La Grande Guerra Mediorientale vive momenti assai convulsi. Vecchi nemici come Russia e Turchia stringono nuove amicizie, mentre tante alleanze di ieri paiono avere un domani assai incerto.

Limitandoci qui alla questione curda (di cui parla l’articolo di Francesca La Bella che pubblichiamo di seguito) vediamo come la momentanea alleanza di fatto che si era creata negli anni scorsi tra le forze di Assad ed i curdi della Rojava, contro le forze sunnite, sia ormai completamente saltata, come ha evidenziato la recente battaglia di Hesekeh. Al tempo stesso, il riavvicinamento tra Ankara e Teheran va visto proprio, anche se non esclusivamente, come il definirsi di un ampio fronte anti-curdo al di là dello scontro tra queste due potenze regionali in terra siriana.

Quel che l’articolo non dice è che le forze dell’YPG dei curdi della Rojava combattono ormai da tempo fianco a fianco degli americani, un particolare in più che ci parla di una guerra assai intricata, dove ogni descrizione manichea confligge ogni giorno di più con la realtà dei fatti.

La paura del “contagio” kurdo avvicina Teheran alla Turchia
di Francesca La Bella

“I curdi non hanno altri amici che le montagne”: parole della tradizione popolare curda che oggi sembrano acquistare valore in un contesto dove le alleanze e i bilanciamenti di potere sono nuovamente in ridefinizione.

Nelle ultime settimane, infatti, abbiamo assistito a due importanti attacchi ai danni delle forze curde in Rojava, prima ad Hesekeh da parte delle forze siriane fedeli al governo di Bashar al Assad e, in seguito, a Jarablus da parte delle truppe di Ankara. Una novità importante nello scacchiere d’area anche a causa del coinvolgimento di quasi tutti gli attori del conflitto, nella battaglia contro i curdi.

Da un lato, al fianco di Assad, le forze iraniane e gli Hezbollah libanesi, dall’altro, a supporto dell’azione turca, le sempre più ridotte forze dell’Esercito Libero Siriano (ESL), l’aviazione statunitense e, con un informale sostegno diplomatico, Masoud Barzani e il Governo Regionale del Kurdistan iracheno (KRG).

Quello che sembra spaventare i diversi protagonisti della guerra in atto è l’inarrestabile avanzata delle forze YPG in Siria e la loro capacità di radicarsi sul territorio coinvolgendo popolazioni non curde, ma anche la possibilità di un effetto domino sulle popolazioni curde presenti negli altri paesi dell’area.

Quest’ultimo aspetto sembra essere ciò che guida, ad esempio, le scelte del governo di Teheran. All’interno dei confini iraniani è presente una consistente minoranza curda che, da alcuni mesi, ha ripreso la propria resistenza contro il governo centrale. Numerosi sono stati gli scontri armati tra guerriglia curda e forze governative e le esecuzioni di militanti curdi con l’accusa di terrorismo fino a giungere al bombardamento di alcuni avamposti militari curdi sul confine con il KRG.

Per quanto, secondo alcuni analisti, questo rinnovato attivismo sia da imputare anche ad un conflitto di potere tra due diverse milizie curde, il Partito Democratico del Kurdistan iraniano (PDKI) vicino al KRG di Barzani e il Partito della Libertà del Kurdistan (PJAK), membro del Consiglio delle Comunità Curde (KCK) e legato al PKK turco, un’eventuale vittoria dei curdi in Rojava potrebbe costituire una significativa minaccia per l’integrità territoriale iraniana.

Nonostante le evidenti differenze e i contrasti tra le realtà della galassia curda, la presenza sempre più significativa delle forze curde nelle aree di confine e il consolidamento del sistema KCK con funzione di coordinamento di una parte di esse, potrebbe, infatti, portare ad una progressiva esportazione del modello del Confederalismo Democratico ad altre aree.

In quest’ottica si deve leggere, dunque, l’inaspettato riavvicinamento tra Turchia ed Iran di inizio agosto. L’incontro avvenuto ad Ankara il 12 agosto tra il ministro degli Esteri iraniano Mohammad Javad Zarif, il primo ministro turco Binali Yildirim e il suo ministro degli Esteri Mevlut Cavusoglu, volto ad aprire un nuovo capitolo nella cooperazione d’area tra i due paesi, si sarebbe, infatti, focalizzato principalmente sulla questione siriana.

Per quanto le due potenze regionali si siano, in questi anni, trovate su fronti opposti per quanto riguarda il destino della Siria e del suo governo, il fattore curdo potrebbe essere stato motivo di una momentanea riconciliazione tra le parti. A riprova di questa nuova alleanza strategica, all’indomani dell’attacco a Hesekeh, il 18 agosto, Cavusoglu sarebbe giunto in visita a Teheran per discutere con Zarif l’evoluzione degli eventi e dare seguito all’accordo tra i due paesi. Durante la conferenza stampa congiunta, il ministro degli Esteri iraniano avrebbe, a tal proposito, affermato che Iran e Turchia “hanno un comune interesse a combattere terrorismo, estremismo e settarismo e che, nonostante l’esistenza di punti di vista differenti su alcune questioni, ambiscono entrambi a mantenere l’integrità del territorio siriano.”

Il coinvolgimento delle forze iraniane nell’attacco a Hesekeh, mirato ad indebolire le forze curde e ad impedire il collegamento tra i diversi cantoni del Rojava rischia, però, di avere anch’esso delle conseguenze negative per la sicurezza di Teheran.

Se nelle scorse settimane gli attacchi in territorio iraniano sembravano aver subito un rallentamento dopo il vigore degli scorsi mesi, a seguito degli ultimi eventi, il PJAK ha minacciato di estendere il conflitto al territorio iraniano. Siyamend Moînî, portavoce del partito curdo-iraniano avrebbe, infatti, affermato che il supporto alle forze siriane contro i curdi in Rojava è da considerare un attacco contro tutti i curdi e potrebbe portare ad una nuova insurrezione delle forze curde nel Rojhelat.

da Nena news