Sul referendum il regime trema. Ecco allora l’ipotesi “spacchettamento”, un trucco per rimandare il voto sulla controriforma costituzionale al 2017.

Avete in mente il Renzi che già pregustava una vittoria plebiscitaria in autunno? Bene, non c’è più. Avete in mente i commentatori che erano comunque certi della vittoria del Bomba? Spariti come neve al sole. Idem quelli sicuri della tenuta dell’Italicum, la legge che vorrebbe garantire la “governabilità” – cioè gli interessi di lorsignori – per l’eternità.

Certo, Renzi è ancora al suo posto, l’Italicum è in vigore da ben 9 giorni, e perfino i pennivendoli di regime sono ancora a stipendio pieno. Tanto loro sono riciclabili, come la carta igienica.

Il quadro però sta cambiando. La Brexit gli ha fatto perdere la testa e le oligarchie sono all’opera per imbrogliare le carte. Volevano vincere a man bassa il referendum, del quale il sì sparato di Confindustria chiarisce assai bene la matrice di classe. Ora si sono accorti che quella vittoria è assai complicata. Certo, potrebbero ancora provarci con l’unica arma che gli è rimasta: la paura. Ma si è visto oltre-Manica che anche quest’arma potrebbe rivelarsi spuntata. Ecco allora la pensata: prendere tempo rimandando il referendum. Già, ma come, visto che la legge prevede una rigida tempistica?

Mai dimenticarsi che siamo nel paese di Azzeccagarbugli. E a libro paga ne hanno diversi. Al Quirinale poi, dove le telefonate dell’erede dei Savoia piovono quotidianamente, ne hanno un bel tot.

Ecco allora la pensata: mettere insieme un po’ di parlamentari che presentino alla Cassazione, entro il termine di legge del 15 luglio, una bella richiesta di referendum “spacchettati”. Avremmo così non più un referendum unico sulla controriforma, con il suo inappellabile peso politico, ma un numero imprecisato di quesiti, in modo da depotenziare la possibile – forse ormai probabile, altrimenti non si agiterebbero tanto – vittoria del no.

Attenzione però! Tra gli obiettivi di questa trama di Palazzo c’è sì il depotenziamento, ma soprattutto il rinvio del referendum, il prendere tempo per ricompattare le forze sistemiche. E’ chiaro che il disegno renziano di un regime basato sostanzialmente sul solo Pd è fallito. E difatti non è il fiorentino a voler “spacchettare”, ma semmai una parte dei suoi che potrebbero convergere con la cosiddetta “sinistra” Pd, con i centristi di varia risma, con qualche frattaglia della destra. In quanto ad M5S c’è solo da sperare che l’improvvida dichiarazione di Toninelli, favorevole allo spacchettamento, venga prontamente cestinata.

Chi sono i “suoi” pronti all’operazione è presto detto: sono quelli che hanno capito che la barca del loro “caro leader” sta affondando e si apprestano ad abbandonarla. Difatti, se Renzi non potrà sopravvivere alla fine del suo progetto, molti tra i “renziani” potranno sempre trovare il modo di salvare la pelle, riciclandosi nella nuova fase politica che si aprirà. Parliamo, ad esempio, di un certo Dario Franceschini, un democristiano doc che sembrerebbe avere molto a che fare con le trame in corso.

Otterranno costoro le firme del 20% dei membri di una delle due camere, per poter presentare la loro richiesta in Cassazione? Lo sapremo a breve, ma se le cose hanno un senso vedrete che ci riusciranno. Viceversa non si capirebbe l’intenso lavorio in corso

Non crediamo che l’idea sgangherata dello “spacchettamento” possa essere accettata dalla Cassazione. Cosa verrebbe proposto all’elettore, un voto articolo per articolo? Non scherziamo. Ovvio che verrà proposta una suddivisione tematica. Ma quale? Citiamo alcuni punti della controriforma: nuovo Senato, elezione del capo dello stato, cancellazione delle province, cancellazione del Cnel, competenze di Stato e Regioni, nuovo sistema di approvazione delle leggi, nuove norme sui referendum e sulle leggi di iniziativa popolare… Bene, saremmo già ad otto schede, giusto per semplificare…

Ma non è neppure così semplice, perché spacchettamento per spacchettamento, cosa fare sul Senato? In teoria ci vorrebbe un voto sulla riduzione dei senatori, uno sulle modalità della sua “elezione”, un altro sulle sue competenze, eccetera. E poi? Se la riduzione delle competenze viene bocciata (e dunque il bicameralismo paritario viene ripristinato) come renderlo compatibile con un voto referendario che avesse invece accettato l’elezione indiretta dei senatori? Ovvio che saremmo alla follia pura.

Abbiamo dunque stabilito un punto: lo spacchettamento del tema “Senato” non è possibile, dato che i diversi aspetti della controriforma si tengono ovviamente tra loro. Ma il punto davvero essenziale del progetto autoritario di Renzi riguarda proprio il Senato, visto che una sua sconfitta sul tema provocherebbe la contemporanea morte dell’agognato e decisivo Italicum. Questo semplice ragionamento ci serve a dimostrare che lo spacchettamento, da solo, depotenzierebbe in maniera assai limitata il/i referendum. Insomma, un Renzi sconfitto sul Senato, anche se magari vincitore sulle province o qualcos’altro, dovrebbe comunque andarsene a casa.

