I “numeri” di Renzi e le cifre dell’Istat
E pensare che qualcuno credeva che Berlusconi fosse insuperabile. La crisi macinava redditi e posti di lavoro e lui vedeva solo ristoranti pieni ed aeroporti troppo affollati. Poi si capì che quando parlava di crescita il suo pensiero andava fisso su quella dei propri capelli. Altri tempi, altri buffoni.
Oggi è la volta del Bomba, ed al posto delle barzellette c’è solo la pura menzogna. L’Istat certifica che dopo qualche asfittico zerovirgola siamo di nuovo alla crescita zero? Ecco il suo commento in diretta: «la ripresa è un dato di fatto». Che si candidi alla presidenza dell’istituto di statistica?
Come tutti i venditori di illusioni la sua capacità di influenzare chi gli sta vicino è però fantastica. «Il Pil è in crescita, questo è il mio commento», ha detto il solitamente serioso Padoan davanti alla solita platea di Cernobbio, riunita in contemporanea con la diffusione dei dati Istat. Secondo un tweet del corrispondente de la Repubblica «a Padoan tremava un po’ la voce» mentre pronunciava quella frase, ma l’ordine del principale non era di quelli che si possono discutere.
Vista ieri sul lago di Como la coppia Renzi-Padoan ricordava tanto certi commenti post-elezioni dei segretari dei partiti perdenti di un tempo: sì abbiamo perso, ma meno di quel che pensavamo, e comunque il confronto va fatto con le elezioni che più ci torna comodo, eccetera, eccetera.
Da questo punto di vista Renzi è in una botte di ferro. Facile fare i confronti sulla grande recessione 2008-2009, o su quella più lunga (2012-2014) innescata dall’austerità di Monti e dell’Europa. Meno facile vendere come “ripresa”, “svolta”, “crescita” il fisiologico rimbalzino dei trimestri precedenti. Un rimbalzino tanto modesto quanto scontato, che nulla ha a che fare con le sue mirabolanti controriforme.
Controriforme realizzate con l’obiettivo di cancellare ogni diritto dei lavoratori (jobs act), di foraggiare in ogni modo i poteri economici che lo sostengono (sgravi contributivi, taglio dell’Ires, eccetera), ma che in termini di crescita valgono un rotondissimo zero. Esattamente quello certificato ieri dall’Istat.
Ora, la protervia degli uomini di potere non è una novità. Tuttavia la gente non è stupida, e ad ogni cosa c’è un limite. A Renzi ed ai suoi capita spesso di superarlo. Come quando – ancora ieri, con il fiorentino c’è questo vantaggio, che per trovare delle autentiche corbellerie non occorre mai andare più indietro di ventiquattrore – ha affermato che la decontribuzione ha portato un milione e mezzo di assunzioni. Peccato che tre giorni fa l’Istat abbia messo il becco anche su questo, precisando che a luglio gli occupati sono calati di 63mila unità…
Che dire? Se le bugie di chi comanda non sono una novità, il salto di qualità va comunque segnalato. In un certo senso con Renzi la fantasia è finalmente arrivata al potere. Ovviamente non quella gioiosa di chi guarda al futuro volendo trasformare il presente, ma quella truffaldina di chi trova sempre il modo di autocelebrarsi raccontando cose prive di alcun fondamento, alla faccia dei drammi reali della povera gente.
Che però non sembra più tanto propensa a farsi infinocchiare. Il referendum è vicino, ed anche su questo si voterà. Su Renzi e il suo governo. Su quel che ha fatto e sui risultati delle sue promesse. Se alle cifre reali sull’andamento dell’economia egli risponde con i “numeri” di una propaganda grottesca assai, sarà difficile costruire su di essa la “paura” di una crisi di governo dopo il voto referendario.
Ben venga la crisi di governo, ben venga la sua cacciata da Palazzo Chigi. E’ solo un nostro pensiero? Non crediamo proprio. Pensiamo, anzi, che sia il desiderio della maggioranza degli italiani.