Quanto accaduto ieri sera a Nizza è semplicemente orribile. Raccapricciante come tutte le morti violente di persone innocenti. Ma se la condanna dello stragismo dev’essere ovviamente ferma e senza appello, alcune riflessioni si impongono.
La prima è che si è trattato di un’azione anomala. Per quel che ne sappiamo l’azione di un singolo, non un vasto ed organizzato piano d’attacco come nel novembre 2015 a Parigi e nel marzo 2016 a Bruxelles. L’impagabile presidentessa della camera, signora Boldrini, ha subito twittato il suo «Orrore e sgomento per grave atto di terrore frutto di feroce fanatismo».
Domanda, e se fosse invece stata una folle azione individuale che nulla ha a che fare con il «fanatismo» di cui parla? Non diciamo che sia così, e neppure che sia l’ipotesi più probabile. Ma perché escluderlo a priori? Negli USA avvengono ogni anno stragi con decine di vittime, i cui autori sono spesso imbevuti di ideologie razziste e nazistoidi, ma nessuno chiama in causa la matrice politica come fattore determinante dell’azione stragista. Perché esprimere immediatamente un simile giudizio nel caso di Nizza, se non per alimentare quel clima di emergenza che tanto piace alle classi dirigenti europee?
Qualcuno risponderà che la Francia è in guerra e che il «camionista» della strage è un arabo. Vero. Ma se proprio vogliamo accettare questa chiave di lettura, la seconda riflessione è che quella guerra l’ha scatenata proprio la Francia, insieme agli USA ed alle altre potenze occidentali. In questi giorni d’estate i civili continuano a morire come mosche a Falluja ed a Baghdad (Iraq), come ad Aleppo e Raqqa (Siria). E molti di questi la morte la trovano proprio sotto le bombe occidentali.
Di fronte all’orrore di Nizza forte è il desiderio di pace e sicurezza che sale nei popoli europei. Ma questa aspirazione potrà essere soddisfatta solo ad alcune condizioni.
Scrivevamo dopo gli attentati di Parigi:
«Gli schizzi di sangue della Grande Guerra Mediorientale hanno dunque raggiunto di nuovo l’Europa, questa volta in maniera più pesante. C’è un solo modo per fermare la corsa verso una precipitazione ancora più grave: cessare ogni azione militare, porre fine alla pretesa del controllo neocoloniale di interi paesi, favorire un processo negoziale in Siria, Iraq e Yemen. Ma quest’ultimo punto chiederebbe un occidente pronto a rinunciare ai propri interessi economici e politici. Possiamo aspettarci una simile scelta dalle attuali classi dirigenti, in Francia, in Europa e negli Stati Uniti? Assolutamente no. Aspettiamoci dunque nuovi e dolorosi schizzi di sangue».
Non sappiamo, per le ragioni già esposte, se i tragici fatti di Nizza, debbano essere inseriti in questo contesto. Ma se così fosse, dovrebbe essere chiaro a tutti che c’è un solo modo per avere pace e sicurezza, ed è appunto quello di smetterla con il neocolonialismo, ponendo fine alle azioni militari in Medio Oriente ed in Africa. E’ un’ipotesi realistica? Temiamo proprio di no.