Ma abbiamo già detto che l’obiettivo degli “spacchettatori” non è solo il depotenziamento del referendum – depotenziamento che intendono mettere in atto con una mossa successiva, di cui parleremo più avanti – ma soprattutto il rinvio del voto.

Vediamo allora qual è il piano di lorsignori.

Se il 15 luglio la richiesta di spacchettamento avrà i numeri per venire esaminata dalla Cassazione, quest’ultima si troverà di fronte a ben 5 richieste di referendum provenienti dal parlamento, visto che altre 4 (con quesito unico) sono state presentate dalla maggioranza di camera e senato, ed altrettante dalle opposizioni sempre di entrambe le camere.

Cosa deciderà la Cassazione non sappiamo, anche se sembra improbabile un’accettazione dello spacchettamento. Ma forse è proprio questo che si vuole, perché a quel punto potrebbe essere sollevato un conflitto di attribuzione che porterebbe ad un pronunciamento della Corte Costituzionale. Tempi previsti: 5/6 mesi. Solo dopo la sentenza della Consulta l’iter referendario si rimetterebbe in moto. Ma non è detto che tutto ripartirebbe da capo, riportandoci all’attuale situazione.

Se il punto 1 delle trame di palazzo è quello fissato per il 15 luglio, se il punto 2 è quello di ottenere il rinvio, il punto 3 sarà certamente quello della modifica dell’Italicum.

Chi scrive ha sempre sostenuto che un cambiamento dell’Italicum prima del referendum era impensabile. E difatti è così ancora oggi, ma a due condizioni: la prima è che il referendum si tenga in autunno, la seconda è che sia ancora Renzi a dettare le danze. Qualora dovesse venir meno la prima di queste due condizioni anche la seconda cadrebbe. Non che Renzi venga necessariamente costretto alle dimissioni, ma uno scenario come quello disegnato sarebbe ben poco compatibile con le sue ambizioni, con il mito costruito di “rottamatore”, con la politica ed il progetto che ha incarnato. In breve: politicamente Renzi sarebbe un uomo morto.

Attenzione! Il capo del governo ha ancora delle carte da giocare. La crisi europea, tremendamente accelerata dalla Brexit, potrebbe giocargli a favore. I recenti articoli di sostegno alla posizione italiana nell’UE, apparsi sul Financial Times e sull’Economist, sono lì a dimostrarlo.

Tuttavia, la manovra in atto ci parla di un’operazione sistemica di largo respiro. Causa lo spavento che lorsignori hanno preso, prima con i ballottaggi del 19 giugno e poi con la Brexit, l’operazione potrebbe essere quella di accelerare quello che era il loro piano B in caso di sconfitta al referendum. E qual era questo piano, da mettersi in atto a Renzi ormai liquidato dopo l’eventuale vittoria del no? Era quello di arrivare ad un governo di larghe intese, con tutti i partiti sistemici uniti per impedire un governo M5S. Ovvio che questo richiedeva una profonda ristrutturazione del sistema politico, nonché una nuova legge elettorale.

Adesso sembra che sia venuto il momento dell’accelerazione. E se il rinvio del referendum ci sarà, ecco che il blocco sistemico si metterà all’opera per cambiare l’Italicum. Già, ma come?

Avanzo una semplice ipotesi: 1. eliminazione del ballottaggio (che diventerebbe impraticabile in caso di vittoria del no al successivo referendum); 2. premio di maggioranza confermato al 40%, ma attribuibile anche alle coalizioni; 3. ripristino delle preferenze, in modo di andare incontro ad un tema popolare ed alle sentenze della Consulta, ma utile soprattutto per canalizzare una quota non trascurabile di voti verso i partiti sistemici attraverso questo meccanismo.

Direte che un Italicum così è quasi irriconoscibile. Vero, ma fino ad un certo punto, visto che il premio di maggioranza resterebbe comunque in piedi.

In questo modo il blocco sistemico proverebbe a reggere la rivolta contro l’èlite dominante di cui abbiamo parlato tante volte. Costretti alla difensiva, lorsignori hanno probabilmente capito di non poter difendere la linea di sfondamento disegnata da Renzi. Ecco che preferiscono allora una parziale ritirata, che per loro è sempre meglio di una sconfitta campale nel referendum. Un referendum depotenziato a quel punto non per lo spacchettamento dei quesiti, bensì dalla preventiva modifica dell’Italicum.

Il piano sembra essere questo. Che possa riuscire dipende da tanti fattori. Ma se, come crediamo, questo è davvero un progetto pensato nei piani alti dei palazzi del potere, si può star certi che esso contenga un altro punto: un attacco mirato a M5S teso a screditare pesantemente il movimento prima di arrivare al voto. I mezzi per creare ad arte uno scandalo – giudiziario o non – di certo non gli mancano.

Come rispondere ad un simile piano? Aspettiamo intanto il 15 del mese. Se il primo passo delle trame di luglio si concretizzerà, potremo attenderci con ragionevole certezza i successivi sviluppi di cui abbiamo detto. Ovvio che a quel punto la mobilitazione contro il governo, ed a difesa della Costituzione e della democrazia, dovrà essere declinata alla luce della nuova situazione.

Il fatto che il blocco sistemico stia congegnando una risposta così truffaldina e violenta – come possiamo definire altrimenti la messa in campo di un trucco così marchiano per impedire il pronunciamento popolare? – ci dice tre cose: che lorsignori sono davvero in difficoltà, che vista la posta in gioco lo scontro sarà durissimo, che per vincerlo avremo bisogno di raggruppare tutte le forze disponibili.