Dove va la Lega Nord di Matteo Salvini?

Le agenzie battono la notizia che Matteo Salvini incontrerà presto Silvio Berlusconi. Facile immaginare l’oggetto dell’incontro. Avremo un’altra puntata della stucchevole telenovela della “ricostruzione del centro-destra”, questa volta magari con Stefano Parisi leader il quale, pare, ha ricevuto l’incoronazione del Cavaliere.
Come andrà a finire?

In un nulla di fatto. Se ci sarà una nuova alleanza tra Forza Italia e Lega Nord non lo sapremo fino a quando non sarà definitivamente chiaro con quale legge elettorale si andrà a votare. In altre parole non lo sapremo prima del referendum costituzionale, in base ai cui risultati conosceremo le sorti dell’Italicum e di Matteo Renzi.

Salvini rimanda il momento decisivo della scelta, ma prima o poi, trovandosi al bivio, dovrà sciogliere il nodo gordiano: ritornare all’ovile berlusconiano o proseguire sulla strada di un polo indipendente di tipo lepenista con Fratelli d’Italia, quindi concorrente a quello berlusconiano. Beh, per la verità da quell’ovile la Lega salviniana non è mai uscita, se si vede ai governi di regioni come Lombardia, Liguria e Veneto.

Non è questione di lana caprina, bensì di scelta strategica. Di mezzo assieme alla sua coerenza e credibilità politica, c’è la scelta di campo anti-euro. Non ci stupiremmo, ove l’Italicum venisse seppellito e la nuova legge elettorale premiasse le coalizioni, che Salvini se ne esca fuori dicendo “Scusate scherzavo, per battere il Pd occorre una nuova alleanza con Berlusconi”. Se poi, invece, terrà la sua posizione “lepenista” non escludiamo affatto che Salvini “esca fuori”, ma dalla Lega Nord stessa, tornata in mano ai vecchi notabili come Bossi e Maroni. E’ da vedere, infatti, se Salvini vincerà con sicurezza il prossimo congresso leghista.

Nel frattempo tuttavia Salvini pare tenere la barra dritta: chiede l’uscita dall’euro, urla contro gli immigrati e… insiste per la Flat Tax, ovvero il meccanismo tributario che è il simbolo stesso del neoliberismo. Si tratta infatti di un sistema di tassazione che prevede un’aliquota unica per tutti i redditi, familiari o d’impresa. Tipo: tu guadagni 100 milioni, ti tasso per il 15%, il tuo reddito è di mille euro, anche tu darai al fisco il 15%. Non a caso la Flat Tax fu proposta per primo, sin dagli anni ’50 dal Papa dei neoliberisti Milton Friedman e più recentemente da economisti reaganiani come Alvin Rabushka — quest’ultimo tra gli ospiti d’onore dell’ultimo congresso della Lega del dicembre 2014.

Come ognuno capisce (ma ci sono sempre quelli che fanno finta di non capire), e sorvoliamo sulla sostenibilità di un simile sistema fiscale, si tratta di una vera e propria manna per i ricchi. Una manna che contraddice apertamente la Costituzione italiana che prescrive che chi più guadagna più deve dare alla collettività. L’Art. 53 infatti recita:
«Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Ed aggiunge: Il sistema tributario è informato a criteri di progressività».

Non si tratta di un quisquilia, dietro c’è una concezione della società, nonché dello Stato, chiamato a svolgere una funzione decisiva di redistribuzione della ricchezza per evitare troppo forti disparità sociali. Che è appunto quella funzione cardinale che tutti i liberisti vogliono demolire.  

Non uno qualsiasi, bensì il principale consigliere economico di Salvini, che non è, come si pensa Borghi Aquilini, ma il liberista Armando Siri non perde occasione per segnalare che la Flat Tax oltre che la panacea ai mali dell’Italia (non quindi l’uscita dalla moneta unica, si badi) è la bandiera della Lega salviniana ed anche la base dell’accordo auspicato con i berlusconiani. Ed in effetti è proprio così, visto che Berlusconi non ha mai fatto mistero che è d’accordo con la “tassa piatta”, ma con l’aliquota al 20%.

Che la Lega Nord sia nel fronte per il NO al prossimo referendum costituzionale, l’abbiamo già detto, è un fatto positivo. Dio ce ne scampi se un eventuale governo a trazione leghista dovesse mettere mano alla Costituzione per stravolgere l’Art. 53. Sarebbe da ricordare ai leghisti che una difesa sincera della Costituzione implica la difesa del modello sociale in essa scolpito nella prima parte. E non a caso i costituenti hanno incastonato l’Art. 53 proprio nella prima parte.

Il pensiero corre verso alcuni nostri amici, combattenti sinceri per la sovranità popolare e paladini della Costituzione, che tendono a sottovalutare i segnali politici inquietanti che giungono dalla Lega. Non parliamo solo dell’isteria xenofoba, ma, appunto della Flat Tax. Questi nostri amici si scagliano, e giustamente, contro le manomissioni renziane della Costituzione, ma sorvolano sulle proposte leghiste.

Il da noi stimato Marco Mori ad esempio scrive: “Il programma di salvezza nazionale è semplice, basta studiare la Costituzione e dentro ci sono le risposte a tutto”.

Questa frase lapidaria è tuttavia preceduta da un’altra: “La Lega Nord ha ottime posizione sull’euro ed in più credo proprio abbiano capito il problema liberista”.

Singolare strabismo. La Lega ha capito il problema liberista? Oh sì, talmente bene che non ne fa un problema, bensì un’opzione e, come abbiamo visto, con la proposta programmatica della Flat Tax, una  … visione del mondo.

Consigliamo la lettura di un nostro vecchio articolo: IL NAZIONAL-LIBERISMO DELLA LEGA di Lorenzo Dorato