivelata… sciagurata.
Mancata lucidità politica a cui va aggiunto un secondo fattore, la speranza, rivelatasi chimerica, che l’apparato della Cgil avrebbe dato una mano, che si sarebbe impegnato a raccogliere firme anche per i referendum sull’Italicum ed i due sulla riforma costituzionale. Un errore di valutazione rivelatosi fatale, ma un errore che è spia di un errato giudizio sulla natura della Cgil e della sua ossificata burocrazia sindacale.
Cosa si è scoperto in pratica? Che questo apparato non vuole dare fastidio più di tanto al Pd renziano.
Fatale anche il terzo grave errore del Cdc, quello, nella speranza di ottenere sostegno di questo apparato e di certa sinistra piddina, di aver detto solennemente che non si chiedeva la testa di Renzi. Un errore gigantesco, quest’ultimo, che dovrebbe far riflettere tutti coloro che generosamente si sono impegnati nella raccolta delle firme.
Ci pare dunque non solo lecito ma necessario, interrogarsi sulla qualità dei “generali” che hanno impostato la battaglia. Dai primi segnali che giungono, tuttavia, non si sente neanche lontanamente alcuna autocritica.
Fatti i funerali di questa campagna referendaria ora abbiamo davanti a noi la battaglia davvero decisiva, quella da cui dipendono le sorti della democrazia e di Renzi. Se vive l’una muore l’altro.
Impariamo la lezione! Il profilo prevalentemente tecnico-giuridico tenuto sin qui, anche per non dispiacere ad una sinistra con i piedi in due staffe, è PERDENTE.
Siccome il referendum di ottobre non possiamo perderlo, è chiaro che occorre cambiare strada.
Si costituiscano comitati per il NO ovunque, aperti a tutte le componenti disposte a far fronte comune in nome della Costituzione nata dalla Resistenza. Si dica chiaramente che Renzi – in quanto autore di un simile attacco alla Carta – se ne deve andare a casa. Si applichi l’abc della lotta politica, preparandosi ad un durissimo scontro che (specie dopo la Brexit) avrà una netta connotazione europea.