Costas Lapavitsas [nella foto], è un noto economista. Parlamentare di Syriza, ha lasciato il partito in dissenso con la capitolazione di Tsipras.
Lapavitsas sarà uno dei protagonisti del III. Forum internazionale no-euro che si svolgerà a Chianciano Terme dal 16 al 18 settembre.
Il risultato del recente referendum britannico ha dimostrato che c’è una reale e profonda divisione di classe nel Regno Unito. La stessa cosa si può dire anche di molti altri paesi dell’Unione europea.
La lotta di classe è tornata e la composizione sociale dei sostenitori del Leave in Gran Bretagna hanno una chiara identità. Sono gli strati sociali inferiori: la classe operaia e i poveri. In breve, si tratta delle classi popolari inglesi il cui reddito, occupazione, alloggio, servizi sociali ecc., sono stati falcidiati dalle politiche di globalizzazione e di austerità negli ultimi anni — ciò che è evidenziato dai dati empirici.
A parte alcune differenze spaziali e demografiche significative (ad esempio, l’atteggiamento particolare della classe operaia londinese, l’espressione indiretta di stati d’animo separatisti in Scozia e Irlanda del Nord o la chiara volontà dei giovani di rimanere) che hanno una loro spiegazione e la cui importanza è innegabile, l’esito del referendum britannico è stato determinato da tutte quelle persone che negli anni passati hanno subito gli effetti della crisi sistemica, delle politiche neoliberiste e del conseguente declino del processo democratico. Il malcontento delle classi popolari, di conseguenza, ha raggiunto livelli molto elevati e, data l’opportunità di esprimersi attraverso il referendum, questo malcontento ha optato per l’uscita, superando la campagna di paura orchestrata dalle élite soprattutto sul terreno economico.
Questo è del tutto logico se diamo uno sguardo alla relativamente recente storia inglese. Quando il Regno Unito abbandonò il gold standard nel 1931, l’élite economica sostenne che sarebbe stato un disastro. Ci fu invece un periodo di rapida crescita.
Idem, nel 1992. Le élite economiche misero in guardia che lasciando lo Sme (Sistema monetario europeo) ci sarebbe stata una catastrofe. Invece l’economia crebbe. Alla fine degli anni ‘90 le stesse élite del Regno Unito tentarono senza successo di entrare nell’Unione monetaria mentre l’economia britannica andava molto meglio della maggior parte dei paesi della zona euro.
Perché ora dovrebbe essere diverso?
Il voto per la Brexit ha messo il futuro dell’UE all’ordine del giorno. Le classi popolari stanno diventando consapevoli che hanno perso ogni controllo sulla loro esistenza, su piccola e grande scala. Si rendono conto che hanno perso la sovranità; esse hanno sempre meno controllo sul governo del loro paese (o dell’Unione europea). La democrazia conosce un progressivo declino che sembra non avere fine.
Molti hanno cercato di fornire risposte a “perché Brexit?”, “a che scopo?”, domande che rimangono in modo preoccupante senza alcuna risposta, almeno dal punto di vista progressista. Nonostante la composizione di classe della Brexit e il malcontento legittimo delle classi popolari, manca del tutto una narrazione di sinistra che sia ideologicamente razionale e di classe. C’è invece solo l’approccio reazionario neo-mercantilista che incorpora le tendenze nazionaliste, xenofobe e fasciste.
In altre parole il Regno Unito è un’altra conferma che mentre la persistente crisi sistemica del capitalismo rende mature le condizioni socio-economiche necessarie per una radicale e progressiva trasformazione sociale, i diversi soggetti politici — partiti politici, sindacati, movimenti auto-organizzati —, quelli che dovrebbero offrire una visione alternativa razionale e radicale sono politicamente e organizzativamente deboli, scollegati o del tutto assenti.
Naturalmente le stesse debolezze nella gestione delle reazioni popolari riguardano anche la classe medio-alta ed i loro principali portavoce politici. Indicativo è lo sbandamento dei partiti borghesi e dei circoli dominanti nel Regno Unito a seguito del risultato del referendum. Lo Stato e la società britannica stanno vivendo un periodo di confusione politica e di classe, il che nutre certamente le uova del serpente [le destra reazionarie, Ndt] non solo nelle isole britanniche, ma in tutta Europa.
La reazione della Unione a 27 a seguito della Brexit è rivelatrice delle cause che probabilmente porteranno ad altre uscite. Tra il generale “euroscetticismo” che deriva in gran parte dal deficit di democratica e la persistenza di una politica di brutale ristrutturazione neoliberista, il giorno dopo il referendum sei membri fondatori si sono incontrati a Berlino per decidere in anticipo le mosse in vista del prossimo vertice.
Quindi la Merkel ha negato a Renzi la richiesta di ricapitalizzare [con soldi pubblici, Ndt] le banche italiane. Questo, unito al chiaro posizionamento di tutti i funzionari europei sulla necessità di una decisa attuazione del programma greco, indica per una politica economica ancora più dura.
Il risultato è stato l’ennesimo vertice. La Ue a 27, a parte le battute di Juncker all’indirizzo di Farage, non ha avuto niente da proporre per il futuro dell’Unione. I “leader” sono rimasti in silenzio in vista degli ultimi sviluppi, aggrappati ad un’Unione che i cittadini europei rifiutano sempre più fortemente.
Se la Ue continua nelle sue politiche punitive di austerità, di privatizzazioni e di “riforme strutturali” (leggi: tagli salariali, flessibilità del lavoro, meno sussidi di disoccupazione, riduzione della sicurezza sociale e delle pensioni), la rivolta popolare crescerà e potrebbe anche portare allo smantellamento della Ue e della zona euro.
E’ evidente che le classi popolari d’Europa capiscono che c’è qualcosa di molto sbagliato nell’Unione europea ed è compito della sinistra europea quello di fornire loro un programma alternativo sia a livello nazionale che transnazionale, una proposta realistica su ciò che la democrazia dovrebbe significare oggi.
I popoli debbono avere indietro la loro sovranità nazionale, e questo significa anche sovranità politica, economica e monetaria.
da sollevAzione
Fonte: EReNSEP
Traduzione a cura della redazione di SOLLEVAZIONE